Come una falla nella metropolitana di Leningrado per poco non fece crollare la città

Sergej Smolskij/TASS; Nikolaj Naumenkov/TASS
Tutta San Pietroburgo sorge su isole. E costruire una metropolitana in queste condizioni è un compito molto difficile. In una occasione gli ingegneri hanno fallito, un tunnel si è allagato, e il terreno ha cominciato a cedere, portando con sé vie e palazzi

L’8 aprile del 1974 rischiò di trasformarsi in tragedia. Gli operai addetti alla costruzione della metropolitana di Leningrado stavano scavando un tunnel, quando improvvisamente cominciò a entrare acqua. Ben presto la pressione sfondò anche il tunnel già attivo, con i treni pieni di passeggeri. La galleria si riempì rapidamente di acqua e sabbia. Erano le 4.30 del pomeriggio. Con grande difficoltà, tutti furono salvati. Ma questo era solo l’inizio.

Un cocktail di acqua, sabbia e ghiaccio

L’incidente avvenne tra le stazioni Lesnaja e Ploshchad Muzhestva. Come ben presto si è saputo, l’incidente si verificò a causa della fretta eccessiva. Le autorità volevano che l’apertura delle nuove stazioni della metropolitana coincidessero con la data di inizio del XXV Congresso del Pcus, in programma a inizio 1976. Tuttavia, gli ingegneri sapevano che non sarebbe stato facile: c’erano molti elementi instabili nel terreno, tra cui pericolose fessure nella roccia riempite di acqua e sabbia. 

Per realizzare un tunnel, era necessario consolidare il terreno melmoso, o passare più in basso. La tecnica scelta fu di congelare il terreno e scavare in esso, per poi consolidare. Per guadagnare tempo, si era infatti deciso di passare direttamente attraverso l’antico letto di un braccio della Neva, il cosiddetto Kovenskij razmyv, una zona caratterizzato da quello che in russo è detto “plyvún”, ossia il “sottosuolo melmoso”.

Ovviamente, gli ingegneri erano consci della pericolosità di questo metodo. Supporti di emergenza in cemento armato dello spessore di 3 metri ciascuno erano stati previsti per proteggere le altre stazioni della metropolitana. Ma, nel momento critico, si rivelarono insufficienti. L’esplosione di acqua fu così potente che i supporti non funzionarono. In poche ore, un cocktail di acqua, sabbia e ghiaccio riempì il tunnel con oltre 45.000 metri cubi di materiale.

Ma ecco la parte peggiore: dopo una perdita così importante di acqua sotterranea, che si era riversata nei tunnel in costruzione, si formarono dei vuoti nel terreno. La terra iniziò a sprofondare, trascinando con sé tutto ciò che si trovava in superficie, ovvero le strade di San Pietroburgo.

A causa della cosiddetta subsidenza, nel mezzo delle strade si formò una cavità delle dimensioni di 400 per 200 metri, della profondità di 3 metri. Molte strade intorno al luogo dell’erosione rimasero danneggiate: in via Politekhnicheskaja l’asfalto saltò e i binari del tram si ruppero, l’edificio amministrativo della fabbrica “Krasnyj Oktjabr” crollò, molti altri edifici del quartiere si inclinarono pericolosamente. Enormi edifici nel centro della città rischiarono di crollare. Su questi eventi è stato persino girato nel 1986 un film catastrofico, intitolato “Proryv” (“La falla”).

Che fare?

Dopo l’incidente, Metrostroj iniziò a pensare a come sistemare la situazione. Per fermare li crolli in superficie, la soluzione fu semplice: il sottosuolo venne riempito con altra acqua.

Ma l’idea di costruire un tunnel in questo luogo non venne abbandonata. C’erano due opzioni: costruire un nuovo tunnel con la stessa direzione del precedente, ma al di sopra o al di sotto di quello allagato e delle acque sotterranee, per eliminare il rischio di inondazioni; oppure aggirare la falda acquifera, ma in questo caso sarebbe stato necessario costruire da zero una nuova stazione della metropolitana.

Alla fine si scelse la prima opzione. Il nuovo tunnel doveva essere direttamente sopra il vecchio. Per evitare un altro incidente, il terreno in quel punto fu congelato non con un’attrezzatura criogenica come la prima volta, ma con azoto liquido. Tra l’altro, si trattava di un materiale strategico piuttosto raro all’epoca, per questo motivo fu fatto arrivare da tutta l’Unione Sovietica: in totale furono utilizzate più di 8 mila tonnellate di gas liquefatto. Dopo il congelamento del terreno, fu costruito uno scudo intorno al tunnel, che proteggeva anche le pareti del tunnel dall’erosione.

La stazione fu riaperta nel 1975. Nei primi anni, il tunnel fu strettamente monitorato per notare immediatamente qualsiasi deviazione dalla norma: i treni e le pareti erano coperti da sensori e i treni viaggiavano lungo i binari in questa tratta a bassa velocità. Ma nel 1984 gli ingegneri si convinsero che il pericolo era superato e rimossero tutte le restrizioni all’esercizio.

Il problema ritorna

Il problema del 1974 si riaffacciò all’inizio degli anni Novanta: nella sfortunata linea ferroviaria sotterranea apparvero acqua e sabbia. Si scoprì che l’impermeabilizzazione era fallata.

I passeggeri delle carrozze notavano che i treni viaggiavano nell’acqua melmosa. Ce n’era così tanta che le pompe sotterranee non riuscivano a gestire il flusso. Per evitare un nuovo incidente, gli specialisti della metropolitana decisero di chiudere la stazione prima nei fine settimana e la sera nei giorni feriali. Tuttavia, anche questa soluzione non risolse il problema: l’acqua continuava a entrare sempre di più. 

Gli ingegneri avevano commesso un errore costruendo il nuovo tunnel sopra quello vecchio: il tunnel inferiore subiva una pressione aggiuntiva quando i treni passavano in quello superiore. Di conseguenza, il nuovo tunnel iniziò a collassare nel vecchio.

Nel 1995, il tunnel fu nuovamente chiuso e le aree residenziali a nord rimasero tagliate fuori dalla città; senza metropolitana.

Si decise di costruire un terzo tunnel, a 200 metri di distanza dal vecchio e 20 metri più in alto. I treni hanno iniziato a percorrerlo nel 2004. Per ora, per fortuna, non si segnalano problemi.


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