Anna Worontzoff-Weliaminoff, nota linguista e discendente di Pushkin (Foto: archivio personale)
Cosa significa essere discendenti di un grande genio della letteratura russa e mondiale come Aleksandr Sergeevich Pushkin? È un’eredità difficile da portare? Lo abbiamo chiesto ad Anna Worontzoff-Weliaminoff, nota linguista e discendente di Pushkin che, in occasione dei festeggiamenti per il 214mo anniversario della nascita del poeta, venerdì 7 giugno 2013, sarà ospite del Centro Russo di Scienza e Cultura di Roma, dove proporrà alcuni approfondimenti inediti sulla vita dei discendenti diretti in Europa del grande autore russo.
Prof.ssa Worontzoff-Weliaminoff, quanto
pesa l’eredità culturale di un avo così importante come Aleksandr Pushkin?
Moltissimo,
ed è una cosa che mi ha sempre molto sorpresa; ad esempio, i discendenti di
Dante e di Leopardi in Italia o di Shakespeare in Inghilterra non sono così conosciuti,
come invece lo siamo noi: è incredibile come l’amore che i russi hanno per
Pushkin si estenda anche ai suoi discendenti e a tutta la sua famiglia. Trovo
che sia molto bello e commovente questo affetto che hanno nei confronti di
Pushkin che, del resto, è colui che incarna meglio la cultura e lo spirito
russi.
Qual è il Paese, oltre alla Russia, che
più di tutti ama e conosce Pushkin?
In
Italia Pushkin comincia a essere abbastanza conosciuto, così come in Francia e
nei Paesi anglosassoni. Naturalmente, Pushkin soffre molto del fatto che
leggere la sua poesia in traduzione perde molto rispetto all’originale, quindi per
comprendere e amare veramente Pushkin è
necessaria la conoscenza della lingua russa e questo limita un po’ la
diffusione delle sue opere. Comunque io credo che Puushkin sia sempre più amato,
anche tra chi non ha una conoscenza diretta della lingua.
A proposito di Italia, Pushkin sognava di visitarla, ma non c'è mai stato. Che legame c’era con il nostro Paese?C’erano tantissimi legami! Ad esempio alcuni versi di Pushkin riprendono Dante; poi Pushkin amava l’Italia idealmente attraverso l’opera lirica, era un grande ammiratore di Rossini, l’amava per la letteratura, pur forse non leggendola in originale ma in traduzione francese. L’Italia era un sogno che purtroppo non si è realizzato.
Nella sua famiglia circola qualche
leggenda o qualche storia inedita in merito al grande Pushkin?
Su
Pushkin non c’è più niente di inedito e di sconosciuto. Ci sono decine e decine
di pushkinisti che hanno studiato tutto quello che si poteva studiare e che
hanno rovistato in tutti gli archivi, quindi, non esiste più nulla di inedito.
La sua famiglia conserva qualche oggetto
appartenuto al grande poeta?
No,
è stato tutto donato già dai figli di Pushkin ai musei, soprattutto all’Istituto
di Letteratura Russa “Casa di Pushkin” di San Pietroburgo. Mio padre possedeva
il sigillo della moglie di Pushkin, Natalia Goncharova, ma poi l’ha regalato al
Museo Casa di Pushkin, sulla Mojka al numero 12, a San Pietroburgo, l’ultimo
appartamento nel quale ha vissuto il poeta.
Ha visitato i luoghi legati a Pushkin?
Certamente,
ho visitato diversi musei a lui dedicati, e in Russia ce ne sono molti; poi Carskoe
Selo, il liceo nel quale studiò Pushkin e dove trascorse gli anni della
giovinezza e, soprattutto, ho avuto il piacere e il privilegio di visitare
Michajlovskoe, la proprietà nella quale trascorse gli anni dell’esilio e dove
iniziò a scrivere alcune delle sue opere più famose.
Come consiglia per tenere vivi il nome e
le opere di Pushkin in Italia e nel mondo?
Bisognerebbe
trovare dei traduttori geniali, forse anche un po’ poeti, in grado di
intraprendere nuove traduzioni di Pushkin per rendere al meglio la sua poesia.
In occasione del compleanno di Pushkin
che messaggio mandare ai lettori?
Soprattutto
di leggere Pushkin, ma anche di leggere tutta la letteratura russa e, se
possibile, di imparare la nostra bellissima lingua.
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