La festa del maschio russo vista da un’italiana

Foto Photoxpress

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Riflessioni sul Giorno del Difensore della Patria, tra celebrazioni pubbliche a Mosca, festeggiamenti in famiglia e un senso del patriottismo che va scemando.

Quest'anno, me l’ero ripromessa, ho augurato “Buon 23 Febbraio” a tutti gli uomini russi, senza eccezione: è proprio questo il comportamento tipico di ogni donna russa in quello che si chiama “Giorno del Difensore della Patria“ o, più semplicemente, "la festa dell'uomo".

La mattina del 23 febbraio, quando sono uscita per portare a passeggio il mio cane, ho incontrato il mio vicino di casa, un ex-comandante delle Forze Speciali russe: voleva andare alla sua dacha a festeggiare con la famiglia, ma la macchina non è partita, perché i -20 gradi della notte gli avevano completamente scaricato la batteria. “Mi rincresce - gli ho detto con un sorriso -, le auguro comunque buon 23 febbraio”. Le sue guance, naturalmente grassottelle e scarlatte per il gelo mattutino, si sono gonfiate ancora di più per la contentezza.

Nel boschetto dietro casa, poi, ho fatto gli auguri a tutti i padroni di cani del vicinato, che, come me, erano scesi per il giretto del mattino più tardi del solito, visto che il 23 in Russia è giorno festivo.

Non ho negato il mio augurio nemmeno a un terzetto di sconosciuti che il mio cane aveva scovato dietro un enorme cumulo di neve. Fortunatamente per loro, sono riuscita a salvare dalle fauci del mio fedele amico i loro bocconcini sopra-vodka disposti accuratamente su un improvvisato tavolo di cartone. I tre uomini, doppiamente riconoscenti, mi hanno salutato con un brindisi, di certo non il primo di quel giorno, ed hanno continuato la loro bevuta all'aria aperta.

Infine, rientrata a casa, ho festeggiato gli uomini di famiglia con una colazione succulenta, più ricca del solito, per dimostrare praticamente  quanto io considerassi importante la loro festa. Per un'intera settimana, infatti, si erano sforzati di istruire me, una straniera, sul significato che  questa ricorrenza rappresenta per ogni uomo russo e per la Russia in generale.

La "festa dell'uomo" russa, mi hanno spiegato, non ha niente a che vedere con la “festa del papà” italiana. Il 23 febbraio, infatti, ogni uomo russo si ricorda di essere un potenziale difensore dalla patria: esiste una nazione, esistono degli affetti che, a costo della vita, deve essere pronto a proteggere, come hanno fatto milioni di russi durante la Seconda Guerra Mondiale, una guerra che, in Unione Sovietica, si è portata via 30 milioni di vite che non devono essere dimenticate. Anzi, devono essere ricordate soprattutto in tempo di pace, in modo che i giovani, che non hanno conosciuto la guerra, sappiano a cosa essa può portare.

Colazione, pranzo e cena preparati con grande cura sono state sì apprezzate dai miei uomini, ma tutti i miei sforzi sono risultati vani di fronte a una loro convinzione: essi credono fermamente che noi europei, per quanto ci sforziamo, non riusciremo mai a comprendere fino in fondo  quale cicatrice abbia lasciato la Seconda Guerra Mondiale nella memoria degli uomini sovietici di allora e nei cittadini russi di oggi.

Per loro l'Europa, se paragonata alla Russia è stata toccata dalla guerra solo in modo marginale: nel loro sconfinato Paese, praticamente ogni famiglia ha almeno un nonno-eroe, morto o ferito in guerra o sopravvissuto. Chi è nato  negli anni '30 e '40 si vanta ancora del nonno “che è arrivato fino Berlino ed è stato ferito due volte”; o "che ha difeso Stalingrado e con la testa piena di schegge ha vissuto fino a 90 anni, pace all'anima sua…”.

Probabilmente, è ricordando l’enorme perdita di vite umane della Seconda Guerra Mondiale che la Russia, da tempo, cerca di non essere coinvolta in guerre al di fuori dei propri confini, con l'Afghanistan come  triste eccezione. Molti Paesi europei, invece, dove il ricordo degli orrori della guerra è stato in parte cancellato, “si ostinano a partecipare alle battaglie altrui”. Così la pensa la mia famiglia russa.

Mi sento un po’ avvilita dall'opinione che, a quanto sembra, molti russi hanno di noi europei; quindi, piena di dubbi su dove finisce il loro vero patriottismo e inizia lo psudo-patriottismo, decido di prendere una boccata d'aria e di fare un giro in città.

Se il 23 febbraio è una festa importante per tutti - mi dico - Mosca stessa sarà sicuramente in festa, come accade per esempio il 9 maggio, il Giorno della Vittoria sulla Germania nazista. Ed è proprio dall'omonimo parco, dal Parco della Vittoria, che inizio la ricerca dei festeggiamenti pubblici per la festa dell'uomo russo. Delusione. Al parco non vi era nulla e quasi nessuno: ben pochi avevano avuto il coraggio di fare una passeggiata sul lungo viale ventoso del Memoriale, a una quindicina di gradi sotto lo zero.

Io stessa semi-congelata, non mi sono data per vinta e ho continuato le ricerche: in Russia il gelo non è certo un buon motivo per non festeggiare all'aperto. Ho girato in macchina e a piedi tutto il centro di Mosca, ma nessuna traccia di festa. Che si trattasse di un giorno particolare lo si capiva solo dalla presenza insolita di forze dell'ordine, dalle bandierine russe e  moscovite che sventolavano agli angoli del parabrezza degli autobus e dalle enormi scritte "23 febbraio - Giorno del Difensore della Patria" che risaltavano sullo sfondo della bandiera russa sui cartelloni della cosiddetta pubblicità sociale.

La tipica Mosca di un tipico giorno festivo, con gente per negozi, all'entrate dei cinema e dei teatri, ma niente di più. Telefonando ad amici e conoscenti per gli auguri di rito, ho poi scoperto che il 23 febbraio lo hanno generalmente passato a casa, come una tipica festa familiare che si ripete fin dall’infanzia: molti credono sinceramente nel significato di “difensore della Patria", delle proprie donne, della propria casa.

Altri colgono semplicemente l'occasione per stare a casa in tranquillità, considerano il 23 febbraio una festa formale, inventata e sono dell'idea che il senso della patria sia qualcosa di estremamente personale. Pensano che, se si dovesse verificare la necessità di difendere i propri confini, farebbe molto di più per la patria chi non crede al 23 febbraio di chi sbandiera il proprio patriottismo.

Altri ancora hanno fatto quello che da tempo non riuscivano a fare a causa del lavoro, del traffico o di altri intoppi di tutti i giorni. Tra questi ultimi un amico ex-militare. In epoca sovietica, mi ha raccontato, si era tutti soldati, tutti pronti a difendere il bene comune, che allora era solo lo Stato. Il 23 febbraio era quindi un bel giorno, era il giorno in cui ai militari venivano conferite medaglie e nuovi gradi e i decorati venivano festeggiati.

Oggi l'esercito è visto in una prospettiva completamente diversa, opposta rispetto al passato, si ammira di più chi escogita il giusto espediente per evitare il servizio di leva. Per questo molti russi, lui compreso, sono sempre disposti a difendere la loro patria, ma se si tratta di combattere un nemico esterno, concreto. Prendere parte a guerre locali dove non è chiaro contro chi si combattere e quali sono gli interessi da difendere non incontra più il loro interesse. 

Anche questo 23 febbraio, come molte feste nazionali, si è chiuso con i fuochi d'artificio: il posto migliore per vederli è la piazza panoramica di fronte all'Università. Molti i moscoviti presenti. Ma saranno stati tutti difensori della Patria convinti o sono andati lì solo per godersi lo spettacolo?

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