Com’è vivere in una casa di plastica? Gli esperimenti edilizi sovietici con i nuovi materiali

Dominio pubblico
Negli anni Sessanta a Leningrado e a Mosca vennero costruiti dei prototipi di palazzi usando solo componenti plastici: vetroresina, polistirene e polimeri vari. Il condominio nella capitale fu abitato per oltre vent’anni e, a quanto pare, non era assolutamente peggiore di quelli in cemento armato

La prima casa in plastica dell’Urss fu progettata dall’architetto Aleksej Shcherbenok e dall’ingegnere Leonid Levinskij che volevano verificare la possibilità di usare i materiali plastici per l’edilizia di massa. La plastica costava meno dei materiali tradizionali, assicurava una maggiore velocità di costruzione e quindi avrebbe dovuto garantire un consistente risparmio. Si trattava di un progetto già sperimentato da alcuni ingegneri occidentali.

Il primo piano della costruzione, a sezione rettangolare, era in vetromattoni. Dentro vi si trovavano le tubazioni e gli impianti di riscaldamento e ventilazione. 

Sopra la “base” fu posizionata una “scatola” con le dimensioni di 7.2 x 6,7 metri, composta da 28 sezioni. Ogni sezione era composta da due strati di vetroresina con in mezzo uno strato di polisterene espanso. Questo “sandwich” aveva lo spessore 14 cm. Secondo gli specialisti, dal punto di vista dell’isolamento termico, questi 14 cm equivalevano a due metri di mattoni tradizionali. Un metro quadrato di questi pannelli pesava 70 kg, mentre un metro quadrato del muro esterno di una normale casa in muratura pesava almeno 600 kg. 

Dentro la scatola, c’era un monolocale con soggiorno (dove però c’era anche il letto), bagno e cucina. Per accedere, bisognava usare una scala esterna che conduceva direttamente al piano rialzato.

La casa era disabitata, soltanto gli specialisti venivano di tanto in tanto per valutare le condizioni dell’edificio e la sua resistenza agli agenti atmosferici. L’esperimento durò 3 anni, ma non portò ai risultati desiderati. Sebbene le pareti in plastica avessero resistito al gelo e alle piogge, l’impianto di riscaldamento non garantiva una distribuzione uniforme del calore, e i termosifoni ingombravano la stanza. Inoltre, la manutenzione di questa avveniristica costruzione costava più di quella delle tipiche “khrushchjovki”. Di conseguenza, l’esperimento fu interrotto e la casa fu smantellata. Oggi, passa una strada nel punto dove sorgeva.

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Più tardi, a Mosca, fu intrapreso un altro tentativo di usare la plastica nell’edilizia residenziale. Nel 1963, nel 4° Vjatskij pereulok (vicolo) fu costruito il primo edificio in plastica a cinque piani. La tecnologia era simile a quella delle case prefabbricate dei tempi di Khrushchev, solo che al posto del cemento armato si usavano pannelli in materiale polimerico, aventi lo spessore di 10 cm. La carcassa portante era coibentata con polisterene espanso e tutto l’edificio era rivestito con pannelli in vetroresina. I giunti tra i pannelli erano coibentati con lana di vetro. Le pareti così strutturate tenevano il caldo due volte meglio rispetto ai pannelli in cemento armato. Negli appartamenti, anche i mobili erano in plastica. Erano incassati in pareti mobili che, all’occorrenza, si potevano spostare, cambiando la configurazione delle stanze.

La casa fu abitata per più di vent’anni, fino al 1985. Poi fu deciso di ricostruirla, ma alla fine, dopo circa dieci anni di rinvii, l’edificio fu demolito. 

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