Leningrado durante l’assedio (Foto: Ria Novosti)
Olga Berggolts visse nella città di Leningrado durante l’assedio, trasmettendo le sue poesie via radio, per dare conforto alla popolazione. Sapere che la poetessa si trovava dall'altra parte di un microfono, barricata come loro, dava agli abitanti della città assediata qualcosa di simile alla speranza. Dopotutto, in mezzo ai bombardamenti e alla fame, lei continuava a comporre versi e a recitarli. Erano versi sulla sofferenza, la paura, l'orrore della morte, e la vita insostenibile che tutti stavano vivendo.
In un film intitolato “Dnevnye Zvyozdy” (Stelle di giorno), del regista Igor Talankin (1968) , Olga Berggolts viene ritratta mentre recita una poesia ai soldati: "Mia madre è preoccupata, addolorata/ Che cosa dovrei scrivere alla mia lontana madre?/ Come potrei rassicurarla/ mentendole forse?" Giunta alla fine della poesia, tuttavia, Olga Berggolts non ha più paura, anzi è risoluta. Decide di non proteggere la madre, bensì di dirle "la verità". La poetessa, una ragazza carismatica di poco più di trent'anni, trasmetteva le sue poesie attraverso l'unica stazione radio funzionante durante l'assedio. La sua voce grave ma carezzevole riecheggiava direttamente nelle case degli abitanti di Leningrado, dando loro conforto, in uno dei capitoli più tristi e bui nella storia della città. Ciononostante, oggi, è quasi impossibile trovare le sue poesie in lingua inglese.
Olga Berggolts traeva ispirazione ed era influenzata dalla già venerata Anna Achmatova, la quale a sua volta scrisse poesie da Leningrado e assistette alla prima raffica d’artiglieria sulla città. "Un arcobaleno di persone che correvano in giro / Poi all'improvviso tutto cambiò completamente”, scriveva Anna Achmatova. (La poesia completa è inclusa nella raccolta “Poems” di Anna Achmatova, tradotta in inglese da Lyn Coffin, con una prefazione di Josif Brodskij). Anche altre donne meno famose scrivevano poesie o tenevano un diario sul quale appuntavano ciò che stava succedendo nella città. In parte per salvarsi dalla follia, e in parte per dare un senso all’orrore che le circondava.
La poetessa Olga Berggolts (Foto: Itar Tass) |
Alcune sono state anche pubblicate in lingua inglese, come ad esempio Vera Inber con il suo "Diario di Leningrado". Vera rischiò quasi di morire di fame durante l’assedio ma riuscì comunque a descrivere la sua vita nelle pagine del suo diario. Tania Savicheva, che era solo una bambina durante l'assedio, assistette alla morte di tutti i membri della sua famiglia, e il suo straziante diario in stile telegrafico ricorda un requiem: "Zhenya è morto il 28 dicembre 1941 alle 12:00. Lo zio Lesha è morto il 10 maggio 1942 alle 16:00. La mamma è morta il 13 maggio 1942 alle 07:30... I Savichev sono morti. Tutti sono morti. Solo Tania è rimasta”. Se Tania fosse sopravvissuta all'assedio - morì di tubercolosi nel 1944 – avrebbe compiuto 84 anni quest’anno.
Olga Berggolts, come Anna Achmatova, visse giorni davvero bui ancor prima dell’assedio di Leningrado. Era incinta del suo terzo figlio quando venne arrestata dal Nkvd, i servizi segreti di allora, e perse il bambino durante gli interrogatori nel 1937. I membri della sua famiglia furono imprigionati e giustiziati, e le sue due figlie morirono prima della guerra. La sua tagliente poesia "Il processo", parla degli effetti terribili delle purghe negli anni prima dell'assedio. Le sue opere più famose composte durante il blocco, "Quaderno leningradese" e "Poema di Leningrado" sono disponibili in russo.
"E questo era secco come l'inferno", scrisse Anna Achmatova nel 1941, parlando di Leningrado. Uno dei temi che emergono nelle opere della poetessa russa, prima e durante la guerra, è il suo profondo senso di colpa per essere sopravvissuta. Per i russi divenne la loro “Musa del Pianto”. Secondo Brodskij, invece, l’Achmatova, nelle sue poesie sui morti, serbava sempre il massimo contegno e non indugiava mai troppo nei lamenti proprio nel loro rispetto. Anche le poesie di guerra di Olga Berggolts evidenziavano una grande compostezza, come se la voce contenuta fosse necessaria dinanzi a un terrore che era impossibile da capire.
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