Il ricordo di Eco nelle parole di Elena

Elena Kostioukovitch e Umberto Eco.

Elena Kostioukovitch e Umberto Eco.

: Edoardo Pasero/Prospekt
La traduttrice Elena Kostioukovitch rivive i momenti trascorsi in compagnia del grande scrittore italiano. "La Russia vedeva in lui qualcosa di molto importante e la possibilità di affrontare temi nuovi attraverso una cultura completamente estranea"

“'Il nome della rosa' sembrava parlasse di noi. Della Perestrojka. E quando uscì in Urss, nel 1988, la gente iniziò a scendere per strada, tenendolo in mano, mentre si recava alla manifestazione sugli eventi di Praga”. Elena Kostioukovitch, scrittrice e traduttrice di Umberto Eco, torna indietro nel tempo. Scava nella memoria alla ricerca di quei dettagli che hanno reso unica la sua relazione con lo scrittore italiano che meglio di tutti è riuscito a rappresentare la cultura del Belpaese nella Federazione. “D’altronde il libro inizia proprio a Praga, quando l'esercito sovietico entra in questa sfortunata città e il protagonista trova il manoscritto”, racconta Kostioukovitch, che la settimana scorsa ha tenuto a Mosca una serie di conferenze dedicate a Eco. Incontri durante i quali ha raccontato le lunghe conversazioni, i viaggi, gli incontri con l’autore morto a febbraio all'età di 84 anni

Trascorsi dieci anni dall'uscita de “Il nome della rosa” e dopo il grande lavoro sul secondo romanzo "Il pendolo di Foucault", Elena Kostioukovitch e Umberto Eco sono andati in Russia. Era il 1998. E i libri venivano stampati su carta di giornale, senza bordi, alla cieca. "Avevo trovato dei biglietti economici con l’Aeroflot. Classe Economy - racconta -. Ma Umberto Eco non entrava nella poltrona. Era un uomo molto grosso. Così è stato trasferito in business class, dove si è trovato in mezzo a gente folle con giacche rosse o color cenere, con un modo di parlare inimmaginabile. In un certo senso, la Russia un po' caricaturale che tutti temevano in Occidente è iniziata proprio in questa business class. Abbiamo volato così, dopodiché lui non riuscì a vedere più nulla. Io ero giovane e inesperta e volevo fare il massimo per il pubblico russo, quindi ho organizzato un programma molto intenso: quaranta interviste, otto interventi e nove ore al giorno per il riposo. Non avevo mai visto una folla simile tutta radunata per una questione letteraria. Sulla Prospettiva Nevskij, per entrare nella libreria Dom knigi, era stato mandato un poliziotto a cavallo per diradare la folla. Prima passava il cavallo, poi io e Umberto Eco e poi quelli che speravano di imbucarsi per ascoltare il suo intervento”. 

 
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“La Russia vedeva in Eco qualcosa di molto importante, non penso ci vedesse uno scrittore italiano. Ci vedeva la possibilità di pensare ad argomenti nuovi ma con una vecchia e solida base, a temi affrontati attraverso l'involucro di una cultura completamente estranea".

Prima di venire in Russia, Elena era stata ospite frequente a casa di Umberto Eco a Milano. I risultati di queste discussioni spesso si riflettevano nei romanzi successivi. "Lo scrittore preferito di Umberto era Dmitrij Merezhkovskij. Egli credeva che una delle principali opere del genio russo fosse ‘La morte degli Dei. Giuliano l’Apostata’ - spiega -. Quando siamo andati in Russia, volevo tanto mostrargli i luoghi importanti di Mosca, ma non ne abbiamo avuto il tempo. Così siamo finiti sulla Piazza Rossa in un ottimo momento, cioè alle tre del mattino. La piazza si presentava come uno spazio scuro e vuoto. Sopra di noi tante stelle luminose. La piazza ricurva di notte sembrava ancora più ingobbita rispetto al giorno. L'impressione era quella di stare sul globo. “È il globo sovietico questo”, disse Eco. “Russo”, lo corressi io. “È così rotonda, così insolita, perché nessuno me lo aveva detto”. Fu un momento unico e interessantissimo”.

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