Perché i bambini sovietici evocavano gli spiriti?

Kira Lisitskaya (Foto: SergejNivens/Getty Images; Pixabay)
Pushkin, Tsoj, Esenin, la Dama di picche e lo “gnomo bestemmiatore”: ecco soltanto alcuni degli “spiriti” che i bambini sovietici evocavano durante le loro sedute. Nel XX secolo, in Russia, le tradizionali pratiche divinatorie assunsero una forma molto particolare

“A casa tengo sempre molte candele. Viene mio nipote e mi dice: ‘Nonna, dacci delle candele, andiamo a parlare con Tsoj’ [il cantante rock Viktor Tsoj, morto nel 1990; ndr]. Io gli faccio: ‘Chiedetegli quanto vivrò’. Loro l’hanno domandato a Tsoj. ‘Fino a 85 anni’, ha risposto. Ora ne ho 82, quindi ho ancora tre anni di vita”. A parlate è Olga Nikitina, contadina della regione di Vologda, nata nel 1924, in una intervista del 2006 realizzata da Andrej Toporkov e Anastasija Ajdakova durante una spedizione etnografica.

Il fenomeno dell’evocazione degli spiriti da parte dei bambini apparve nella società sovietica nel XX secolo. Secondo le testimonianze disponibili, le prime sedute spiritiche dei ragazzi risalgono agli anni Quaranta, e negli anni Sessanta questa pratica era orami ampiamente diffusa in tutta l’Urss. La moscovita Anna, che negli anni Ottanta viveva a Costantina, in Algeria, dove suo padre insegnava all’università locale, ricorda che il gioco di “evocazione del diavoletto” era noto a tutti i bambini sovietici che in quel periodo si trovavano in Algeria insieme ai loro genitori, che lavoravano come diplomatici o docenti universitari.

“I genitori di tutti noi lavoravano all’università, pertanto noi bambini – russi, armeni, moldavi, ecc. – giocavamo sempre insieme. Tutti, naturalmente, parlavano la lingua russa per cui, quando si tornava in Algeria dopo le vacanze estive in Urss, tutti venivano con le loro storie dell’orrore, tanti racconti dall’umorismo nero e nuovi rituali di magia. Sì, i demoni fra noi erano molto popolari”, racconta Anna.

Quali “spiriti” si evocavano?

È probabile che le sedute di “evocazione” siano nate come reazione del popolo alla politica dei bolscevichi che misero al bando le tradizionali pratiche religiose e mistiche. Negli intenti del potere sovietico, la tradizionale divinazione, praticata dalle ragazze per sapere con chi e quando si sarebbero sposate, come anche la Notte di Ivan Kupala (festa slava con radici pagane, riconducibile al solstizio d’estate) dovevano restare nel passato, come anche i riti della Chiesa ortodossa. Così, gli adolescenti cominciarono a “evocare”. I bambini stessi spesso usavano le parole “evocazione” e “divinazione” come sinonimi. “Abbiamo divinato di notte, tutti insieme, per evocare la Dama di picche. Quando l’abbiamo vista, abbiamo subito coperto lo specchio con un fazzoletto per  farla scomparire quanto prima, tanto faceva paura”, disse l’undicenne Olga, intervistata dalla ricercatrice Natalja Urvanzeva.

Chi si evocava? Gli esseri evocati erano tanti. Come scrive la Urvanzeva, “la formazione del moderno folclore dei bambini è influenzata dal folclore tradizionale, dai libri, dai mass media e dalla cultura mediatica”. Quindi, cominciando con Pushkin e la sua “Dama di picche”, si andava poi a evocare tutta una serie di personaggi, tra cui il Domovoj (spiritello della casa), Cenerentola, la Sirenetta, Cappuccetto Rosso, Karlsson sul tetto, Baba Jaga, nonché famosi personaggi storici (Caterina la Grande, Napoleone, Lenin, Stalin), scrittori e poeti – da Gogol e Lermontov, a Esenin, a Majakovskij e Dostoevskij. Negli anni Novanta, si evocavano il cantante Viktor Tsoj, tragicamente scomparso, e il popolare presentatore della tv Vlad Listjev, ucciso da un killer nel 1995.

Tra i personaggi più spesso evocati, c’erano lo “Gnomo bestemmiatore” (“Gnom-matershinnik”) e la “Vecchia bestemmiatrice” (“Starushka matershinnitsa”). A detta dei bambini, li evocavano, perché volevano vedere questi esseri correre su e giù per la stanza, gridando parolacce. In  questo caso, ovviamente, i ragazzi volevano sentirsi parte della cultura “adulta”, a loro proibita, perché gli adulti avevano il diritto di usare parole oscene e loro no.

Come si evocava?

I metodi di evocazione erano tanti, ma tutti avevano degli elementi in comune. Come scrive Natalja Urvanzeva, “ai fini di sicurezza, i divinatori dovevano rispettare determinate regole di comunicazione con il mondo dell’Aldilà che, a loro volta, derivavano da una serie di norme e divieti consolidati nel tempo”.

Condizioni particolari

Le sedute si tenevano di notte, all’insaputa degli adulti, nelle  ore “proibite”, quando i bambini avrebbero dovuto dormire. Se l’evocazione si praticava di giorno, i ragazzi si chiudevano in una stanza e coprivano le finestre con le tende per creare un’atmosfera mistica.
Durante l’evocazione si osservavano alcuni divieti. Per esempio, quando veniva evocata la Dama di picche, non si poteva parlare. In altre circostanze, era proibito ridere, accendere le luci, muoversi, ecc.

Tecniche di evocazione

Lo specchio. Per evocare Cenerentola, sullo specchio si disegnava con il rossetto una scala e, sotto, la scarpetta di Cenerentola. Quando, invece, si evocava la Dama di picche, sullo specchio veniva disegnata una casetta, dalla quale la dama doveva “uscire”. Se dopo l’evocazione (“Dama di picche, vieni!”) sullo specchio comparivano delle “increspature” o delle “macchie di luce”, si riteneva di aver “comunicato” con il personaggio evocato. Un’altro metodo era mettere sul tavolo due specchi, uno di fronte all’altro, con in mezzo delle candele accese. Poi si evocava, guardando tra gli specchi.

Ago e carta. Su un foglio di carta veniva disegnato un cerchio con numeri, lettere e le parole “sì” e “no”. Al centro del cerchio era disegnato un diavolo. Nell’ombelico del diavolo veniva conficcato un ago con un pezzo di filo. Facendo poi oscillare l’ago sospeso al filo, i bambini evocavano il diavolo, “aiutandolo” a rispondere alle loro domande.

Il piattino. Un piattino veniva posizionato al centro del cerchio con numeri e lettere. I bambini toccavano i bordi del piattino con le estremità delle dita, il piattino cominciava a girare. Questa tecnica era conosciuta in Russia già nell’Ottocento, quando le sedute spiritiche erano un popolare gioco di società.

Cibo rituale. In molti casi i bambini offrivano agli “spiriti” dei dolci per adescarli. “Bisogna divinare di notte in una stanza buia. Sullo specchio bisogna mettere un pezzo di cioccolato e poi dire: ‘Gnomo, gnomo, vieni!’. Lo gnomoverrà. Se sarà di colore rosso, si può esprimere un desiderio buono. Se lo vedi nero, è rabbioso”, spiegava Svetlana, bambina di 10 anni di Kondopoga, nella Repubblica di Carelia.

Perché si evocava?

L’evocazione era certamente un gioco, allegro ma che faceva anche paura. Tuttavia, i bambini più grandi, di 11-12 anni, volevano davvero sapere il loro futuro. Molti bambini erano già abbastanza grandi per capire che la seduta di evocazione non era altro che un gioco, che l’ago veniva fatto oscillare da chi teneva in mano il filo e che per scongiurare la paura lo specchio veniva coperto prima che si riuscisse a vedere almeno qualcosa. Eppure, parecchi bambini stavano al gioco, facendo credere ad altri che lo “gnomo” o il cantante Tsoj si fossero davvero materializzati.

“Volevamo evocare lo Gnomo. Stando al buio, bisognava pronunciare degli incantesimi. Se alla fine dal rubinetto fosse uscita dell’acqua, ciò avrebbe significato che lo Gnomo era venuto da noi”, ricorda Veronika di Samara. “Allora, con una mia amica, ci siamo chiuse nella stanza da bagno e abbiamo cominciato a pronunciare gli incantesimi. Io, di nascosto, ho aperto il rubinetto; l’acqua ha cominciato a uscire. L’amica si è spaventata a morte, è scoppiata in lacrime ed è andata via di corsa. Io, dopo, ho provato una grandissima vergogna”.

Eppure, molti bambini continuavano a partecipare a queste “sedute spiritiche” fino a quando ne restavano completamente delusi. In un certo senso, però, l’eco delle pratiche evocative è viva ancora oggi. Per esempio, molti studenti universitari, in vista degli esami, fanno sporgere dalla finestra il loro libretto universitario, invocando il voto buono, mentre nella società anglosassone è tuttora popolare il gioco della Tavola ouija, modellato sulla seduta col piattino.


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