Apocalisse Mon Amour

La Fortezza Alessandro I (Foto: masterok.livejournal.com)

La Fortezza Alessandro I (Foto: masterok.livejournal.com)

Dalla Fortezza della Peste di San Pietroburgo alla Strada delle Ossa in Siberia. Sette destinazioni. Sette luoghi dove si può osservare cosa potrebbe essere la fine del mondo

Un itineraio in sette momenti. Sette scenari in cui è possibile immaginare come sarà la vita dopo l’estinzione dell’uomo e della civiltà. L'Artico, la Siberia, l'orrore nascosto nel cuore di San Pietroburgo. Ecco il viaggio di Russia Oggi alla scoperta dell'Apocalisse.

La Fortezza della peste di San Pietroburgo

Progettata come struttura difensiva in una piccola isola artificiale nel mezzo del Golfo di Finlandia, la Fortezza Alessandro I (battezzata così dal nome del fratello di Nicola I) non è mai stata al centro di battaglie. All’inizio del XX secolo, durante il diffondersi, in Europa, della terza pandemia di peste, la fortezza fu trasformata in un laboratorio chimico per la produzione di vaccini contro la malattia. L’efficacia dell’azione del vaccino veniva sperimentata sui cavalli e per questo la fortezza fu dotata di un ascensore per il trasporto degli animali nel laboratorio, di una scuderia riscaldata a vapore e di un forno per la loro cremazione. Malgrado i severi controlli, nel territorio della fortezza, si svilupparono due focolai di peste. Attualmente nella Fortezza della peste si organizzano visite guidate e nell’immediato futuro si prevede di trasformarla in un parco di divertimenti.

Foto: cr2.livejournal.com

Il cimitero di navi nel Mar Glaciale Artico

Teriberka è un piccolo villaggio situato sulla costa settentrionale della Penisola di Kola. Fondato nella prima metà del XVII secolo come base stagionale per i pescatori, si è trasformato ben presto in un florido centro ittico. Negli anni ’60 del XX secolo, con la comparsa delle navi di grosso tonnellaggio, l’industria ittica di Teriberka cominciò a languire. Nel villaggio mancavano gli uffici per la registrazioni dell’accesso e dell’uscita delle navi mercantili, il che costringeva i pescatori a raggiungere Murmansk, la vicina capitale della regione. Oggi la principale attrattiva del villaggio è costituita dal suo cimitero di navi, situato sulla costa del confinante Mare di Barents.

Foto: Ivan Dementievsky

La foresta pietrificata della Kamchatka

L’eruzione del vulcano Ploskij Tolbachik, situato nella penisola della Kamchatka, ebbe luogo nel 1975 e si protrasse per più di un anno e mezzo. Durante questo lasso di tempo la lava incenerì le piante dei pendii boschivi della taiga e il territorio circostante fu sommerso di cenere e detriti. Questo desertico paesaggio vulcanico ricordava talmente quello marziano che proprio qui vennero effettuati gli esperimenti delle prime spedizioni sovietiche su Marte e sulla Luna. Foreste intere furono coperte da uno strato di di cenere alto sette metri su cui tuttora, a 39 anni di distanza, continua a non crescere nulla.

Foto: elnarperm.livejournal.com

Il villaggio di Spitsbergen nelle isole Svalbard

Il villaggio di Piramida, situato nel villaggio norvegese Spitsbergen nelle Svalbard, nella Groenlandia centrale, si sviluppò attorno al giacimento di carbone più a Nord del mondo. La locuzione “più a Nord del mondo” qui si attaglia praticamente a tutto: nel villaggio troviamo infatti anche il monumento a Lenin “più a Nord del mondo” e anche il bacino “più a Nord del mondo”. Durante l’epoca di massimo splendore dell’Unione Sovietica esportarono qui alcune tonnellate di terre nere fertili. Tra l’altro, si proibì di calpestare le aiuole cresciute in “terra russa”. Oltre a quest’insolito divieto, sull’arcipelago era in vigore una legge che proibiva di defungere nel territorio (una sorta di divieto giuridico a morire). Così se qualcuno fosse morto accidentalmente nell’isola, il suo corpo sarebbe stato seppellito comunque nel continente, a causa del permafrost, il cosiddetto polo del freddo, i corpi dopo l’inumazione non si decompongono, attirando l’attenzione di orsi polari e di altri predatori. Il villaggio di Piramida è stato messo sotto tutela nel 1998, dopo che fu cessata l’estrazione di carbone dai giacimenti.


Foto: varandej.livejournal.com

L’anello delle città morte oltre il Circolo Polare Artico

La città di Vorkuta, situata in una zona dove il permafrost è assai diffuso,  nella metà del XX secolo era famosa per essere il più grande centro dell’universo concentrazionario sovietico, ossia del Gulag  e il luogo di detenzione più utilizzato fino agli anni ’80. Malgrado questo fatto, la città era in origine destinata a diventare un centro operaio.

Vorkuta era stata fondata da un gruppo di geologi in seguito alla scoperta in loco di giacimenti di carbone. Ora è circondata da un intero agglomerato di sobborghi, che formano l’anello di Vorkuta, costituiti da centri abitati cresciuti in prossimità delle miniere, con una popolazione complessiva di 30 mila abitanti. Il percorso proibito includeva, in un raggio di 50 chilometri, 7 città e attraversava Vorkuta. Ora che si è avviato un piano di trasferimento della popolazione residente nelle regioni dell’Estremo Nord e che sono state chiuse le industrie carbonifere, delle 13 miniere ancora in funzione ne restano 5 e nel gruppo originario di villaggi, soltanto due sono ancora abitati come un tempo. I villaggi abbandonati sono simili ormai a città fantasma, quasi “cristallizzate” nella tundra innevata.

Foto: tolstyakov.livejournal.com

La “Strada delle ossa” in Siberia

La cosiddetta “Strada delle ossa”, ora abbandonata, che collegava Magadan a Jakutsk, fu costruita dai detenuti del Gulag. La strada statale fu realizzata nelle durissime condizioni di lavoro imposte dal regolamento dei lager, spesso a temperature estremamente rigide, che provocarono la morte di decine di migliaia di prigionieri. La strada ha smesso di funzionare quando i ponti, costruiti già negli ’30 del secolo scorso, hanno cominciato a crollare. Il campo di rieducazione attraverso il lavoro dell’Indigirka è uno dei lager di morte meno noti del sistema dei Gulag.

L’arteria ferroviaria oltre il Circolo Polare Artico

La costruzione di un’arteria ferroviaria lungo Il Circolo Polare Artico, nella tratta Salekhard-Igarka, è uno dei progetti più grandiosi mai realizzati dal sistema dei Gulag. Malgrado le proibitive condizioni naturali  – il terreno paludoso, le temperature a -50 gradi sotto lo zero, l’assenza di strade – fu realizzata in tempi record e i detenuti costruirono oltre 100 chilometri di linea ferroviaria in un anno. A differenza delle altre “grandiose realizzazioni del comunismo”, l’arteria ferroviaria costruita oltre il Circolo Polare Artico è rimasta per così dire una linea “morta”. E benché sia stata parzialmente smantellata, si possono  ancora scorgere lungo la linea ferroviaria baracche, case, stazioni ferroviarie, rimaste pressocché intatte, e locomotive arrugginite. Oggi nella città di Salekhard è stato aperto un Museo dell’arteria ferroviaria transpolare.

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