Crimea, in viaggio verso il futuro

Il porto di Feodosia (Foto: Wikipedia)

Il porto di Feodosia (Foto: Wikipedia)

Si apre la stagione estiva e la penisola fa i conti con l’aumento dei prezzi, la ricerca di una nuova stabilità e le prenotazioni turistiche, fino a prima tenute in piedi dai vacanzieri ucraini. Come è cambiata la situazione dopo l'annessione alla Russia?

“Vogliamo andare per una settimana in Crimea a prendere un po’ di sole?”. Lo domando a mia moglie. E insieme decidiamo che, anziché perdere tempo per varcare il confine e attraversare il sudest dell’Ucraina, dove la situazione rimane tesa, raggiungeremo Kerch in auto e ci imbarcheremo un traghetto. Durante il tragitto chiamiamo gli amici con i quali condivideremo l’alloggio. Sono partiti poco prima di noi, diretti anche loro a Feodosia. “Abbiamo fatto sei ore di fila per imbarcarci sul traghetto”, ci avvertono.

L’attesa per l’imbarco

L’accesso al porto è reso impossibile da una moltitudine di automobili ferme. Provengono da Mosca e dall’oblast omonima, ma anche da Voronež, Krasnodar, Kazan… A circa sei chilometri dal punto di imbarco il motore della nostra auto si ferma. Di fronte a me, a perdita d’occhio, scorgo file e file di auto. Lungo il lato della strada ci sono servizi igienici e contenitori per i rifiuti. Poco oltre, intravedo una rivendita di acqua. Sono le 17.25. Con il passare delle ore le persone iniziano a chiacchierare tra di loro di argomenti di tutti i giorni. Nessuno si lamenta e l’atmosfera è rilassata. Le donne non perdono tempo: alcune di loro si sono cambiate e hanno iniziato a prendere il sole; altre giocano con i bambini. Una signora approfitta per portare a spasso il cane.

Scende la sera e i turisti rientrano nelle loro auto. Qualcuno decide di schiacciare un pisolino. La strada è scarsamente illuminata, e per evitare di addormentarsi non resta che tenere acceso il motore e far avanzare i veicoli di qualche metro ogni trentina di minuti. È mezzanotte e mezza. Tutto tace. Persino i due poliziotti che vigilano hanno smesso di chiacchierare. A notte inoltrata decido di non guardare più l’orologio.

Alla fine, dopo una rincorsa disperata, arriviamo al porto. Superate le transenne ci viene consegnato un foglio di carta che certifica la lunghezza del nostro veicolo. Dopo un sommario controllo di sicurezza ci mettiamo nuovamente in fila. Mia moglie dorme, e insieme ad altri conducenti raggiungo a piedi il terminal del porto per acquistare i biglietti. Gli sportelli aperti sono quattro, e malgrado l’ora anche qui c’è la fila. Una volta acquistati i biglietti torno in macchina per dormire. Vengo svegliato da un funzionario portuale che bussa sul finestrino per informarci che è ora di rimetterci in moto. Una ventina di minuti dopo facciamo il nostro ingresso nella baia del porto di Krym.

Dopo più di undici ore di viaggio i miei sensi non sono molto acuti, ma constato ugualmente che ad aspettarci in Crimea non ci sono né poliziotti né militari. Un funzionario del porto, dopo essersi assicurato attraverso il vetro che siamo in possesso di biglietti, ci fa cenno di entrare per far avanzare la fila.

Non tutti si sono abituati a vivere in Russia

Dopo tutta quell’attesa per l’imbarco, mi aspettavo che la Crimea fosse piena di turisti. Non è vero. Più ci inoltriamo nella penisola e più i cartelli che annunciano la disponibilità di case in affitto si fanno frequenti. Mentre ci dirigiamo a piedi verso il museo Ivan Aivazovsky passiamo tra le bancarelle di souvenir, tra le quali l’ufficio del turismo ha allestito un punto-informazioni. Viktoriya, che vi lavora, teme che il turismo quest’anno possa subire un contraccolpo. “Quattro dei sei milioni di turisti che ogni anno visitano la Crimea erano ucraini”, spiega. “I visitatori provenienti dalla Russia erano circa ottocentomila, mentre altri venivano dalla Polonia e dalla Bielorussia, e adesso difficilmente faranno ritorno”.

 
Gli scrittori russi
che riposavano in Crimea

Dopo aver prenotato una gita sul monte Karadağ raggiungo mia moglie, che si è fermata a curiosare tra un banco di cosmetici. Domando alla venditrice come vanno gli affari e quali sono le sue aspettative per l’estate. La donna, di nome Lyuda, si dice ottimista riguardo al futuro. “È vero: prima qui arrivavano soprattutto turisti provenienti dall’Ucraina. Ma si portavano dietro da bere e da mangiare. Adesso riponiamo le nostre speranze nei russi". Per questa donna l’annessione della Crimea alla Russia rappresenta un fatto inequivocabilmente positivo. La sua pensione è stata aumentata, e lei non ha notato un considerevole aumento dei prezzi. “Persino l’acqua di casa è diventata più pulita. Prima, quando usavamo l’acqua del Dnepr, dopo esserci lavati ci veniva voglia di lavarci di nuovo”. La sua socia non è d’accordo. “È tutto confuso”, afferma. “Ancora non si capisce che cosa si inventeranno le autorità ucraine e chi le dirige”. Le due donne concordano però su un fatto: la guerra è stata scongiurata, ed è questo ciò che più conta.

All’interno del museo Aivazovsky, un giovane si è fermato davanti a un quadro del 1887 intitolato “Volga”. Perché - domanda - sull’albero della nave è issato il tricolore russo? La sua forse è normale ignoranza. O forse non tutti si sono resi conto di cosa sia davvero successo, e perché. Vladimir, il co-proprietario della casa dove alloggiamo, vede le cose da un punto di vista economico: alcuni prezzi sono quasi raddoppiati, come nel caso dei materiali da costruzione (ad eccezione del legno), delle sigarette, della carne e del pane.

Per abitudine indica i prezzi in grivnia, obbligandomi a moltiplicarli per tre per ottenere l’equivalente in rubli. Vladimir e la sua famiglia hanno votato a favore della riunificazione con la Russia, e malgrado alcune temporanee difficoltà non rimpiangono la loro decisione. “Alcuni nostri amici hanno immatricolato la loro auto con una targa di Mosca e si sono diretti a Mosca. La polizia stradale li ha fermati perché il loro numero di targa ancora non figurava nella banca dati della motorizzazione. Volevano requisirgli l’auto e portarla in deposito, ma loro sono riusciti a dimostrare di essere della Crimea. Poi però è saltato fuori che nemmeno i numeri dei passaporti che gli erano stati rilasciati risultavano registrati. È come se vivessimo in un Paese che non esiste”, aggiunge Vladimir con un sorriso. “La cosa più importante adesso è che si costruisca il ponte di Kerch”. Anche suo genero Aleksandr ritiene che sia un bene che la Crimea adesso faccia parte della Russia. “Se così non fosse”, osserva, “adesso ci troveremmo nelle stesse condizioni delle regioni di Donetsk e di Luhansk”.

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