Diana Vishneva, zarina sulle punte

Diana Vishneva.

Diana Vishneva.

: ufficio stampa del festival "Context. Diana Vishneva"
È diventata il simbolo e il volto del balletto russo. E dopo i successi collezionati in patria e all’estero, ora si prepara a tuffarsi in nuovi progetti. E a Rbth racconta: "Ecco perché ho voluto dare maggiore spazio a un mio percorso più individuale"

Per il mondo intero Diana Vishneva è il simbolo del balletto. Per oltre 20 anni è stata la prima ballerina del Teatro Mariinskij. E per quasi 15 anni è stata l’étoile dell’American Ballet Theatre di New York. Ha lavorato anche come solista e ha organizzato festival e tour in giro per il mondo. Alla vigilia delle sue prossime esibizioni al Mariinskij, che si terranno a maggio, Diana Vishneva ha concesso un’intervista esclusiva a Rbth.

Cos’è stato più difficile, mantenere i rapporti con il Mariinskij o raggiungere una certa autonomia da questo teatro pietroburghese?

Ovviamente nella vita le cose non sono così semplici come appare. Ho dovuto lottare con il teatro per difendere la mia posizione, visto che la sua organizzazione non facilita il percorso personale. Così come i fattori politici ed economici non favoriscono una carriera individuale. Ma ho continuano a lottare per le mie idee: le ho difese, le ho discusse, ho spiegato perché certe cose erano per me necessarie. E sono riuscita a ottenere una risposta positiva.

 
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Quando avevo 20 anni ero riuscita a ottenere una seria proposta da un teatro. Ma me l'avevano tenuta nascosta. E l'ho saputo solamente molto tempo dopo. E adesso penso: per fortuna che non me lo hanno detto! Il periodo di maturazione e la padronanza del repertorio sono molto importanti: in gioventù ci si costruisce un'esperienza che poi resta nel bagaglio di una ballerina per tutta la vita. Solamente un lavoro sistematico fin dall'infanzia consente di diventare una ballerina di alto livello. E, nonostante le opportunità che offre la vita, è necessario mantenere la concentrazione. 

Sono stata fortunata che Valerij Gergiev, il direttore del Mariinskij, mi abbia permesso di divedere la mia vita in due. Ha capito che per l'arte della danza, così come per la musica, uno dei punti di riferimento è New York, e ha assecondato il mio desiderio di lavorare, oltre che con il Mariinskij, anche con Vladimir Malakhov a Berlino e poi nell'ABT.

 

Diana Vishneva interpreta la Carmen al Teatro Mariinskij

Questa doppia collaborazione mi ha dato molta libertà e mi ha permesso di ballare pezzi che a casa non avrei mai potuto interpretare. A New York sono arrivata al momento giusto, nel posto giusto: il mio nome era già conosciuto e avevo esperienza come prima ballerina, per cui ho avuto la possibilità di lavorare con la troupe uscendo un po’ dalle regole, ampliando allo stesso tempo il mio repertoire con quegli spettacoli che interessavano a me.

Come è nata l’idea di portare avanti un programma da solista?

Quando il repertoire di entrambi i teatri è stato esaurito, ho iniziato a pensare ad alcuni progetti individuali. Nonostante la natura creativa di questi progetti, dietro di loro doveva esserci un produttore serio. E l’ho trovato in Ardani Artist. Con il direttore Sergej Danilyan collaboro fin dal momento in cui mi ha consegnato un premio nel 1995. Sergej ha trovato ispirazione nelle mie idee. E coraggio. Ma tuffarsi non è stato facile. La cosa più complessa è stata persuadere il coreografo a collaborare con noi, poiché loro sono abituati a lavorare con i teatri e non con le singole ballerine. 

Segue i propri progetti da sola o si avvale della collaborazione di qualcuno?

La storia con William Forsythe, accaduta durante la messa in scena dei suoi balletti a Mariinskij, mi ha dato una grande lezione: ora prendo accordi con i coreografi solo personalmente. Ma ovviamente, nel momento in cui si riesce ad arrivare a un accordo, poi tutto passa nelle mani del mio team. Inoltre, quando alle spalle non ci sono finanziamenti statali, deve esserci qualcuno che si occupa della parte organizzativa del lavoro. È per questo che sono giunta alla conclusione di creare una mia propria fondazione, che è diventata uno degli strumenti per concretizzare le mie idee.

 
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Lei è una delle poche ballerine di danza classica che hanno iniziato a interpretare coreografie moderne al culmine della propria carriera, e non solo poco prima del ritiro dal palcoscenico. Come è arrivata a questa scelta?

La cosa più importante è evitare eccessi, tipo “oggi ballo classico, e a partire da questo momento passo alle coreografie moderne”. Non funziona così. Se non si hanno alle spalle otto anni di formazione classica, non si potrà mai ballare danza classica. E solo così poi sarà possibile passare a coreografie moderne. Bisogna semplicemente iniziare a studiare presto e gradualmente. Per me è importante anche la fase di apprendimento. Il risultato, per me, non è mai stato una priorità. La priorità è sempre stata il lavoro creativo.

La danza classica risponde a regole severe che ne determinano la qualità. Quali sono i suoi punti di riferimento per la coreografia moderna?

Con il mio modo di essere perfezionista, per me è importante non tanto mostrare sé stessi, bensì lo stile e la lingua del coreografo. Dopo la nostra collaborazione, Edouard Lock mi ha detto che dovevo esibirmi come un esempio dello stile di Edouard Lock. Per me è questo il risultato più importante del mio lavoro. Ma per ottenerlo è indispensabile iniziare a lavorare presto e gradualmente.

Vishneva durante il Prix de Lausanne, 2016. Coreografia di Marco Goecke

Poco tempo fa, nell’ambito del festival di danza del Mariinskij, ha reso omaggio alla sua insegnante Lyudmila Kovaleva, con la quale porterà in scena a breve una serie di spettacoli a San Pietroburgo. Cos’altro ha in mente per il futuro?

Continuo a portare avanti il repertorio classico del Mariinskij e dell’ABT. Qualche anno fa ho dato il via al festival “Context. Diana Vishneva”, di cui sono direttrice artistica. Ciò mi richiede molti sforzi e molto tempo. L’obiettivo del festival è sviluppare il balletto moderno in Russia e offrire nuove opportunità ai giovani. È una cosa che mi interessa molto e la seguo con piacere. È un onore, poi, vedere che i nomi di alcuni coreografi, che si erano sentiti per la prima volta nei miei progetti, oggi sono diventati molto conosciuti e alcuni di loro lavorano con noi. Nel frattempo continuo a lavorare ai prossimi spettacoli e porto avanti la ricerca di nuove persone con le quali vorrei collaborare e continuare a crescere. 

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