Roma sale sul metrò di Deineka

Ricostruita al Pala Esposizioni della capitale italiana una stazione moscovita realizzata dall’artista, in mostra fino a maggio.




Manca solo il rumore assordante dell’arrivo del vagone della metropolitana per sentirsi nel ventre della capitale russa, trentacinque metri sotto il livello della terra e nella più bella stazione della metropolitana che Mosca possa sfoggiare. La stazione di Majakovskaja, il gioiello amato da tutti i moscoviti, è oggi mirabilmente ricostruita in una delle sale della mostra dedicata a Aleksandr Deineka a Palazzo delle Esposizioni di Roma e visitabile fino al 1° maggio 2011.

Al posto del soffitto appaiono quattro grandi ovali scuri con le immagini in dissoluzione dei trentacinque mosaici che Deineka inventò per la stazione, e di lato, alle spalle del visitatore, la parete grigia scura con le lettere in metallo che scandiscono il nome della stazione della linea Zamoskvoretskaya intitolata al poeta futurista.

Gli italiani non sono i primi ad aver voluto ricostruire il gioiello della rete di trasporto moscovita, visto che già lo fecero gli americani, nel 1939, in occasione dell’Esposizione Universale di New York. E quella volta fu una delle principali attrazioni della manifestazione. Nel ‘39 c’erano Stalin, il patto Molotov-Ribbentrop era dietro l’angolo, e la Grande Guerra Patriottica – come i russi chiamano la Seconda Guerra Mondiale - già si percepiva nell’aria. Oggi al vertice ci sono Putin e Medvedev, ma sempre Aleksandr Deineka è stato scelto per celebrare il più importante dei progetti russi sbarcati in Italia per l’Anno di scambio culturale.

Deineka in Russia sta vivendo un momento di grande riscoperta dopo che, assieme alla grande maggioranza del realismo socialista sovietico, era caduto nel dimenticatoio sia degli stranieri, che dei russi. C’è voluta una grande e importantissima mostra l’anno scorso alla Nuova Tretyakovskaya Galeria per celebrarlo e riportarlo alla fama. Sbarcata in versione italianizzata in via Nazionale, la mostra conta anche i lavori grafici e i poster, meno interessanti per l’occhio del visitatore italiano.

“Aleksandr Deineka, il maestro sovietico della modernità” è la prima grande mostra a lui dedicata fuori dai confini russi, e promette di far risvegliare la memoria di tutti su questo figlio dimenticato dell’arte sovietica. E non è un risveglio casuale, in questi anni in cui Mosca sta ricostruendo il proprio passato, provando a fare i conti con la propria storia, e reinterpretandone i protagonisti.

Deineka infatti è colui che ha dato il volto, lo sguardo e soprattutto il corpo, atletico e muscoloso, al nuovo uomo che Stalin aveva inventato. Un uomo fiero, amante dello sport e dell’attività fisica, orgoglioso del suo corpo muscoloso vestito da pugile, teso nello sforzo di una falcata da sciatore o nel salto di un portiere di calcio. Protagonisti dell’opera di Deineka sono uomini e donne che lavorano, riposano, vanno alla guerra con la baionetta sulla spalla e gli occhi traboccanti di fiducia e orgoglio.

Deineka in vita fu ricoperto degli onori e delle medaglie del pittore di Stato e ciò gli permise di viaggiare in Italia, a Roma nel 1935 e poi ancora nel ’65, e il risultato sono tele bellissime dove il cielo rifulge di una luce mediterranea che solo un russo abituato alle brume di Mosca poteva cogliere. Il quadro dove due cardinali vestiti di rosso granata passeggiano sotto un radioso cielo blu è stato scelto, non a caso, per la copertina del catalogo della mostra romana.

Deineka andò anche a Parigi, e negli Stati Uniti, al seguito di una mostra che portava l’arte sovietica in giro per il mondo. Viaggiò parecchio dopo aver lasciato per Mosca la sua città natale di Kursk, e la casa di suo padre ferroviere. Nella capitale sovietica si era immediatamente scontrato con gli astrattismi delle avanguardie, visto che a Mosca furoreggiavano le astrazioni di Kandinsky, Malevich e Rodchenko, e la pittura figurativa non era contemplata. Fu Deineka a rivoluzionare tutto questo e a rendere pittura di Stato la sua arte figurativa.

La mostra di Roma presenta mirabilmente i progressi e gli sviluppi della sua opera, che registra l’apice a metà degli anni ’30, poi va indebolendosi, quasi che Deineka stesso avesse perduto fiducia in quegli ideali che doveva raffigurare per il mondo. Ma Deineka non era solo pittore; a Mosca fino a ieri era soprattutto noto per le sue collaborazioni con gli architetti sovietici.

Per tutti infatti Deineka era l’autore degli ovali di Majakovskaja, così parte dell’estetica nazionale, che anche artisti-stilisti contemporanei come Olga Soldatova li hanno inseriti nella propria opera. Nell’ottimo catalogo della mostra di Palazzo delle Esposizioni l’articolo dello storico dell’architettura Alessandro De Magistris fa luce su questo aspetto dell’opera del maestro del realismo socialista. In particolare sulla sua collaborazione alle stazioni della metropolitana di Majakovskaja e Novokuzneckaja, ovvero al più ambizioso progetto staliniano dell’epoca: il trasporto delle masse dal posto di lavoro a casa e la costruzione del “palazzo del popolo”, come i moscoviti amano chiamare la propria rete di trasporti sotterranea.

Era diventata la priorità degli anni ’40, anni di guerra, pieni di sacrifici, ma portò il Paese a fare un balzo in avanti. Lazar Kaganovich e Nikita Krusciov, bracci destri di Stalin, definirono la metropolitana la realizzazione staliniana per eccellenza del periodo prebellico, dicendo che i lavoratori avrebbero potuto vedere materializzato il proprio futuro, e che il governo dei lavoratori e dei contadini dimostrava, trionfando sulle difficoltà del sottosuolo, la capacità di realizzare un ambiente prospero e culturalmente elevato.

“La metropolitana fu un terreno privilegiato di sperimentazione e ricerca progettuale - spiega Alessandro De Magistris -, dove fu studiata l’esigenza di costruire spazi non oppressivi, eloquenti e educativi, in cui fosse agevole orientarsi e muoversi, dunque gradevoli, di immediata lettura funzionale ma anche ideologica da parte di una popolazione che contava innumerevoli persone di recente immigrazione, spesso sfuggita alla violenza e alla durezza della collettivizzazione, in molti casi non alfabetizzata”.

E Deineka non si tirò indietro davanti a questa sperimentazione: tentò di risolvere il problema che l’inevitabile senso di claustrofobia arrecava, di rompere la monotonia dell’architettura usando diversi colori e dando l’impressione di “bucare” i muri, e considerando l’illuminazione artificiale un elemento fondamentale dell’architettura. “La metropolitana portò la collaborazione tra artisti di diverse discipline rivolta alla creazione di un’arte totale, sintesi e fusione di architettura e pittura, affreschi e mosaici, opere scultoree e bassorilievi”, continua De Magistris.

Deineka non fu solo nell’avventura: parteciparono anche artisti del calibro di Evgenij Lanseré, Matvej Menizer e Matalija Danko. L’ambiente di Majakovskaja è un ambiente coerente costruttivamente e ideologicamente: la sala sotterranea è lunga 155 metri, e De Magistris sottolinea come fosse ispirata alle soluzioni di John Soane per la Banca d’Inghilterra.

Il pavimento è di marmo lucido, le strutture portanti ricoperte di metallo così brillante da parere argento, un telaio concepito dall’architetto Dushkin per negare la gravità delle masse murarie, e alle quali contribuirono i massimi ingegneri dell’epoca. Nei trentacinque mosaici ovaidali Deineka raccontava una giornata perfetta del Paese del socialismo trionfante, e chi entrava, scendendo le larghe scale, poteva ammirare di ovale in ovale, come fotogrammi di un’opera cinematografica, i campi dei kolkhoz, le ciminiere delle nuove industrie, gli svaghi e l’educazione della gioventù comunista, la vita ideale insomma della felice famiglia sovietica. “Il successo sin dall’inizio fu enorme - conclude De Magistris -. La folla, nei giorni del’inaugurazione, si accalcava senza sosta per ammirare la realizzazione”.

Foto Lavinia Parlamenti

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