L'uomo che insegnò l'inglese ai Romanov

Lo tsarevich Alexei (al centro), insieme all’insegnante di inglese, Charles Sydney Gibbes (il secondo da destra). (Foto: Itar Tass)

Lo tsarevich Alexei (al centro), insieme all’insegnante di inglese, Charles Sydney Gibbes (il secondo da destra). (Foto: Itar Tass)

Charles Gibbes, insegnante di lingua nella famiglia dello zar, per anni seguì l’istruzione dei figli di Nicola II. Una storia di rispetto e devozione. Che lo spinse a seguire l'imperatore anche nel periodo della prigionia, prima di convertirsi in missionario ortodosso

Charles Sydney Gibbes era l’insegnante di inglese dei figli di Nicola II. Ispirato dalla gentilezza e dalla spiritualità della famiglia imperiale continuò a seguirla anche dopo che questa fu catturata dai bolscevichi. Convertitosi, divenne il primo abate inglese della chiesa ortodossa, e al suo ritorno in patria fondò una chiesa cattolica. Molti russi, quando si trovano all’estero, trovano nella fede e nella chiesa uno spunto di aggregazione sociale che li aiuta a sentirsi più a casa; l’esperienza spirituale condivisa insieme ad altri credenti alimenta infatti in loro il senso di comunità, profondamente radicato nel carattere nazionale russo. Figlio di un direttore di banca, Sir Charles Sydney Gibbes nacque nel 1876 a Rotherham, nello Sheffield. Dopo aver studiato a Cambridge prese in considerazione la possibilità di diventare prete della chiesa anglicana.

I suoi biografi fanno notare come, dietro ai modi misurati del colto gentiluomo vittoriano, Gibbes nascondesse in sé una spiccata sensibilità spirituale e l’istintiva propensione verso qualcosa che tuttavia nella chiesa anglicana non riuscì mai a trovare.

Dall’Inghilterra alla Russia imperiale

Fu forse questa propensione spirituale che indusse Gibbes a trasferirsi verso il 1901 nella Russia imperiale, con la quale non aveva mai intrattenuto alcun tipo di rapporto. Dopo essersi fatto una buona reputazione insegnando inglese ai figli di alcune famiglie nobili russe, nel 1908 fu invitato a San Pietroburgo dalla zarina Alexandra, desiderosa di migliorare le competenze linguistiche della granduchessa e dello tsarevich Alexei. Gibbes si dedicò molto al ragazzo, che era affetto da una grave malattia, e lo trattava con grande rispetto e pazienza − cosa non facile, dal momento che Alexei “seguiva esclusivamente le proprie inclinazioni e non si piegava di fronte all’autorità, accettando di sottostare solo all’imperatore”.

 
La storia del fotografo dei Romanov

Tutta la famiglia Romanov, “assai unita, religiosa e rispettosa”, accordava fiducia e rispetto al precettore di inglese, chiamato dai giovani Romanov “Sir Ivanovich”. Quella imperiale, stando a Gibbes, “era una famiglia ideale, di quelle che si incontrano molto di rado. Non avevano bisogno della presenza di altri”.

Un inglese in Siberia

I Romanov suscitavano in Gibbes sentimenti spirituali, ed egli si legò a loro al punto da non abbandonarli nemmeno nei terribili giorni della prigionia successivi alla Rivoluzione. Tra il 1917 e il 1918 li seguì infatti nei loro trasferimenti, prima a Tobolsk e poi a Ekaterinburg. Affascinato dall’umiltà e dal coraggio che la famiglia imperiale attingeva dalla fede, volle condividere il loro destino come se fosse il proprio. Tuttavia, al pari di altri collaboratori dei Romanov, Gibbes non fu ammesso a casa Ipatiev, dove la famiglia era tenuta prigioniera, e non ebbe occasione di visitare quei luoghi se non dopo la tragedia del diciassette luglio del 1918, quando la famiglia imperiale fu massacrata dai bolscevichi.

In occasione di quella visita Gibbes raccolse alcuni oggetti appartenuti ai Romanov, che avrebbe custodito alla stregua di reliquie sino alla fine dei suoi giorni. Deciso a scoprire cosa accadde quella notte, prese anche parte a un’indagine condotta mentre Ekaterinburg era sotto il controllo dell’Armata Bianca.

 
Chi uccise i Romanov?

Nella sua deposizione Gibbes diede un resoconto commovente e dettagliato della sua vita con i Romanov, e dal modo in cui descrisse ogni componente della famiglia è facile evincere quanto la loro morte lo avesse toccato. Gibbes parlò tra l’altro del sentimento di reciproca devozione che legava tra loro lo zar e la zarina: “Erano una coppia ideale, non si separavano mai. Credo che sarebbe difficile incontrare, soprattutto in Russa, una coppia altrettanto unita, dove in caso di lontananza entrambi i coniugi patiscono fortemente la mancanza dell’altro”, affermò. A proposito dell’affiatamento spirituale dei Romanov, Gibbes spiegò che Alexandra “era molto legata alla sua famiglia, e che in lei la religione veniva subito dopo”, mentre di Nicola II disse che “amava devotamente il proprio Paese, e durante la rivoluzione soffrì molto per il suo destino. Dopo la rivoluzione bolscevica divenne evidente che la sua sofferenza non era dovuta alla sua situazione personale, bensì alle sorti della Russia”.

Quando, con la presa di Ekaterinburg da parte dei bolscevichi, l’indagine fu interrotta, Gibbes trovò un altro modo per mantenere vivo il legame che lo univa ai Romanov.

Charles Sydney Gibbes insieme alla gran duchessa Anastasia, figlia di Nicola II (Foto: angelfire.com)

I voti da prete

Profondamente toccato dall’uccisione dei Romanov ma anche dal rifiuto dei loro parenti appartenenti alla famiglia reale britannica di offrire loro asilo, Gibbes si trasferì in Cina, dove trascorse quasi venti anni. Il dolore per le vicende passate, accompagnato a quello di una grave malattia che lo aveva colpito, dovettero esercitare su di lui un profondo effetto emotivo, tanto che nel 1934, ad Harbin, Gibbes entrò a far parte della chiesa ortodossa russa con il nome di Alexis, in onore dello tsarevich Alexei. Divenne in seguito monaco, diacono e prete, assumendo il nome di padre Nicola, questa volta in onore dello zar Nicola II. L’ortodossia per Padre Nicola aveva un profondo significato personale ed era indissolubilmente legata al ricordo della famiglia imperiale, che lui conservava con grande affetto. Era stato proprio il martirio dei Romanov a indurlo a cambiare drasticamente la propria esistenza. I biografi di Gibbes raccontano di come egli paragonasse la propria conversione a un “ritorno a casa dopo un lungo viaggio”. 

Tornato in Inghilterra nel 1937, padre Nicola si stabilì nel 1941 ad Oxford, dove pochi anni più tardi fondò, all’interno della sua stessa abitazione al 4 di Marston street, una cappella dedicata a San Nicola dei miracoli. Qui egli esibì molti degli oggetti rinvenuti a casa Ipatiev: l’ambiente era rischiarato dal lampadario che un tempo si trovava nella camera della granduchessa, gli stivali dello zar erano poggiati accanto all’altare e numerose icone (“alcune delle quali gli erano state donate dalla famiglia”) decoravano le pareti. Gibbes (Archimandrita Nicola) è morto nel 1963, ma la sua presenza continua ad essere molto sentita. Nel 2006, con la rifondazione ufficiale della “sua” parrocchia di San Nicola del miracoli, la comunità russa ortodossa da lui fondata ha ricevuto un nuovo impulso.

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