Cosmo, il futuro è adesso

La Terra vista dallo spazio (Foto: Nasa)

La Terra vista dallo spazio (Foto: Nasa)

L’infrastruttura spaziale ha il potenziale necessario per rivoluzionare il modo col quale gli ingegneri concepiscono, progettano e conducono le missioni spaziali. I Sistemi satellitari federati sono un’innovazione radicale messa a punto dai ricercatori presso l’Istituto Skolkovo di Scienza e Tecnologia di Mosca, con l’aiuto di altre istituzioni partner all’estero. La testimonianza di un ingegnere aerospaziale italiano

Provate a pensare per un attimo quale aspetto avrebbe il nostro mondo se non ci fossero infrastrutture, se per esempio non esistessero strade, reti ferroviarie o collegamenti aerei: non saremmo neppure in grado di allontanarci più di tanto dalle nostre case. La gente vivrebbe isolata nelle proprie città, in modo simile a come avveniva prima del XIX secolo. La tecnologia spaziale, invece, è ferma a una fase di scarse infrastrutture. Il mio gruppo di ricerca è un team internazionale con sede presso lo Skoltech di Mosca, ed è formato da laureati specializzandi e ricercatori provenienti da Russia, Europa e Stati Uniti. Noi sogniamo un futuro di infrastrutture sostenibili ed efficienti nello spazio e quindi stiamo lavorando per mettere a punto i Sistemi Satellitari Federati (Federated Satellite Systems, FSS). Questa sarà la prossima rivoluzione nella progettazione dei sistemi spaziali.

L'autore

Alessandro Golkar è professore presso l’Istituto Skolkovo di Scienza e Tecnologia di Mosca (Skoltech), ed è un ingegnere aerospaziale italiano. Nell’ottobre 2014 ha vinto il Premio Luigi G. Napolitano, un prestigioso riconoscimento per i giovani scienziati sotto i trent’anni. È membro dell’Istituto americano di aeronautica e astronautica (American Institute of Aeronautics and Astronautics, AIAA), ed è pilota FAA (Federal Aviation Administration, Amministrazione Aviazione Federale) brevettato. Il Professor Golkar è consulente dell’Agenzia Spaziale Europea ed è Research Fellow e Visiting Independent Advisor presso il laboratorio Jet Propulsion della Nasa. Ha lavorato come assistente ricercatore al Massachusetts Institute of Technology (MIT), conducendo analisi ingegneristiche dei programmi di volo spaziale con equipaggio. Nel suo blog per RBTH, esplora il futuro della tecnologia spaziale. Potete contattare Alessandro al seguente indirizzo: a.golkar@skoltech.ru

Il lancio dei satelliti: migliaia di dollari per ogni chilogrammo

Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito alla creazione di un’infrastruttura orbitale importantissima, come la costellazione di satelliti Gps che nella vita di tutti i giorni utilizziamo con il nostro navigatore elettronico in automobile per cercare l’itinerario da percorrere. Sono stati infatti lanciati in orbita sistemi satellitari di supporto come l’American Telemetry Data and Relay System (TDRS), e l’ European Data Relay System (EDRS), in via di sviluppo proprio in questo periodo. Ciò nonostante, questi sistemi devono fare fronte a gravi limitazioni dovute a una molteplicità di ragioni tecniche ed economiche. Per esempio, le infrastrutture già esistenti nello spazio non possono soddisfare le necessità di informazione della maggior parte dei satelliti che viaggiano nell’orbita terrestre bassa (più o meno a 800 chilometri dalla superficie della Terra), e neppure ci riescono i satelliti più piccoli messi a punto dall’industria, i centri di ricerca e le università. Oltre a ciò, non esiste un’infrastruttura spaziale in grado di generare, immagazzinare e fornire energia elettrica a un’astronave cliente.

Oggi, pertanto, la maggior parte dei satelliti deve generare energia elettrica a bordo, e deve essere dotata di apparecchiature proprie per le telecomunicazioni per restare in contatto con la Terra. I piccoli satelliti devono elaborare e archiviare tutti i dati prodotti dai propri strumenti, tenendo conto che non è disponibile alcuna strumentazione di supporto. Di conseguenza, lanciare satelliti comporta il pagamento di un prezzo considerevole di svariate migliaia di dollari americani per ogni chilogrammo. Spesso i costi di lancio possono essere addirittura superiori ai costi necessari per la realizzazione del satellite stesso. Ci si aspetterebbe, dato che è così costoso mandarli in orbita, che i satelliti siano concepiti per durare molto a lungo. E di fatto questo è l’obbiettivo delle missioni spaziali più importanti. Tuttavia, nelle operazioni spaziali sono comuni fallimenti parziali, ma talora anche fatali, dei sistemi satellitari, a prescindere dalla loro dotazione o grandezza. Nel caso in cui venisse meno per qualsiasi motivo la strumentazione di simili preziosi satelliti – o per una collisione con detriti spaziali, come nel film “Gravity” di Alfonso Cuarón, o per un letale evento di radiazione spaziale emessa dal Sole – l’intera missione fallirebbe. Aiutare l’infrastruttura orbitante consentirebbe agli ingegneri aerospaziali di progettare astronavi più leggere, più economiche e in definitiva più funzionali.

Rivoluzionare lo spazio: i Sistemi Satellitari Federati

I Sistemi Satellitari Federati costituiscono una rivoluzione equiparabile a quello che hanno rappresentato Uber/ Yandex Taxi e Zipcar per i taxi e l’intero settore dei trasporti personali. La rivoluzione sta tutta nell’idea che un’astronave possa condividere i propri punti di forza con i satelliti vicini in caso di necessità – intendendo con con tale definizione il tempo di utilizzo della strumentazione o l’effettiva capacità e l’affidamento dei dati – soltanto quando tale transazione ha senso. Ciò aumenterà notevolmente il valore di ciò che le controparti daranno e riceveranno a loro volta. Questo concetto semplice e importante è all’origine delle transazioni di mercato nella teoria microeconomica. Può essere applicato anche all’ingegneria spaziale e alle operazioni spaziali. Grazie a questo concetto possiamo far sì che nello spazio si crei una infrastruttura che cresce da sola, grazie a un equilibrio ben bilanciato di astronavi che forniscono servizi e quanto occorre e astronavi clienti, disposte a condividere ciò che hanno a disposizione.

Noi immaginiamo quindi di coinvolgere fornitori di servizi dedicati: startup che lanciano satelliti di servizio operativi in una federazione per mero guadagno economico. Immaginiamo anche che questo concetto avrà un effetto a valanga con l’evoluzione delle federazioni satellitari, proprio come è avvenuto con l’adozione di nuove tecnologie quali gli smartphone o i tablet nel mercato al consumo. Basiamo i nostri studi sui FSS su concetti già esistenti, quali le reti peer-to-peer, l’internet interplanetario, e una rete di sensori, che sono stati proposti in passato. L’innovazione dal canto nostro si basa sull’ottica commerciale di tale rivoluzione e sulle idee di condivisione delle risorse da sfruttare, ed è questo a rendere unico il nostro concetto. A ottobre la Federazione internazionale astronautica ha riconosciuto l’enorme potenziale del concetto dei FSS, e questa idea – da me illustrata in una relazione ufficiale al Congresso astronautico internazionale di Toronto, in Canada – è stata insignita del premio 2014 Luigi G. Napolitano.

Da allora abbiamo trovato vari partner interessati, per esempio illustri ricercatori che lavorano al concetto dei FSS presso il Massachusetts Institute of Technology, ma anche altre università di tutto il mondo hanno abbracciato questa nostra proposta. Nella fase operativa iniziale dei FSS, dovremo affrontare lo stesso problema col quale ebbe a che fare Bell quando inventò il telefono: chi comprerà il primo apparecchio, se non c’è nessuno a cui telefonare? Da qui la necessità, per consentire di realizzare il pieno potenziale di questa idea, per le federazioni satellitari di attivare in un primo tempo missioni spaziali di sponsorizzazione. Questi e altri aspetti correlati sono stati affrontati e risolti da varie invenzioni straordinariamente innovative nella storia della nostra civiltà, come l’aeroplano e il telefono. Noi siamo fiduciosi di poter vedere realizzate in futuro anche le federazioni satellitari.

 

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