Anita Kravos: “Vi racconto la mia Mosca che oggi non c’è più”

L’attrice di “Alza la testa” rispolvera gli anni trascorsi in Russia all’accademia teatrale. “In dieci anni questo paese è cambiato tantissimo, e lo riscopro oggi grazie al Nice”.

Sono passati dieci anni. E dopo tutto questo tempo Anita è tornata a Mosca. Qui, dove tutto è cominciato. All’epoсa era solo una studentessa universitaria con il pallino della recitazione, e a Mosca c’erano meno Mc Donald’s, e poche insegne di negozi europei lungo le vie del centro. “E’ tutto così cambiato – dice – Mi sento disorientata”. Anita Kravos ora in Russia ci è tornata da attrice, di quelle con la A maiuscola, invitata dal Nice per la proiezione del film di Alessandro Angelini “Alza la testa”, nel quale interpreta la parte di un transessuale che riceve il cuore trapiantato del figlio morto di Mero (Sergio Castellitto, premiato come miglior attore al festival di Roma). Un’interpretazione, quella di Anita, che le è valsa la candidatura al David di Donatello.

 “Ho così tanti ricordi di questa città, che non saprei da che parte cominciare”. Seduta nella hall dell’albergo, stanca dal viaggio, Anita rispolvera il passato, senza nascondere una profonda nostalgia per la Russia di un tempo, quella vista e vissuta all’epoca dell’Accademia teatrale russa. “Sono arrivata a Mosca nel 1998 per frequentare il Gitis, l’accademia teatrale russa più importante, poco prima di laurearmi in russo all’università di Venezia. Sono stati due anni bellissimi, durante i quali ho imparato a conoscere e ad amare questo paese”. Cresciuta a Gorizia in una famiglia bilingue (parla tranquillamente sei lingue, tra cui un russo praticamente perfetto), lei stessa si definisce figlia delle divisioni: “in un ambiente di bilinguismo mi sento a casa. D’altronde io stessa sono figlia di mescolanze linguistiche e culturali”.

Qual è stata la prima cosa che hai fatto appena arrivata qui?

Ho telefonato subito a tutti i miei amici, ai compagni di un tempo. Alcuni di loro sono venuti a vedere la proiezione del film. Con gli altri ci incontreremo nei prossimi giorni. Sono felice perché, guardando al passato, mi rendo conto che per molti di noi quello che sognavamo non si è realizzato: al contrario, ci è andata molto meglio.

Che ricordi hai di quegli anni trascorsi a Mosca?


Ricordo tanto freddo. E poi ricordo che erano gli anni nei quali mettevano le bombe negli edifici, e li facevano saltare per aria. A me tutto sommato non andava poi così male, perché con l’allarme terrorismo i voli aerei erano bassissimi, e io potevo andare avanti e indietro da Venezia spendendo poco. Non ti dico la preoccupazione di mia madre! Però sono stati anni di grande felicità e di duro lavoro. Ricordo intere giornate trascorse a studiare, dalla mattina alla sera: facevamo le prove dentro il museo Stanislavskij, nella magnifica sala delle quattro colonne. E poi si andava tutti insieme a mangiare nella mensa del teatro Majakovskij. Il piatto più buono di tutti era l’aringa con le patate. Senza dimenticare la vodka: quando sono arrivata nel ’98 non bevevo affatto. Quando me ne sono andata, nel 2000, effettivamente qualche goccetto di vodka me l’ero fatto.

La Russia comunque in questi anni è cambiata tantissimo…

E’ pressoché irriconoscibile. Sono appena stata a San Pietroburgo, e mi sono messa a cercare una stolovoja, ovvero una mensa, così come si faceva all’epoca. Ma ci sono solo locali europei. E io mi sono riscoperta una vera nostalgica dei tempi passati: adoro la Mosca vera, quella delle babushke che vendono i cetrioli coltivati in dacia, e quella delle ragazze che passeggiano coi tacchi alti a qualsiasi ora del giorno, anche solo per andare al supermercato. E’ questa la Russia che piace a me, quella autentica.

Veniamo al festival. “Alza la testa” è stato seguito da moltissime persone in sala. Che tipo di reazione c’è stata da parte del pubblico russo?

E’ stata una reazione molto vivace. Inizialmente sembravano timidi, ma alla fine si sono messi a fare mille domande, alcune anche molto complesse. Hanno posto quesiti sagaci e intelligenti, che riguardavano sia la mia sfera personale, sia il film. Devo ammettere che è stato un incontro molto divertente e stimolante.

Qui il tuo film è piaciuto molto. In Italia invece, al di là degli apprezzamenti per la prima parte, la seconda metà ha ricevuto critiche abbastanza severe.


Effettivamente è vero, lo hanno ripetuto più di qualche volta. Anche se bisogna precisare che questa famosa seconda parte, a conti fatti, non è altro che l’ultimo quarto d’ora del film. Un vero peccato, perché in questo modo si distrae l’attenzione da quanto di bello c’è nel complesso. Personalmente comunque trovo che sia un film molto valido: sia per l’interpretazione di Sergio Castellitto, sia per i premi che abbiamo vinto.

La tua carriera da attrice ti ha portato a conoscere molto bene sia il cinema russo che quello italiano. Quali sono secondo te le differenze più evidenti tra i due?


Nel cinema russo personalmente noto spesso una grande spiritualità, come ad esempio nei film di Sokurov. Noi invece siamo sempre molto legati alla tradizione neorealista, che resta poi una delle più grandi lezioni di cinema al mondo.

C’è qualche attore russo con il quale ti piacerebbe lavorare?


Mi piacerebbe fare un film con Aleksej Guskov, un attore che ho conosciuto al David di Donatello, dove partecipava con il film “Il concerto”.

Immagino che adesso andrai a goderti la tua Mosca, alla ricerca di quei vecchi posti che non vedevi da anni…


Certo! Oggi andrò subito a fare il classico giro turistico in centro, sulla Tverskaja e sulla piazza Rossa. Poi andrò alla ricerca di qualche bella stolovoja, per riassaporare i cibi di un tempo, come quando andavo alla mensa al teatro Majakovskij con tutti i miei compagni di studi.

Foto: Ruslan Sukhushin


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