In viaggio verso Marte. Senza mai staccare i piedi da terra. È trascorso un anno e mezzo dal momento in cui i cosmonauti del progetto Mars 500 hanno virtualmente lasciato la Terra per dirigersi alla volta del Pianeta Rosso. Cinquecentoventi giorni durante i quali i sei volontari, tre russi, un francese, un cinese e l’italo-colombiano Diego Urbina, hanno simulato in tutto e per tutto un volo nello spazio, pur restando saldamente ancorati negli hangar dell’Istituto di Problemi Biomedici di Mosca, costruito nell’Unione Sovietica dei tempi di Gagarin, dove è stato condotto l’esperimento.
La simulazione, pensata per testare le reazioni psicofisiche degli astronauti in un ipotetico viaggio su Marte, si è conclusa con il rientro virtuale sulla Terra del gruppo di volontari, apparsi pallidi, dimagriti, ma con i volti sorridenti. “Abbiamo osservato come si comporterebbe il fisico umano in un viaggio così lungo nello spazio, studiando in particolar modo le reazioni degli apparati gastrointestinale e digestivo. Ora dovremo rielaborare i dati, che verranno resi a maggio 2012”, ha spiegato Aldo Roda dell’Università di Bologna che, insieme all’Agenzia Spaziale Italiana, al Cnr di Pisa, alla Scuola Superiore Sant’Anna e alla Fondazione Salvatore Maugeri di Milano, ha seguito per la parte italiana il progetto, organizzato dall’Agenzia Spaziale Europea.
Soddisfacenti i risultati conseguiti in questi diciassette mesi, come ha sottolineato il direttore dell’esperimento Boris Morukov, anche se per raggiungere Marte, quello vero, dovranno passare ancora vent’anni.
E così, respirando aria artificiale, lavandosi raramente e mangiando perlopiù cibo liofilizzato (in buona parte italiano), nei pochi metri quadri della navicella l’equipaggio è rimasto completamente isolato dal resto del mondo, salvo le brevi comunicazioni con gli scienziati e le famiglie, che venivano ricevute con un ritardo “spaziale” di 40 minuti.
Dopo i test quotidiani (oltre cento gli esperimenti ai quali gli astronauti si sono sottoposti), ai volontari rimaneva anche il tempo per fare sport, leggere libri e studiare le lingue, anche se il cinese è rimasto una mission impossible un po’ per tutti. “Il nostro compagno Wang Yue ci ha provato in tutti i modi a insegnarci il cinese – ha scherzato il russo Aleksandr Smoleevsky con i giornalisti –, ma il risultato è stato fallimentare”.
L’italo-colombiano Diego Urbina, a soli 27 anni è invece il componente più giovane del gruppo. Laureato in Ingegneria elettronica al Politecnico di Torino, da piccolo non sognava affatto di volare sulla Luna. “L’astronauta io? No, da bambino sognavo di fare tutt’altro. Poi, quando mi sono iscritto all’università, il mondo dello spazio ha iniziato ad affascinarmi sempre di più . E ora eccomi qui”.
Un anno e mezzo senza vedere la luce del sole. Com’è stato il ritorno sulla Terra?
Una vera esplosione dei sensi. Ho sentito odori e percepito cose che prima non notavo. Quando siamo usciti dalla navicella, dopo i controlli medici, siamo andati a mangiare pesce: un sapore così intenso non lo provavo da tempo. Come se alcune parti della mia lingua si fossero disabituate al gusto.
L’isolamento è stato difficile?
Ci sono stati alti e bassi. Momenti di euforia, come quando abbiamo simulato l’atterraggio sul suolo di Marte, accompagnati da momenti di sconforto, che prendevano il sopravvento quando parlavo poco con la mia famiglia e i miei amici.
E la convivenza come è andata?
Direi bene. Devo ammettere che stare con ragazzi di nazionalità e cultura diversa ha facilitato la convivenza: avevamo molte più cose di cui parlare.
Come trascorrevate le giornate?
Lavoravamo otto ore al giorno. Dopo i primi test della mattina, si faceva colazione tutti insieme. Poi iniziavano gli esperimenti, e nel tempo libero si leggeva o si giocava con i videogiochi. Abbiamo trascorso nello stesso modo anche le feste, da Pasqua a Natale.
Si sente cambiato?
Non saprei dire se sono cambiato psicologicamente. Ma fisicamente sì: guardatemi! Non sono mai stato magro e pallido come adesso. Ora dovrò rimettermi in forma, prendere un po’ il sole e riacquistare il colore che ho perso in tutto questo tempo.
Tutti i diritti riservati da Rossiyskaya Gazeta
Iscriviti
alla nostra newsletter!
Ricevi il meglio delle nostre storie ogni settimana direttamente sulla tua email