Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov (Foto: Ap)
Si è conclusa a Bruxelles la riunione ordinaria dei ministri degli Esteri nel quadro del Consiglio Nato-Russia, che, come l’incontro svoltosi a livello di capi di Stato, doveva aiutare i partecipanti a sviluppare una posizione comune in vista del summit Nato programmato a Chicago per il 20 maggio 2012, e successivamente anche per il prossimo incontro del Consiglio Nato-Russia. Ma non si è arrivati ad alcun risultato concreto.
Al summit del Consiglio Nato-Russia previsto a Chicago, da come è stato riferito, avrebbe dovuto partecipare anche Mosca, ma a quanto pare Vladimir Putin, che allora vestirà le vesti di nuovo Presidente della Russia, non sarà presente all’incontro. E il summit non avrà luogo.
Tuttavia, il Segretario Generale della Nato Anders Fogh Rasmussen, dopo la riunione ministeriale a Bruxelles, ha dichiarato che le parti “hanno ribadito i principi fondamentali della cooperazione e il desiderio di continuare un dialogo costruttivo e risolvere le divergenze esistenti”. L’ufficio stampa accreditato al quartier generale della Nato ha sottolineato che, come è successo già diverse volte, il Consiglio Nato-Russia ha sì dimostrato la presenza di un dialogo, ma non ha mai portato alla risoluzione di nessuno dei problemi chiave che affliggono i rapporti tra l’Alleanza e Mosca.
Il principale fattore irritante per Mosca rimane la situazione relativa al sistema di difesa antimissile in Europa, che Stati Uniti e Nato stanno costruendo lungo il confine russo. Sergej Lavrov, ha nuovamente invitato l’Alleanza ad allegare alla risoluzione finale del summit di Chicago un documento giuridicamente vincolante che attesti che lo scudo antimissile non sia diretto contro la Russia.
“Se l’approccio in quattro fasi (per la creazione del sistema antimissile europeo) si realizzerà, nella fase finale verranno creati delle infrastrutture e un potenziale che potrebbero costituire dei reali rischi per la nostra forza di dissuasione nucleare”, ha dichiarato il ministro degli Esteri russo. Per il momento, tuttavia, i membri dell’Alleanza non si dichiarano pronti ad affrontare un documento giuridicamente vincolante. In primo luogo a causa della posizione di Washington, che non acconsente a nessun tipo di limitazione, anche minima, del proprio scudo antimissile. Rasmussen lascia intendere che l’Alleanza è pronta a dare al Cremlino delle garanzie politiche, ma che quelle giuridiche non sono possibili, dal momento che i singoli Parlamenti dei ventisette Paesi, facenti parte dell’Alleanza, potrebbero non voler ratificare il trattato.
Mosca, tuttavia, non si accontenta delle dichiarazioni politiche, e la Russia si vedrà costretta, come annunciato a novembre 2011 da Dmitri Medvedev, a prendere delle misure assimetriche, ma fondamentali, per difendere i propri interessi nazionali, come, ad esempio, schierare, in risposta alle basi americane dello scudo antimissile in Polonia e Romania, i sistemi missilistici tattico-operativi “Iskander” nella regione di Kaliningrad e nel kraj di Krasnodar. Fatto che non va di certo giù alla Nato.
In occasione della riunione ministeriale a Bruxelles, i membri dell’Alleanza hanno parlato delle loro preoccupazioni qualora Mosca dovesse adottare tali misure, nonostante la logica delle azioni sia piuttosto chiara: se non ci sarà il sistema “Aegis” con i missili intercettori SM-3 Block IIA a Redzikowo, a 150 km da Danzica, in Polonia, allora non ci saranno neanche i sistemi “Iskander” nelle vicinanze di Kaliningrad.
Anche la “cooperazione esemplare” tra Mosca e Bruxelles in Afghanistan non sembra così rosea, come la descrive invece Anders Fogh Rasmussen. La Russia invia a Kabul gli elicotteri MI-17, per cui hanno pagato non i Paesi della Nato (i membri dell’Alleanza non sono stati in grado di arrivare a un accordo), ma Washington. Il nostro Paese addestra nei propri corsi antidroga a Domodedovo e a Novosibirsk la polizia afghana. Mosca ha messo a disposizione dei corridoi per il rifornimento delle truppe delle Forze Internazionali di stabilizzazione (Isaf), è pronta a creare ancora un punto multifunzionale di trasbordo nell’aeroporto “Vostochnyj” di Uljanovsk, e a fornire, nonostante le proteste degli ultrapatrioti, altre strutture per consentire alle Isaf di svolgere le loro attività. Allo stesso tempo, però, la Russia non vede da parte della coalizione Nato, una volontà autentica a combattere la produzione di droga in questo Paese e la successiva esportazione attraverso l’Asia Centrale in Russia e negli altri Paesi della Csi.
Inoltre, Mosca non saluta con favore il ritiro affrettato dall’Afghanistan delle Forze Internazionali di stabilizzazione. Il Cremlino insiste sul mantenimento della coalizione almeno fino a quando gli afghani non saranno in grado di mantenere autonomamente la stabilità del proprio Paese, e non si dimostra disposto a fornire, come suggerito da Bruxelles, il proprio sostegno finanziario alla creazione di forze di sicurezza afghane. Poi qualora la Nato ritirasse le sue truppe dall’Afghanistan, gli Stati Uniti vi costruirebbero al loro posto le proprie basi, e non per continuare la lotta al terrorismo internazionale e al traffico di droga, bensì per estendere la loro influenza in Medio Oriente, soprattutto nella zona che rientra sotto la responsabilità dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, avvertono gli esperti militari russi. E Mosca dovrebbe pagare anche per questo?
Tutto ciò è del tutto illogico se si considera che l’Alleanza chiede a Mosca di aiutarla in Afghanistan, rifiutandosi però di invitare la Russia agli incontri periodici dei Paesi che partecipano alle operazioni militari in questo Paese. Il Segretario Generale della Nato Anders Fogh Rasmussen ha dichiarato a Bruxelles che l’Alleanza Atlantica ha invitato la Russia a partecipare alla Conferenza sull’Afghanistan nel quadro del summit della Nato a Chicago, ma non sussistono ancora delle decisioni sul meccanismo permanente di consultazione con il nostro Paese in merito all’Afghanistan.
“Quando abbiamo ricevuto l’invito a partecipare alla riunione sull’Afghanistan di Chicago, mi sono chiesto se era in risposta alla nostra richiesta e se, dopo Chicago, avremmo partecipato su base regolare agli incontri sull’Afghanistan a Bruxelles. Ma poi si è scoperto che non era così e che l’invito era limitato a Chicago”, ha detto Lavrov ai giornalisti. “Se sono ancora interessati a noi come partner per le operazioni in Afghanistan, allora non capisco perché non ci vogliano anche invitare alle riunioni periodiche di Bruxelles”, ha sottolineato il mnistro. “Viste le circostanze, accogliamo l’invito e sarà nostra premura dare una risposta in tempi brevi”.
Tuttavia, è difficile che Mosca accetti di partecipare all’incontro in questione. A quanto pare, la leadership dell’Alleanza, nel tentativo di assicurare la partecipazione della parte russa al summit di Chicago, vuole dimostrare all’opinione pubblica che tra Mosca e Bruxelles e Mosca e Washington, a parte qualche “piccola divergenza”, va tutto bene. Anche se ciò non corrisponde proprio al vero. Nessuna dichiarazione può nascondere infatti le serie divergenze che sussistono tra le parti. Lo scudo missilistico rimane, come in passato, la cartina di tornasole sulla sincerità e fiducia reciproca. Fino ad ora, nessuna delle parti sembra aver superato questo test.
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