L'attrazione fatale

Secondo un sondaggio, nel 2013 i russi hanno incrementato il loro giudizio positivo sull’Italia, apprezzando soprattutto l’offerta artistica, la varietà naturale e la cucina del Paese (Foto: Alberto Caspani)

Secondo un sondaggio, nel 2013 i russi hanno incrementato il loro giudizio positivo sull’Italia, apprezzando soprattutto l’offerta artistica, la varietà naturale e la cucina del Paese (Foto: Alberto Caspani)

In un convegno, tutti i segreti del turismo italo-russo. E, soprattutto, l'analisi delle ragioni per cui il Belpaese è ancora una delle mete più amate

I turisti russi spingono l’Italia verso l’eccellenza. Grazie ai recenti studi presentati durante il convegno internazionale “Il turismo italo-russo: nuovi orizzonti conoscitivi, formativi e operativi - in calendario dal 5 al 6 giugno presso l’Università degli Studi Milano-Bicocca - è apparso quanto mai evidente il ruolo cruciale giocato dai visitatori della Terra degli Zar nell’ammodernamento dell’offerta turistica e, soprattutto, ricettiva. Stando infatti al sondaggio realizzato da Giovanni Tonini e Olga Dyakonova, rispettivamente coordinatore del corso di laurea magistrale in economia del turismo e dottoranda in marketing del comitato organizzatore, “nel 2013 i russi hanno incrementato il loro giudizio positivo sull’Italia (dando un voto medio dell’8.88, massimo storico dal 2006), apprezzandone soprattutto l’offerta artistica, la varietà naturale e la cucina, ma accendendo anche un significativo campanello d’allarme per quanto riguarda le sue soluzioni alberghiere/ricettive, così come sul non adeguato incremento dei prezzi”.

 
La sfida del turismo passa per il Web

Pur ricevendo un buon punteggio in termini di gradimento (fra il 7.38 e l’8.01), questi ultimi due aspetti evidenziano in realtà un crescente divario con gli standard internazionali, dal momento che le strutture italiane – soprattutto al di fuori dei grandi centri urbani - non sono spesso allineate alla qualità di servizio delle grandi catene, mostrando al contrario una gestione localistica incapace di soddisfare le reali esigenze di un pubblico dalle abitudini peculiari, quali appunto quello russo. Non a caso sul tema hanno fatto sentire la propria voce anche Evgeny Trofimov e Alexander Sorokin, rettore dell’Accademia internazionale russa del turismo di Mosca e presidente dell’associazione dei tour operator russi, per i quali “è inutile proporsi come alberghi russian friendly, quando i menù vengono semplicemente traslitterati dai caratteri latini a quelli cirillici, senza spiegare in cosa consistano certi piatti; analogamente va tenuto presente che il turista russo non ama troppo gli orari standardizzati e, se avesse voglia di far colazione alle 11 del mattino o mangiare all’una di notte, almeno i ristoranti degli hotel 4 e 5 stelle – dove per abitudine alloggia – dovrebbero offrire un servizio più flessibile”.

Non ha potuto che concordare Leonora Barbiani, segretario generale della Camera del commercio Italo-Russa, secondo cui “sono ancora poche le strutture italiane dove il personale di servizio parla fluentemente russo, mentre dovrebbe esser chiaro che il turista russo è molto più esigente dei tradizionali europei, visto che se sceglie una struttura d’eccellenza, considera automatico poter disporre di un autista personale, così come di un personal shopper, mentre trova straniante che nella variegata offerta della cucina manchi proprio quella che riflette la sua tradizione gastronomica. La mancata soddisfazione di uno di questi parametri finisce per comportare il mancato ritorno nella stessa struttura in caso di nuovi viaggi, dal momento che il russo si dimostra un ottimo repeater (tornando anche tre volte all’anno in Italia), ma sempre più mosso dal desiderio di sperimentare esperienze che lascino il segno anziché da mere visite di località”.

 
Sedotti dai borghi italiani

Ecco allora come cruciale si stia rivelando il nuovo approccio al “lusso” analizzato da Antonella Sgobba, co-founder e managing director di Wishitalia: “il russo di oggi non è più quello dei tardi anni ’90, che si accontentava degli hotel più in vista semplicemente per mostrare il suo status di benessere: vuole vivere l’italianità e sentirsi a suo modo italiano nel life-style, cercando in tal senso quegli hotel che gli garantiscano la possibilità di essere titolare per un giorno di un vigneto e contribuire in prima persona alla realizzazione di un vino che porterà la sua personale etichetta; oppure sceglie di andare in campagna alla ricerca dei tartufi, per poi seguire sul posto corsi di cucina che gli permettano di preparare piatti proprio come un cittadino italiano. Non a caso questa costante ricerca dell’autenticità, assai più importante del prezzo o dello status symbol, sta timidamente modificando anche il gusto per le soluzioni ricettive: non più solo grandi hotel nelle città d’arte, ma anche agriturismi in località del centro e nord Italia, bed&breakfast tradizionali, boutique hotel di provincia”.

Perché se il russo decide di restare in città, allora vuole qualcosa di straordinario, unico, irripetibile: non più, o non solo il grande hotel dove alloggiava ad esempio Fellini a Rimini, ma un “albergo-opera d’arte” – secondo la definizione dell’architectural hero Simone Micheli – che ripudi lo stile monoaccento e sconvolga ogni concetto abitudinario. E che la via aperta dal Town House Street di Milano, hotel ospitato in ex-negozi in disuso, o dal B4 hotel di Rimini, fra i più richiesti al mondo, non siano mode passeggere, è presto detto: ora la Russia, in collaborazione col nostro studio, sta progettando opere simili anche a S. Pietroburgo e Krasnodar”.  

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