Lo chef calabrese Francesco Voce, da una decina di anni in Russia (Foto dall'archivio personale)
Buongustai, esigenti e disposti a spendere qualcosa in più per assaporare i veri piatti italiani anche nella terra degli zar: è questo il profilo del cliente russo che si reca nei ristoranti italiani, sbocciati come funghi nella Federazione.
Parola d’ordine: "Qualità di cibi e servizio", esordisce Francesco Voce, chef di origini calabresi trapiantato in Russia da un decennio. Il suo successo lavorativo lo deve alla preparazione professionale acquisita in Italia, condita da un pizzico di intraprendenza personale.
"Sono arrivato a Mosca nel 2002 per cucinare quattro giorni durante un banchetto e non sono più andato via. Oggi gestisco due ristoranti italiani Assaggiatore restaurant, in viale Michurinskaj, e Assaggiatore trattoria, in via Mjasnitzkaja. In realtà lavoro anche in un altro ristorante della stessa catena, ma al momento è in ristrutturazione".
La Russia rappresenta un Paese che offre grandi opportunità professionali nel settore della ristorazione, per la forte richiesta di chef italiani e internazionali. "Ci sono le condizioni per lavorare bene. Nei ristoranti di livello medio-alto, cui appartiene la maggior parte di quelli italiani, ogni chef in cucina ha a disposizione una dozzina di cuochi che lo aiutano nella preparazione dei piatti". A differenza dell’Italia, dove negli ultimi anni, "si tende a risparmiare sul personale costretto a lavorare con ritmi più serrati".
E anche la retribuzione mensile ha suoi vantaggi. In Russia lo stipendio medio di uno chef va dai 5mila ai 10mila euro, in Italia, invece, raggiunge i duemila euro.
In cambio, ai maestri dei fornelli viene chiesto di soddisfare il palato dei clienti con piatti invitanti che rispecchino i canoni della cucina proposta: menu prelibati e con ingredienti di prim’ordine. "Non si improvvisa nulla, perché nei ristoranti italiani i prezzi non sono economici e, dunque, il servizio deve essere adeguato alle aspettative", sottolinea Francesco Voce.
I clienti dei suoi ristoranti sono principalmente russi che hanno un debole per piatti a base di pesce fresco. Tra le pietanze più richieste spiccano i frutti di mare, seguiti da orate, branzini, scorfani e pesce spada. "Qui a Mosca si tende a fare le cose in grande; nell’Assaggiatore restaurant, c’è un acquario con 17 tipi di ostriche differenti e granchi reali vivi con un peso di circa tre chili l’uno".
Per la varietà gastronomica, base di menu fantasiosi, non sussistono difficoltà geografiche. Voce spiega come per i suoi ristoranti si rifornisce da due ditte di export private. Una specializzata in prodotti ittici in grado di far arrivare sulle tavole russe pesce fresco proveniente dai mari italiani, spagnoli e francesi in un massimo di 24 ore; l’altra, italiana, da cui acquista burrate, mozzarelle, frutta e verdura. Pasta, pane e dolci, sono rigorosamente fatti a mano da lui.
Insomma, impossibile avere nostalgia della cucina nostrana in Russia. Ciò che è poco diffuso, invece, è il culto dei cibi biologici, "di cui non c’è richiesta, almeno per il momento, ma prevedo un cambio di scenari in un futuro molto prossimo", sottolinea Voce.
Anche per quanto riguarda gli alimenti a chilometro zero c’è una scarsa diffusione sul mercato, probabilmente dovuta a questioni climatiche. "La maggior parte dei prodotti agroalimentari viene importata per via del gelo presente per molti mesi dell’anno. I cibi sono comunque di qualità, i russi sono molto esigenti e di conseguenza pignoli nel settore dei controlli alimentari", tiene a precisare lo chef.
Tornare in Italia per il momento è fuori da ogni programma. "A Mosca c’è letteralmente di tutto. Nel supermercato vicino casa mia, ad esempio, ho trovato dei pomodorini al forno ripieni che provengono da Crotone, e io sono proprio calabrese. Se a questo aggiungo l’ambito lavorativo in cui riscontro molta professionalità a fronte di compensi adeguati, perché lasciare questa città che mi offre una qualità di vita maggiore?", conclude interrogativo Voce.
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