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Nell’Unione Sovietica, il 1° maggio veniva festeggiato con parate sfarzose, accompagnate da roboanti comunicati sui successi economici. Nel 1986, in occasione della giornata del lavoro, si pensò di rinnovare la tradizione provando un nuovo regolatore di tensione nella centrale nucleare di Chernobyl. Il risultato fu nefasto e le sue conseguenze furono rese più gravi dal silenzio delle autorità nei primi giorni dopo l’accaduto. Fu solo con le prime immagini diffuse dai giornalisti che l’opinione pubblica venne a conoscenza del disastro.
Un quarto di secolo dopo, il nucleare è ancora di casa in Russia, anche se il suo appeal verso la cittadinanza è in calo, come rilevato da Vladimir Sliviak, fondatore dell’associazione ambientalista Ecodefense.
Dopo l’incidente di Chernobyl, le norme di sicurezza sono state radicalmente riviste, i reattori sottoposti a manutenzione straordinaria e a un nuovo collaudo da parte dell’Aiea (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica). «Per poter escludere l’errore umano come causa scatenante, abbiamo introdotto sistemi intelligenti per la sicurezza passiva», spiega Igor Konyshev, dell’agenzia di Stato sul nucleare Rosatom. Ai piani alti dell’agenzia, si sentono talmente sicuri riguardo alle centrali modernizzate che il programma nucleare viene ancora esteso, dall’Europa attraverso la Turchia fino alla Cina: «La Federazione possiede oggi una fetta del mercato mondiale per le centrali nucleari pari al 20%», aggiune.
Grandi affari in gioco
Il Paese va controcorrente rispetto alla tendenza internazionale, però con una propria logica: «Il petrolio e il gas naturale diventeranno sempre più cari e un giorno si esauriranno. La Russia, però, non vuole perdere la sua quota di mercato come importante fornitore di energia», spiega Sliviak. «Anzi, vuole diventare leader del settore energetico».
L’energia nucleare è un business altamente redditizio: un reattore costa all’incirca 3,5 miliardi di euro, a cui si aggiungono i ricavi dalla manutenzione e dalla modernizzazione. Solo in Russia, la Rosatom vuole costruire, entro il 2020, 32 nuovi reattori, oltre ai 33 già esistenti.
L’agenzia atomica punta su reattori moderni a neutroni veloci: la tecnologia sarebbe più efficiente ed ecologica rispetto ai reattori convenzionali perché il combustibile radioattivo consumato rifluirebbe nel ciclo e le scorie diminuirebbero», assicura Dmitri Medvedev. «Non dobbiamo modernizzare quelli vecchi, ma costruire reattori moderni», è stato il suo impegno.
Più sicuro di Fukushima?
Esperti di alto rango dubitano che in questa maniera l’energia atomica possa diventare davvero più sicura. È pur vero che scenari come quello di Chernobyl o di Fukushima sono difficilmente immaginabili per le centrali nucleari russe, come crede Juri Visnevski, l’ex direttore dell’agenzia per l’energia nucleare: sarebbero antisismiche fino a 9 gradi, mentre, teoricamente, in quest’area ci potrebbero essere terremoti fino 5 gradi: «Le centrali nucleari sono oggetti tecnologicamente complicati e pericolosi, qualcosa può sempre succedere», spiega Visnevski è preoccupato per i controlli: «Oggi non esiste alcun comitato che adotta con coerenza la sorveglianza nucleare», dice. La sua agenzia è stata incorporata dalla Rosatom già nel 2005.
Per Sliviak, la sicurezza dell’industria nucleare russa rappresenta da tempo una spina nel fianco, puntualizza la situazione: «La Rosatom fa quello che vuole. Tranne le organizzazioni ambientaliste, non c’è nessuno che la controlla».
Il fronte tra le parti è irrigidito. «Qualunque cosa gli ecologisti dicano, si tratta di bugie», ribatte Konyshev. Oltre ai comitati interni, esiste anche il Rostechnadsor, il “Servizio Federale per il Controllo Tecnico nell’Industria”, ente per i collaudo tecnico del nucleare. Sliviak non crede nel suo funzionamento. «11 dei 33 reattori sono ormai obsoleti e dovrebbero essere spenti», dice. Nel 2000 si è verificato un rapido calo della tensione elettrica nella zona di Sverdlovsk, con il rischio di conseguenze gravissime.
La società russa conosce i pericoli e secondo un sondaggio il 70% dei cittadini è contro il nucleare. Ma le proteste restano sotto traccia: si è imparato a convivere con la paura.
Le 4 cause della catastrofe
1. Il reattore Rbmk aveva un coefficiente di vuoto positivo: questo significa che le bolle di vapore, che si formano nell’acqua usata come refrigerante, incrementano la reazione nucleare. Alle basse potenze, il coefficiente positivo di vuoto non è compensato da altri fattori, rendendo il reattore instabile e pericoloso.
2. Lo stesso reattore presentava un difetto nelle barre di controllo, che è stato rilevato solo dopo il disastro, anche se la stessa anomalia si era verificata già nel 1983 in Lituania, su un reattore dello stesso tipo.
3. Le condotte dell’acqua nel nocciolo scorrevano in direzione verticale: questo creava un gradiente di temperatura (la temperatura dell’acqua aumenta salendo) nei tubi.
4. Gli operatori commisero diverse violazioni delle procedure. Questo, unito alla scarsa comunicazione tra gli addetti alla sicurezza e gli operatori che dovevano condurre l’esperimento, contribuì all’incidente.
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