Così la polizia sovietica si oppose all’esercito nazista

Poliziotti sovietici. Per tutto il periodo di esistenza dell’Urss la polizia si chiamava “militsija” (milizia). Ha cambiato nome, diventanto “politsija”, già nella Russia post sovietica, nel marzo 2011

Poliziotti sovietici. Per tutto il periodo di esistenza dell’Urss la polizia si chiamava “militsija” (milizia). Ha cambiato nome, diventanto “politsija”, già nella Russia post sovietica, nel marzo 2011

Foto d'archivio
Sulla carta, tra le forze della milizia dell’Urss, armate alla leggera per i normali incarichi di ordine pubblico, e quelle della Wehrmacht, supportate da artiglieria e aviazione, non doveva esserci storia. Eppure, nei primi giorni dopo l’invasione ci furono incredibili esempi di tenacia e resistenza

Dopo l’inizio dell’invasione tedesca, la polizia (ma allora si chiamava “milizia”) dell’Urss dovette affrontare molti compiti per lei nuovi ma di importanza cruciale, come individuare i sabotatori tedeschi nelle retrovie delle truppe sovietiche, dare la caccia a renitenti e disertori, prevenire atti di sciacallaggio ed evitare il panico. 

Nel contempo, continuava ad assolvere le sue funzioni tradizionali, perché la guerra provocò, sia nelle città che nelle campagne, un’ondata di delinquenza che doveva essere arginata e combattuta.

Un poliziotto sovietico

Molti poliziotti furono arruolati nell’Armata Rossa o andarono a combattere come volontari. Parecchi furono affidati alle truppe dell’Nkvd (Commissariato del popolo per gli Affari Interni), al quale la polizia (milizia) faceva capo. Queste truppe provvedevano alla sicurezza delle frontiere, delle retrovie dell’esercito, delle ferrovie, delle aziende strategiche e dei luoghi di detenzione. Non di rado però i poliziotti furono direttamente coinvolti nei combattimenti.

Tuttavia, non sempre gli agenti di polizia combattevano nel quadro di grandi formazioni militari, dopo aver seguito l’addestramento e aver ricevuto armi adeguate. Talvolta dovettero, letteralmente, lasciare la loro scrivania per prendere in mano le poche armi che avevano come, appunto, pistole, fucili e bottiglie incendiarie.

Poliziotti in prima linea

Gli uomini del dipartimento della polizia di Brest poco prima dell’inizio della guerra

Nelle prime ore della guerra, gli agenti della polizia ferroviaria della città di Brest, al confine occidentale dell’Urss, affrontarono coraggiosamente i tedeschi di fronte alla stazione ferroviaria della città per consentire l’evacuazione dei civili. Oltre agli agenti della polizia ferroviaria, le forze della difesa, comandate dal  tenente capitano Andrej Vorobjov, includevano anche dei militari della 17a Unità delle Guardie di frontiera di Brest e del 60° reggimento fucilieri dell’Nkvd dell’Urss (quest’ultimo preposto alla sicurezza dell’infrastruttura ferroviaria).

“C’era gente dappertutto, scoppiavano i proiettili, tutt’attorno divampavano le fiamme”, ricordò in seguito il poliziotto Nikita Jaroshik. “Fra i passeggeri è scoppiato il panico. Vorobjov ha ordinato di evacuare in via prioritaria le donne e i bambini. Una parte dei poliziotti è stata mandata alla stazione per garantire l’ordine durante la partenza. Quello fu l’ultimo treno che riuscì a partire. Quand’è partito, Vorobjov ha ordinato di raccogliere tutte le armi e munizioni, comprese quelle confiscate in precedenza, e di organizzare la difesa del ponte Occidentale”.

Il tenente capitano Andrej Vorobjov che comandò le operazioni di difesa della stazione ferroviaria di Brest durante l’attacco della Wehrmacht

I poliziotti respinsero alcuni attacchi dei tedeschi prima di essere costretti a ritirarsi verso l’edificio della stazione. Pochi minuti dopo l’edificio fu completamente bloccato. I poliziotti dovettero ripararsi nelle gallerie sotterranee della stazione, dalle quali continuarono a sparare per altri due giorni.

Quando l’edificio fu incendiato, fu deciso di lanciare un contrattacco. Il 25 giugno i combattenti riuscirono a sfondare le linee tedesche e a trarsi in salvo, seppure con grosse perdite. Vorobjov andò di corsa verso la sua casa, dove aveva lasciato la famiglia, ma il suo arrivo fu subito segnalato alla Gestapo dal proprietario dell’appartamento. Il poliziotto fu catturato, interrogato e poi fucilato.

Resistenza a oltranza

Alti ufficiali della polizia di Mosca al poligono di tiro militare

Per sei giorni, dal 13 al 18 luglio del 1941, 250 uomini del battaglione di polizia, comandato dal tenente Konstantin Vladimirov, bloccarono l’avanzata dei tedeschi nei pressi della città di Mogilev, nella parte orientale della Bielorussia. 

Il battaglione era stato formato in fretta e aveva poche armi. Parecchi combattenti non erano altro che cadetti delle accademie di polizia di Minsk e Grodno, giovanissimi e inesperti. Eppure, per i tedeschi, questo battaglione di polizia si rivelò un osso duro.

“Il battaglione ha respinto sei attacchi delle forze avversarie che avevano dalla loro la superiorità numerica e il supporto dell’artiglieria, dei mortai e degli aerei”, riferì il tenente Vladimirov il 17 luglio. “Abbiamo eliminato circa 400 soldati e ufficiali di Hitler. Le nostre perdite: 118 combattenti, sergenti e comandanti; tra i sopravvissuti la metà è ferita. Nel corso del settimo attacco il nemico ha occupato il villaggio di Staroe Pashkovo. Intendo contrattaccare con tutte le forze disponibili per ristabilire la situazione. Potrò resistere ancora per 10-12 ore”.

Il tenente Konstantin Vladimirov, i cui uomini bloccarono l’avanzata dei tedeschi nei pressi della città di Mogilev, nella parte orientale della Bielorussia

L’ultimo combattimento del battaglione è datato 18 luglio. Quel giorno caddero il comandante del battaglione e quasi tutti i combattenti che eran riusciti a sopravvivere nei primi giorni. Soltanto pochissime persone riuscirono a salvarsi, aderendo in seguito all’Armata Rossa o entrando nei gruppi partigiani.

Frustrati dall’accanita resistenza dei sovietici, i tedeschi vietarono ai contadini locali di avvicinarsi ai corpi dei caduti con divisa di colore blu scuro. Gli abitanti dovettero seppellire i corpi segretamente, di notte.

A fianco dell’Armata Rossa

Insieme all’esercito regolare, i poliziotti parteciparono alla difesa di Riga, Tallinn, Leopoli, Kiev, Dnepropetrovsk e di molte altre città. Nell’agosto-settembre del 1941, nel corso dei combattimenti a Kingisepp, caddero quasi tutti i combattenti del Reggimento operaio di Narva, interamente costituito dagli agenti della polizia estone.

A Sebastopoli, in Crimea, quando la città era già assediata dai tedeschi,  per nove mesi (dalla fine di ottobre del 1941 al luglio del 1942) la polizia locale individuò e liquidò i sabotatori, gli agenti tedeschi che aiutavano l’artiglieria a colpire, i banditi e i saccheggiatori. Durante gli ultimi giorni della difesa, quando la polizia e quel che restava della guarnigione militare della città si stavano ritirando verso il capo Chersoneso, i poliziotti parteciparono ai combattimenti strada per strada. Proprio allora fu ucciso il capo della polizia di Sebastopoli, il capitano Vasilij Buzin.

La polizia sovietica (sovetskaja militsija) nel 1942

Il maresciallo Vasilij Chujkov, che svolse un ruolo cruciale per la difesa di Stalingrado, così giudicava il ruolo svolto in quel periodo dalle forze dell’ordine: “Come partecipante di questa battaglia, che non ha precedenti nella storia, voglio rilevare il coraggio, la tenacia, la fermezza e l’autocontrollo, dimostrato dalla milizia di Stalingrado durante la difesa della città. Sotto gli incessanti colpi dei bombardamenti aerei, dell’artiglieria e dei mortai, i poliziotti facevano uscire dalla città i civili e li evacuavano sull’altra sponda del Volga, spegnevano gli incendi, garantivano la sicurezza dei beni pubblici e di quelli dei cittadini, e assicuravano l’ordine. È difficile sopravvalutare il ruolo di queste persone durante l’attraversamento del fiume da parte delle truppe, giunte per aiutare i difensori della città… Nei momenti critici, quando il nemico riusciva a inoltrarsi nelle nostre linee difensive, i poliziotti si mettevano in trincea, impugnando le armi…”.

Nel corso della guerra contro la Germania nazista e i suoi alleati, la milizia sovietica e le truppe dell’Nkvd persero in battaglia 159 mila uomini.

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