Credit: Evgenij Kondakov
A Nazran, in una piccola fabbrica con macchinari tedeschi e italiani e computer in ogni reparto, si trova il laboratorio di Achmed Shadiev. La lista degli ordini è impressionante: Cina, Germania, Canada, Israele, Spagna. In confronto, gli scambi con Komsomolsk sull’Amur, Astrakhan e Novyj Urengoj sono ordinaria amministrazione.
Un’idea assurda, al limite della legalità, ha assalito il nostro inventore: creare in Inguscezia una produzione di pelletteria di altissimo livello che, grazie alla pelle di storione e di trota, sarà anche unica al mondo. Uomini d’affari e funzionari si battono il dito alla tempia, ritenendolo pazzo.
La pelle di pesce viene lavorata da che mondo e mondo, ma da sempre si concia subito e ancora più in fretta si consuma. Lo storione e la trota sono particolarmente capricciosi, nessuno, infatti, ha mai imparato a renderli indossabili. Così, non avendone bisogno, se ne sono dimenticati. Achmed ci lavora da quattro anni e in un modo da lasciare a bocca aperta esperti dal Cile, dal Canada e dall’Italia. “Guardate qui”, mostra Galina Kotovich, moglie di Achmed, stendendo con facilità due ritagli di pelle di storione dorato e argentato. Il tessuto si tende come fosse stretch. Le squame si sollevano per poi ritornare al loro posto.
“Respira”, dice Achmed, facendo capolino dietro le spalle della moglie. Sembra un bambino che non riesce a nascondere l’ammirazione di sé.
“La casa di moda francese Hermès e la concessionaria tedesca Audi ci offrono un contratto. Per ora però io non sono in grado di fornire i volumi di pelli di cui hanno bisogno. Bisogna intensificare la produzione”, racconta Achmed e continua: “In effetti ho inventato il materiale del futuro, tecnologico e poco costoso. Chi ci ha messo gli occhi addosso lo capisce, ma fa finta: lo prendo o non lo prendo? Sembra lo facciano controvoglia, come se fosse un favore, chiedono una partita di prova per l’expertise. Non sono nato ieri, non rifiuto nessuno. La prima volta è successo con i francesi. Ho una sola condizione: fatene quel che volete ma indicate il produttore, fabbrica Shadi, Russia. Se no spariscono tutti nel nulla con la pelle!”.
È quel che è accaduto con alcuni francesi di Marsiglia. Achmed controllava dieci volte al giorno la posta, guardava nervoso lo schermo del cellulare per vedere se chiamavano. Silenzio di tomba. Poi ha letto su Internet il destino della pelle di storione: “Lione è sotto shock: la miglior pelle non si fa in Italia ma nel Caucaso”.
Così è venuto a a sapere che a Lione i soci avevano richiesto un’expertise per la partita di prova. I giudizi entusiasti e l’ordine da parte di uno sceicco saudita per degli stivali da donna avevano miracolosamente trasformato i compratori di pelle di pesce nei suoi produttori. E gli stivali di storione Made in France al prezzo di 7.000 euro sono entrati nella storia come la “pelle di pesce francese”. Così non si è mai saputo niente di Shadi. Il creatore si era sentito come un aborigeno americano che aveva scambiato un lingotto d’oro per una collanina.
“Dico io: gli altri non ci servono. Vogliamo dare il nostro nome a quel che ci appartiene: pelle di pesce russa. O caucasica. Perché allora i francesi hanno chiamato la mia pelle francese? Tutti conoscono la pelle italiana o le macchine tedesche. Allora voglio che si sappia che la pelle di pesce è mia, è caucasica”.
Credit: Evgenij Kondakov
Un matto nella grande famiglia
Sette anni fa, Achmed, per la pelle di pesce, ha lasciato i suoi affari a Volgograd, ha venduto tutto quello che poteva ed è tornato dai genitori. Nel frattempo aveva aiutato i famigliari a comprare una casa, sono quindici tra fratelli e sorelle, mentre lui è rimasto senza un tetto. I genitori hanno preso con sé la moglie e i bambini.
Il figlio, per non dare troppo fastidio ai genitori, gli ha affidato la famiglia e si è attrezzato un ufficio in un angolo abbandonato di un cortile: in quel ripostiglio, rimesso in sesto, ha installato i macchinari, sistemato i campioni di pelle di trota e di storione portati da Volgograd e ha iniziato a fare esperimenti per giorni e giorni.
Achmed lavorava la pelle dai tempi della scuola. Quando frequentava l’università di Vladikavkaz, presso la facoltà di Economia, durante le vacanze andava nel villaggio Divnoe nel territorio di Stavropol e a Rostov per imparare i segreti della pelle. Durante la perestrojka, quando la merce cinese scadente e di largo consumo sbaragliò tutti, vendeva i montoni, dilettandosi con la pelle di pesce. Ora invece per lui è diventata tutto.
“Pensavo che avrei sbrigato tutto in un paio di mesi, sei al massimo. - Achmed ride della sua ingenuità. - Chiunque in fondo può preparare la pelle di pesce. Se guardate su Internet ci sono milioni di modi e funzionano tutti. Solo che sono metodi artigianali e l’abbigliamento fatto in quel modo diventa presto inservibile. Quando ero ancora a Volgograd ho sperimentato una tecnologia industriale, perché la pelle di pesce diventasse una sorta di tessuto”.
A Volgograd tutti erano entusiasti della pelle di pesce di Shadiev e gli chiedevano: “Perché non la vende? Lei sta seduto su una montagna d’oro”. Achmed però riteneva che quella tecnologia non fosse ancora al punto giusto. Sognava che la pelle di pesce si potesse facilmente lavare e non diventasse rigida come legno compensato.
Negli anni di clausura nel bugigattolo, Achmed si è inventato 27 tipologie di produzione industriale di pelle di pesce, due delle quali, della trota e dello storione, sono le prime al mondo a essere conformi al Gost (standard di qualità obbligatori, ndr), ovvero possiedono le proprietà di un normale tessuto: la duttilità, la termoresistenza e non perdono il colore dopo il lavaggio a casa o in tintoria. Visto da fuori il materiale somiglia alla pelle di serpente, ma con proprietà “da pesce”: non assorbe quasi l’acqua e non la fa passare.
“Vi rendete conto che materiale del futuro abbiamo in mano?, - chiede Achmed -. Mentre solo il 16-18 per cento della pelle bovina è pulita ed esige una lavorazione enorme in termini di spese, quella di pesce è pulita al 90 per cento. Può diventare un esempio di produzione ecologica e senza rifiuti. L’Unione Europea, per esempio, ha approvato una legge per il riciclo obbligatorio delle pelli di pesce; il produttore paga 12 centesimi a tonnellata, perché portino via le pelli di pesce e le riciclino. In Russia invece le buttano nelle discariche dove marciscono”.
Il problema cinese
La squadra di Achmed si è ingrandita e teme seriamente che gli rubino la tecnologia.
Credit: Evgenij Kondakov
“Da un lato potrebbe sembrare una mania di grandezza - confessa il tecnologo Adam Gamberdov, - ma è meglio non escludere le minacce di imbroglioni cinesi o israeliani”. Shadiev peraltro non permette a nessuno di entrare nel luogo dove conserva le ricette della miscela speciale. È proprio lì che si cela l’essenza del know-how di Shadiev: macera nelle giuste proporzioni la pelle ripulita delle scaglie in un composto segreto che non svela a nessuno. Il resto del processo è uguale per tutti: ammorbidisce, concia e posa le pelli per la tintura in un cilindro rotante e quindi le manda al reparto per la rifinizione.
![]() |
Modelle tra frutta e vedura: guarda la fotogallery! |
Alla questione del brevetto Achmed reagisce di scatto.
“Potrei fare 54 brevetti, ma a che pro? - si stupisce Shadiev. - Se la Coca Cola avesse brevettato la sua acqua avrebbe svelato il segreto della bevanda. Dove sta l’astuzia? Creando un brevetto delle mie tecnologie devo svelarne i passaggi cruciali. Finirà tutto su Internet in un secondo. E dopo non riuscirò a dimostrare a nessuno che quel materiale è stato fabbricato con la mia tecnologia. È come per le BMW o le Mercedes cinesi, tutti capiscono che sono la copia identica degli originali tedeschi, ma basta un dettaglio o due e nessuna expertise potrà sostenere che è un furto bell’e buono”.
Achmed Shadiev riceve offerte per aprire una fabbrica di pelle di pesce dal Canada, dalla Cina e dalla Spagna, il che significa che questa lavorazione unica al mondo andrebbe all’estero tornando in patria a prezzi incredibili. Oppure gli speculatori spaccerebbero il know-how di Achmed per il loro. Così è successo di recente a Pietroburgo, dove Achmed ha visto uno showroom “Pelle di pesce da Israele”. È entrato per curiosare e ha trovato le sue pelli vendute qualche anno prima all’azienda Andrefish (i documenti che comprovano l’affare si trovano a disposizione della rivista Russkij Reporter).
Ah, la patria!
Credit: Evgenij Kondakov
Quando Shadiev ha proposto di costruire a Nazran 130-135 fabbriche per la lavorazione della pelle di pesce, hanno persino smesso di ritenerlo un folle. I funzionari e i potenziali investitori ora si nascondono e basta.
“Il motivo è che le autorità locali non sono in grado di valutare la portata di un’invenzione del genere e le prospettive di questo business”, sostiene Svetlana Coj, stilista famosa in Russia e all’estero che partecipa alla Settimana dell’Alta Moda di Parigi e New York e ha trascorso un periodo di stage presso il laboratorio di Shadiev.
Servono investimenti di miliardi e le autorità trattano questa invenzione come un oggetto di artigianato popolare, anche se il know-how di Achmed Shadiev è un punto di svolta nell’industria della moda. “È come il volo di Gagarin nello spazio; c’è sempre qualcuno che lo fa per primo e nella produzione di massa della pelle di pesce sarà colui al quale Shadiev venderà la sua preziosa tecnologia”.
L’inventore, tuttavia, per il momento resiste e continua a credere che un giorno o l’altro il marchio “Pelle inguscia” sarà il vanto della Russia.
Per leggere l'articolo in versione originale cliccare qui
Tutti i diritti riservati da Rossiyskaya Gazeta
Iscriviti
alla nostra newsletter!
Ricevi il meglio delle nostre storie ogni settimana direttamente sulla tua email