La musica di Demutsky che piace a Bologna

Con il suo brano “The closing statement of the accused”, interpretato in Piazza Maggiore dal mezzosoprano Clara Calanna, il compositore russo ha vinto il concorso "2 agosto"

“Non bisogna mischiare la politica con l’arte. Tantomeno con la musica. Ma credo che se non fosse stato per questo testo, nessuno avrebbe parlato così tanto di me”. Trent’anni, un diploma alla scuola corale Glinka e un master al Conservatorio statale di San Pietroburgo. Tante collaborazioni internazionali e poi la conquista del primo premio al concorso di composizione “2 agosto” di Bologna che, grazie a “The closing statement of the accused”, lo ha portato sotto i riflettori dei palcoscenici italiani.

“È stato un onore salire sul palco di Piazza Maggiore. E un grandissimo piacere lavorare insieme al mezzosoprano Clara Calanna, che ha interpretato con grande potenza il mio lavoro”. Parla con voce lenta il giovane compositore russo Ilya Demutsky, raggiunto al telefono in Russia, dove è tornato dopo la breve parentesi estiva a Bologna che lo ha portato all’attenzione della critica italiana.

Nato come un inno ai diritti civili e alla libertà di espressione, il lavoro di Demutsky riporta nel suo testo in inglese un estratto delle parole usate durante il processo da Maria Alekhina, una delle componenti del gruppo punk Pussy Riot, arrestata dopo la tanto criticata performance nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca. “Quando c'è stata l’udienza io mi trovato in tour a Parigi - racconta Demutsky -. Ero sotto shock: tutto ciò mi sembrava assurdo e impossibile. Ho quindi pensato a un modo per dare il mio piccolo contributo per una cosa che ritenevo ingiusta. Non basta scendere in strada a protestare: io sono un musicista, mi sono detto, e devo usare la mia arte per comunicare al mondo ciò che penso”.

Ilya Demutsky insieme al mezzosoprano Clara Calanna, che ha interpretato a Bologna “The closing statement of the accused", componimento vincitore del premio "2 agosto" (Foto: Muchele Nucci)

Premiato per l'abilità compositiva e l'orchestrazione della partitura, oltre che per il coraggio e l'originalità del testo, Demutsky ha colto l'occasione per conoscere meglio l’Italia, un Paese che ama “non solo per le sue bellezze ma anche per la storia e la cultura che lo hanno reso grande nel mondo”.

“Avevo già visto con i miei occhi le meraviglie di Firenze e Venezia – racconta -. Ma non ero mai stato a Bologna, città che conoscevo per la rinomata fama del Teatro Comunale. È bastato poco per innamorarmi dei portici di questa città, dell’atmosfera rilassata e del vocio studentesco che anima ogni angolo. La vita ribolle ovunque, c’è sempre aria di festa”.

Il nome di Pavarotti sembra quasi scontato quando si parla di musica italiana. Ma è proprio al grande Luciano che Demutsky riserva le parole migliori quando inizia a parlare di musica: “È stato un talento senza precedenti, uno dei più grandi tenori che abbia mai sentito. Ma ricordare solo Pavarotti sarebbe riduttivo: tutta la musica italiana ha fatto la storia. La Scala di Milano, ad esempio, è per noi un tempio di musica senza eguali. Mi dispiace solamente conoscere poco la produzione musicale italiana contemporanea: sono sicuro che ci sono dei lavori interessanti anche al giorno d’oggi”. 

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