Ha dell'incredibile la vicenda ferroviaria capitata a Valerij Malkov (Foto: Lori/legion Media)
Dopo aver corso di notte per 7 chilometri nella taiga per raggiungere il treno dal quale era caduto, Valerij Malkov ha condiviso la sua incredibile esperienza su Openspace.ru.
Non sono per niente un Forrest Gump. E nemmeno un eroe. Non credo che sia stato un fatto straordinario. Da noi in Siberia succede spesso. È strano soltanto che mi sia capitato da sobrio.
Erano le dieci di sera, era il secondo giorno di viaggio da Bratsk ad Aldan. Ci vado ogni due mesi per arrotondare, faccio il conducente.
Ero disteso sulla brandina, assonnato, e pensavo che mi sarei fatto una dormita come si deve; il treno sarebbe arrivato all’una del giorno dopo. Ma durante la notte non riuscivo ad addormentarmi, mi faceva male la schiena. Ho deciso allora di fumarmi una sigaretta. Sono uscito sulla piattaforma, ho finito di fumare e ho aperto in automatico la porta sbagliata. Stavo viaggiando sull’ultimo vagone e le porte erano chiuse. In sostanza ho aperto la porta e sono caduto. Il primo pensiero dopo la caduta è stato: “Alzarsi e correre”. Non ho imprecato. Non mi ero fatto un gran male, mi ero soltanto stirato una gamba e un braccio. Così mi sono alzato, mi sono dato una scrollata e ho iniziato a correre.
Ho deciso di correre in direzione del treno che si allontanava. Correvo e vedevo che i semafori sfilavano con maggiore frequenza: capivo che avevo avuto fortuna, la fermata doveva essere vicina.
Indossavo un paio di jeans, una maglietta e delle ciabatte di gomma. Erano meno 45°. Correre sui binari era scomodo, le ciabatte ogni tanto mi scappavano.
Non avevo paura degli animali. Sono cresciuto in Siberia e so che gli orsi si svegliano d’inverno soltanto se d’estate non hanno mangiato a sufficienza e questa non è stata un’estate magra. Nemmeno dei lupi avevo paura. Insomma non ero spaventato. Non pensavo al freddo o alla morte. In testa avevo un solo pensiero: “Raggiungerlo, raggiungerlo, raggiungerlo”. Ho corso per 30 minuti.
Quando sono arrivato di corsa, dopo 7 chilometri, il controllore della stazione di Rikhard Zorge mi ha guardato con gli occhi spalancati. Poi mi ha versato del tè e ha chiamato la polizia. Non mi sono messo a chiamare mia moglie. Perché allarmarla per niente? Sono sano e salvo, e tutto intero. Poi, lo è venuto a sapere dai giornali. Ha chiamato, mi ha sgridato. Ma non troppo. Poi mi ha raccontato che i giornali parlavano di me. Non abbiamo capito soltanto perché dappertutto avevano scritto che ero ubriaco. Ero sobrio.
Comunque quella notte ho ripreso il treno. Era rimasto fermo dall’una di notte alle sette e mezzo alla fermata di Nerjungri. Il sorvegliante della stazione mi ci ha riaccompagnato in macchina. Sono risalito sulla mia branda e mi sono addormentato. Mi sono svegliato di mattina e ho ripensato un pochino alla vita. Ma questa è una cosa personale.
Per leggere la testimonianza in versione originale cliccare qui
Tutti i diritti riservati da Rossiyskaya Gazeta
Iscriviti
alla nostra newsletter!
Ricevi il meglio delle nostre storie ogni settimana direttamente sulla tua email