Incontri (troppo) ravvicinati

Spesso gli orsi si avvicinano ai villaggi per cercare del cibo (Foto: Geo Photo)

Spesso gli orsi si avvicinano ai villaggi per cercare del cibo (Foto: Geo Photo)

Anna Gruzdeva ci spiega perché ancora oggi nelle città della Russia si aggirano gli orsi bruni, i giganti dei boschi. E come comportarsi quando se ne incontra uno nella natura selvaggia

L'orso bruno, l'animale simbolo non solo della Siberia, ma della Russia in generale, non è iscritto nel Libro rosso e non è a rischio di estinzione come è il caso invece del leopardo delle nevi. Eppure, sempre più spesso esso esce dalle foreste per avvicinarsi alle città e all'uomo, confermando leggende assai diffuse. Insieme ai collaboratori scientifici della riserva naturale Stolby, il cui confine si trova a soli sette chilometri da Krasnojarsk, ci siamo inoltrati nella taiga selvaggia, per seguire le orme degli animali selvatici, parlare del comportamento e dello stile di vita dell'orso bruno, che stanno cambiando, della caccia sportiva al "padrone della taiga", ma anche della gestione del patrimonio forestale e dei problemi di una riserva naturale situata nelle immediate vicinanze di una grande città.       

Il villaggio di Beret': da qui seguendo il corso del fiume Mana si può raggiungere la riserva boschiva naturale di Stolby, fino ai posti di guardia di Berly, Masljanka e Kandalak, dove vivono e lavorano le guardie forestali e dove si recano regolarmente i collaboratori scientifici della riserva per monitorare la situazione dell'ecosistema e del clima, studiare gli animali e le condizioni dell'ambiente naturale nel suo complesso, e stilare il censimento annuale degli orsi bruni. La riserva naturale di Stolby è situata al confine della vasta regione montana dell'Altaj-Sajansk, là dove si incontrano la depressione della Siberia Occidentale e l'altopiano della Siberia Centrale. La riserva è una delle più piccole nella regione di Krasnojarsk; occupa una superficie di soli 47 ettari, e il suo territorio è compreso tra i corsi di alcuni affluenti di destra dello Enisej: la Bazaikha, la Bolshaja Sliznevaja e la Mana, sulle cui onde scivolano sussurrando le nostre imbarcazioni. Qui la taiga è fitta di abeti bianchi, abeti rossi e cedri; lungo le rive del fiume si ergono maestosi pini e betulle appena rinverdite dopo l'inverno; si vedono pochi pescatori.  La Mana, le cui acque sono di un bel colore grigioverde, serpeggia tra basse montagnole.  

Vladimir Kozhechkin è un esperto collaboratore scientifico della riserva naturale, ed è specializzato nello studio dell'habitat dei grandi predatori. Cominciò a lavorare nella riserva nel 1979, e scrisse una tesi di laurea sul ghiottone, animale raro e difficile da studiare; ma da tempo ormai anche l'orso bruno è entrato nel suo campo di interesse scientifico.  Fuori dalla giungla cittadina, Kozhechkin non sembra tanto un dottore di ricerca in scienze biologiche, quanto piuttosto un guardaboschi: pantaloni pesanti stretti in vita da una cintura, dolcevita grigio un po' sformato e con il collo largo, ai piedi stivali di gomma e in spalla un vecchio zaino grigio-azzurro.

"Berly"

Il posto di guardia Berly si trova nella zona Sud della riserva. Qui di pescatori non se ne vedono: dalla riva destra della Mana, sopra la postazione, comincia il "divieto assoluto di caccia e di pesca". "Fare il guardaboschi è un lavoro tutt'altro che facile: bisogna saper raccogliere e preparare la legna, curare i sentieri, e l'ideale sarebbe anche prendersi cura degli animali domestici e osservare la natura... I giovani oggi non sono capaci di fare tutte queste cose, e pochi di loro sono disposti a vivere e lavorare in una riserva naturale", si rammarica Vladimir Kozhechkin. La vecchia casa del guardaboschi al confine della riserva somiglia a una casa di campagna: una stufa, della legna, alle pareti sono appesi vecchi giubbotti unti, per terra accanto al televisore ci sono dei larghi sci rivestiti di pelli. C'è odore di cantina e di legno umido. 

La famosa leggenda secondo cui in Siberia gli orsi si aggirerebbero per le vie delle città presto smetterà di essere una leggenda: nell'ultimo decennio questi animali hanno cominciato a uscire sempre più spesso dalla foresta per avvicinarsi all'uomo nei centri urbani; li si può vedere vicino alle dacie, sulle autostrade, e sui sentieri per gli escursionisti nei parchi nazionali. Un paio di anni fa la zona turistica della riserva naturale Stolby è stata chiusa perché vi era comparso un orso vagabondo; ogni anno le notizie dell'avvistamento degli orsi allarmano non solo gli abitanti della regione di Krasnojarsk, ma anche quelli delle provincie di Tomsk, Kemerovo, Omsk e altre città.

 Perché gli orsi si avvicinano alle città?

L'ambiente urbano influisce profondamente sul regime alimentare degli orsi . Vladimir sorseggia il tè e allunga la mano per prendere una tartina col salame. Venti o trent'anni fa la dieta di questi animali era molto più ricca: c'erano i cespugli di bacche, mentre adesso di frutti di bosco non ce n'è quasi più, e le noci scarseggiano. Gli orsi non trovano proteine a sufficienza. In anni di carestia al cimitero Shinnoe due volte qualcuno ha sparato agli orsi che si intrufolavano nel cimitero e aprivano le sepolture più recenti. Immaginatevi la scena: passa un corteo funebre, e poco distante un orso scava per aprire una tomba appena tumulata.   

Gli anni '90 sono stati un periodo di radicali trasformazioni non solo per la società, ma anche per l'ambiente naturale: la produzione di frutti di bosco è drasticamente calata per via degli scarichi industriali della città; l'influenza della centrale energetica e dell'impianto di estrazione di combustibili fossili di Kansk-Achinsk è stata rilevata dai ricercatori persino sull'isola di Jamal, a migliaia di chilometri di distanza da Krasnojarsk.  Nel giro di pochi decenni si è profondamente modificata la composizione del terreno, il clima è diventato meno prevedibile, cosa che ha influenzato in particolare la produzione di pinoli. Il dato più importante però è che in questo lasso di tempo gli animali non sono riusciti ad adattarsi ai bruschi cambiamenti dell'ambiente naturale. Lasciamo sul tavolo le nostre tazze di tè, ormai freddo, senza finire di berle e cominciamo a prepararci per il viaggio nella taiga.  

Il sentiero del padrone di casa

L'orso in Siberia, così come nel resto della Russia, non è soltanto un orso.  Gli esperti di politica lo scelgono come simbolo della possanza della nazione, quelli di marketing come marchio regionale di grande successo, i giornalisti come pretesto per alzare l'audience del notiziario della sera, e gli abitanti delle città come spauracchio per i turisti stranieri.  Per gli zoologi, però, l'orso bruno non è altro che l'orso bruno, un grande mammifero predatore che vive in quasi tutta la fascia boschiva della Russia.   

"Come sarebbe a dire che l'orso è il padrone della taiga?", chiede sinceramente meravigliato Vladimir Kozhechkin. "Ci sono anche il ghiottone, il lupo, la lince... L'orso bruno è semplicemente il predatore più diffuso nella nostra riserva naturale". In questa fitta taiga l'orso bruno è effettivamente la specie che conta il maggior numero di esemplari. Più numerose di lui, a quanto pare, sono solo le zecche. "Ci sono molti bracconieri che cacciano gli orsi?", chiediamo. "No, non molti. Il problema, anzi, è un altro: i cacciatori di professione non danno la caccia agli orsi in misura sufficiente. Per un lungo periodo della loro storia comune, l'uomo e l'orso si sono nutriti degli stessi alimenti, si sono riparati in luoghi simili e non di rado si sono dati la caccia a vicenda. Non a caso i popoli indigeni della Siberia, e in particolare gli Evenchi, nutrivano grande rispetto per l'orso e lo chiamavano "amaka", vale a dire "nonno"; e i contadini russi che vivevano in Siberia tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo tra di loro chiamavano l'orso "il padrone di casa".  

Per loro la caccia a questo animale era un modo naturale per assicurarsi il sostentamento, ed era accompagnata da complessi rituali e da feste solenni. Quando l'uomo smise di abitare nelle foreste, la caccia all'orso divenne una delle attività più emozionanti e prestigiose, una vera "caccia al trofeo": trovarsi a tu per tu con un orso davanti alla sua tana o farlo braccare dai cani da caccia è davvero un'impresa pericolosa.  Nel XX secolo, però, e in particolare a metà degli anni Ottanta, quando in Russia fu introdotta una speciale licenza per la caccia al "padrone della taiga", i cacciatori di professione cominciarono a cacciare l'orso sempre meno spesso, e il numero dei suoi esemplari nella taiga aumentò. Oggi gli orsi migrano in massa verso i centri abitati, e negli allevamenti di bestiame uccidono capre, cavalli, mucche e maiali, spaventano i villeggianti delle dacie e gli abitanti delle città.

"La caccia è un metodo naturale di controllo della popolazione animale. È un lavoro faticoso e poco remunerativo, — osserva Vladimir. — La gente sta abbandonando le campagne: i cacciatori che sanno cacciare nel modo giusto e con dei buoni cani, dei Laika, diventano sempre di meno, e i giovani non sono attratti da questo lavoro.  In compenso, è pieno di cacciatori dilettanti "dal portafogli rigonfio". Essi non amano darsi tanto da fare con i cani: si mettono in barca, seduti in poltrona, vedono un orso che pascola su un pendio aperto, prendono la mira con il mirino ottico e lo accoppano. E questa la chiamano "caccia".

Oggi per un cacciatore comune è diventato più complicato cacciare gli orsi: la licenza per colpire il "trofeo" costa tremila rubli, e negli ultimi anni è stata vietata la caccia nei pressi delle tane, poiché tale metodo è stato considerato "disumano".  Nell'antichità tutti i popoli dell'Eurasia cacciavano l'orso bruno appostandosi alla tana, e raramente si dava la caccia a un animale in cui ci si imbatteva per caso: solo se esso sfidava il cacciatore a "duello" graffiando con le zampe il tronco di un albero. "Esci fuori, vecchietto", gli dicevano i cacciatori, chiedendogli perdono con grande reverenza, e poi, scuoiando la carcassa dell'animale, facevano finta di spogliarlo.                 

Misure di precauzione

Come gli zoologi, anche i cacciatori più esperti affermano che il modo migliore di evitare problemi con un predatore è non cercare occasioni di incontro con lui. Pertanto, se vi trovate nella taiga, osservate attentamente il folto del bosco, cercate di percepire eventuali movimenti tra i cespugli, tendete l'orecchio per sentire se si ode un ruglio in lontananza, e se l'animale è vicino, ma non si è ancora accorto della vostra presenza, allontanatevi silenziosamente e senza correre.   

L'orso bruno è davvero un predatore pericoloso, ma normalmente non cerca l'incontro con l'uomo, del quale anzi ha paura. Questo animale "diplomatico", come lo definisce Kozhechkin, sentendo il vostro rumore cercherà lui stesso di fuggire. Vi sono però situazioni in cui imbattersi in un orso può risultare fatale. Ad esempio, se vedete dei teneri orsetti dal pelo soffice (i piccoli per inesperienza possono andare a finire sull'autostrada e sui sentieri escursionistici nelle riserve e nei parchi nazionali), non correte a fotografarvi o a giocare con loro, perché mamma orsa, anche qualora si trovasse a un centinaio di metri, appena fiutato l'odore del nemico verrà di corsa a fare i conti con voi.  È sconsigliabile anche curiosare troppo nei luoghi in cui l'orso ha nascosto le sue prede: a nessuno piace spartire la cena con un estraneo. Nei mesi di giugno e luglio, in particolare, guardatevi intorno per vedere se nelle vicinanze ci sono degli orsi che si stanno accoppiando, perché, come spiegano gli zoologi, "lo stato di eccitazione e la baldanza degli animali possono divenire causa di disgrazie". Il consiglio più importante è questo: state all'erta e fate sentire che siete nel bosco (parlando, facendo rumore, emettendo risate e grida). Perché un incontro imprevisto con un orso che non si aspetta di vedervi, ad esempio tra i cespugli di frutti di bosco, potrebbe risultare fatale. Per voi.    

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