Foto: Andrei Shapran
Uno dei momenti più intensi nella pesca commerciale moderna è quello in cui il sacco della rete a strascico appare in superficie issato dalle cime. Sia i marinai a bordo del peschereccio sia i gabbiani che lo sorvolano sono in attesa di verificare il pescato.
Il sacco della rete a strascico sembra quasi un drago cinese tutto decorato. Lungo le frange arancioni del sacco della rete appena issata sul ponte del peschereccio fuoriescono rivoli di acqua salmastra. La parte conclusiva della pesca ha inizio quando quel drago è sollevato sul ponte, la parte posteriore del sacco è agganciata a una cima del paranco e i pollock d’Alaska si riversano con un flusso regolare nella botola aperta del ponte superiore del peschereccio.
La quantità di pescato è sempre imponderabile. I marinai dicono che talvolta dai flutti esce un sacco di rete a strascico pesante anche 50 tonnellate. E che talvolta arriva perfino a spezzarsi per il peso del pesce catturato.
In altri giorni, invece, il bottino è magro. Quando il peschereccio Taivaniya si è accostato al vulcano attivo Atsonupuri, sull’isola di Iturup nella Fossa delle Curili e ha issato a bordo il sacco della rete a strascico, è parso evidente che quello era proprio uno di quei giorni neri: dal sacco si sono riversate sul ponte soltanto otto tonnellate di pollock dell’Alaska. L’equipaggio a bordo guadagna in proporzione a ciò che pesca e quindi al volume del pesce contenuto nel sacco. Un pollock dell’Alaska che arrivi a misurare circa trenta centimetri equivale a un rublo (tre cent) per libbra. Un pesce più lungo, un rublo e 25. I prezzi sono standard e il livello di inflazione non influenza in alcun modo il guadagno.
I pollock d’Alaska d’alto mare si catturano grazie all’aiuto di dispositivi elettronici moderni e a strascico che scandagliano le profondità marine e le correnti sottomarine. In genere, infatti, questa specie di pesci vive a grande profondità, intorno ai 500 metri.
Il Taivaniya è stato costruito in Canada appositamente per la pesca lungo la costa. A Shikotan, la più grande delle isole Curili, ci sono soltanto due pescherecci che pescano i pollock d’Alaska, pescabile tutto l’anno, notte e giorno: il Kapitan Lapkin e il Taivaniya.
Con la disgregazione dell’Unione Sovietica, le navi da pesca sono diventate di proprietà privata. Di conseguenza, il numero dei pescherecci nell’Estremo Oriente russo è calato considerevolmente. In passato, forse, gettavano le reti in queste acque anche 150 imbarcazioni, ridotte oggi a non più di venti. Ciò nonostante i guadagni derivanti dalla pesca non sono aumentati. Secondo i pescatori, se in passato si potevano trascorrere sei mesi in mare e altri sei a casa, oggi è indispensabile rimanere per mare almeno otto mesi l’anno.
La mattina in cui ha pescato poco, il Taiviniya si trovava in acque profonde 365 metri circa. La temperatura dell’acqua a quella profondità è di poco superiore al punto di congelamento. Quanto più l’acqua è calda, tanto più tardi maturano i Pollock d’Alaska e tanto più tardi ancora fanno le uova. In un impianto di Shikotan per la lavorazione del pesce, le uova di pesce sono surgelate e quindi esportate.
I tre marinai più forti lavorano nella cella frigorifera al piano inferiore del peschereccio. Lì la temperatura è sempre sotto lo zero: tutti i pesci sono riposti in casse di plastica del peso di 50 chili l’una, convogliate nella stiva da un nastro trasportatore. I pollock dell’Alaska ricoperti di ghiaccio artificiale possono essere conservati per parecchi giorni. Il carico ottimale per questa imbarcazione è di 120 tonnellate di pesce fresco.
Tutti i Pollock dell’Alaska che escono dal sacco della rete passano attraverso le mani di questi tre uomini. Uno di loro, Aleksandr, ha raccontato che prima di entrare a far parte dell’equipaggio era stato avvisato che era meglio non lavorare nella cella frigorifera, ma ha precisato che un marinaio comune non ha diritto di scegliere in quale mansione lavorare a bordo. Tutto ciò a cui aveva diritto era rifiutare il lavoro, o accettarlo e essere addetto dove più c’era bisogno di lui, tenuto conto che a bordo tutti quanti lavorano per il bene comune.
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