Chi e perché fu privato della cittadinanza sovietica ed esiliato dall’Urss?

Kira Lisitskaya (Foto: Aleksandr Erokhin/TASS; Dominio pubblico)
Oggi i cittadini russi non possono essere privati della cittadinanza né del diritto di acquisirne un’altra. Questo principio è sancito dalla legge e dall’articolo 6 della Costituzione. Ai tempi del comunismo, invece, la cittadinanza veniva strumentalizzata ai fini della lotta al dissenso. Ecco gli “esuli” più noti

Lev Trotskij (1879-1940) 

Lev Trotskij: il fondatore dell’Armata Rossa fu ucciso in Messico da un sicario di Stalin, Ramón Mercader

Uno dei fondatori dell’Urss, Lev Trotskij era entrato in conflitto con Stalin già negli anni Venti (con i primi dissapori ai tempi della Guerra Civile), e alla fine perse la sua battaglia politica. Nel 1927 venne espulso dal partito, un anno dopo, nel 1928, fu confinato ad Alma-Ata, nella Repubblica Socialista Sovietica Kazaka. Stalin gli intimò di cessare ogni attività politica. Quando l’ultimatum fu respinto da Trotskij, l’Ufficio politico del partito decise di esiliarlo all’estero. 

Nel febbraio del 1929, Trotskij, insieme alla moglie e al figlio, viene portato a Istanbul da alcuni agenti dell’Ogpu (il Direttorato politico dello Stato). Il 20 febbraio 1932, la “Pravda” pubblica la delibera del Comitato esecutivo centrale dell’Urss, a firma del presidente del Comitato Mikhail Kalinin, con la quale a Trotskij e i membri della sua famiglia viene tolta la cittadinanza sovietica per la loro “attività controrivoluzionaria”. All’ulteriore destino di Trotskij abbiamo dedicato un articolo a parte.

LEGGI ANCHE: Perché Stalin ordinò di uccidere Lev Trotskij? 

Aleksandr Solzhenitsyn (1918-2008)

Gli abitanti di Magadan danno il benvenuto in aeroporto allo scrittore Aleksandr Solzhenitsyn, rientrato in Russia dopo vent’anni di vita all’estero

Formatosi come comunista, Aleksandr Solzhenitsyn già da giovane decise di dedicarsi all’attività letteraria. Poco prima dell’inizio della guerra si iscrisse come fuorisede alla facoltà di letteratura. Dopo lo scoppio della guerra si arruolò nell’esercito. Proprio nell’esercito Solzhenitsyn cominciò ad avere una visione critica dell’operato di Stalin, esprimendo questi dubbi in alcune lettere a un suo amico. Queste lettere furono la causa del suo arresto. Solzhenitsyn trascorse 8 anni in un campo di prigionia e poi 3 anni in esilio. Nel 1957 fu riabilitato.

I primi racconti di Solzhenitsyn, pubblicati in Urss ai tempi di Khrushchev, erano ispirati dalla sua esperienza di detenuto. Con Brezhnev, tuttavia, i suoi libri vennero messi al bando. Solzhenitsyn si impegna nell’attività pubblica; i suoi libri, bloccati dalla censura, si diffondono tramite il Samizdat. Nel 1970 vince il premio Nobel. Malgrado la stretta sorveglianza da parte del Kgb e alcuni tentativi di avvelenarlo, lo scrittore si rifiutava categoricamente di emigrare.

LEGGI ANCHE: Libri, quei samizdat contro la censura che cambiarono la storia 

All’inizio del 1974 i vertici dell’Urss decidono di privare Solzhenitsyn della cittadinanza e di esiliarlo all’estero. L’esilio comincia il 12 febbraio 1974. Dopo Solzhenitsyn, vanno all’estero anche i membri della sua famiglia, mentre in Urss comincia la distruzione fisica delle copie stampate dei suoi libri. Successivamente, nel 1990, la cittadinanza sovietica viene restituita a Solzhenitsyn, che tornerà in Russia nel 1994. Lo scrittore è morto nel 2008 a Mosca.

LEGGI ANCHE: I libri a lungo proibiti che hanno reso Solzhenitsyn immortale 

Viktor Korchnoj (1931-2016)

Il gran maestro internazionale di scacchi Viktor Korchnoj (o Kortschnoi, come lui stesso si firmava dopo essere divenuto cittadino svizzero), impegnato in un torneo di scacchi

Genio degli scacchi, ma ribelle di carattere, Viktor Korchnoj già da giovane era in conflitto con le regole della società sovietica, come ha ammesso lui stesso in un suo libro autobiografico. Nonostante ciò era pluricampione dell’Urss e uno dei più forti scacchisti del mondo. Nel 1966 le autorità sovietiche proposero a Korchnoj di prendere la cittadinanza di un altro Paese, ma egli si rifiutò. “Così ho perso undici anni di vita umana”, se ne rammaricò in seguito.

Nel 1974, nella finale del Torneo dei candidati, Korchnoj perse contro Anatolij Karpov (il vincitore avrebbe dovuto sfidare Bobby Fischer, allora campione mondiale di scacchi). La finale fu disputata a Mosca, e il sostegno dei “capi” a Karpov era palese: basti dire che la sala era piena di clacchisti che applaudivano ogni mossa di Karpov e ignoravano Korchnoj. Ciò non sorprende, considerando la lealtà di Karpov nei confronti delle autorità e la struttura gerarchica dello sport in Urss. Dopo l’incontro, Korchnoj criticò duramente sia Karpov, sia il Comitato per lo sport dell’Urss. E lo fece tramite la stampa jugoslava! Dopo ciò, per un anno fu privato della possibilità di giocare all’estero. 

Alla prima occasione, dopo la revoca del divieto, Korchnoj si recò in Olanda, dove chiese asilo politico. Alla fine l’asilo gli venne accordato dalla Svizzera, dove Viktor Korchnoj ha vissuto il resto dei suoi giorni. 

Nel 1978 lo scacchista fu privato della cittadinanza sovietica, “prendendo in considerazione che Korchnoj V.L. commette sistematicamente delle azioni che non sono compatibili con la cittadinanza dell’Urss, danneggiando con il suo comportamento l’immagine dell’Unione Sovietica”. Sebbene nel 1990 la cittadinanza gli fosse stata restituita, come anche a molti altri “nevozvrashchenets” (persone che avevano preferito non tornare dall’estero in Urss) e dissidenti, Korchnoj si rifiutò di tornare a vivere in Russia. Alcune volte però partecipò in Russia a tornei di scacchi.

LEGGI ANCHE: Korchnoj e la finale di scacchi più pazza della storia, con parapsicologi e maestri di yoga a dare manforte 

Joseph Brodsky (1940-1996)

Joseph Brodsky. Il poeta, negli Stati Uniti ha insegnato per circa 25 anni storia della letteratura russa e teoria del verso in vari atenei, tra cui  l’Università di New York e la Columbia University

Iosif Brodskij (ma lui preferiva essere chiamato all’inglese, Joseph Brodsky), il secondo premio Nobel di questo nostro elenco, fu privato della cittadinanza sovietica nel 1972. Ne abbiamo parlato in dettaglio in un altro articolo.

LEGGI ANCHE: Joseph Brodsky: perché il poeta fu costretto dalle autorità sovietiche a vivere in esilio? 

Come funzionava la macchina dell’esilio?

Nel 1921 il Consiglio dei Commissari del Popolo approvò il decreto “Sulla privazione dei diritti di cittadinanza di alcune categorie di persone residenti all’estero”. In conformità a questo documento, la cittadinanza della Repubblica Socialista Sovietica Russa (Rsfsr) veniva tolta a tutti coloro che continuavano ad avere la cittadinanza dell’Impero russo, alle persone che risiedevano all’estero da oltre cinque anni e non si erano rivolte alle missioni consolari sovietiche per rinnovare i documenti, nonché alle persone che prestavano servizio negli eserciti e nelle polizie dei Paesi esteri. Nel 1928, su proposta delle ambasciate sovietiche all’estero, 16 persone, residenti in Paesi diversi, furono private della cittadinanza per le loro “attività antisovietiche”.

Futuri emigranti in fila all’ambasciata degli Usa in Unione Sovietica

A partire dal 1938, in conformità alla Legge “Sulla cittadinanza dell’Urss”, la procedura richiedeva la sentenza del tribunale o poteva essere intrapresa in via eccezionale dal Presidium del Soviet Supremo dell’Urss. Nel 1958 la questione fu esclusa dall’ambito giudiziario, pertanto la revoca della cittadinanza divenne una misura prettamente politica. 

L’articolo 18 della nuova Legge “Sulla cittadinanza dell’Urss” (1978) sanciva che i cittadini potevano essere privati dei diritti di cittadinanza per “azioni che screditano l’onorevole status di cittadino dell’Urss e danneggiano l’immagine e la sicurezza nazionale del Paese”. La ricercatrice Elena Ponizova rileva che “questa formula lasciava spazio alle decisioni arbitrarie degli organismi politici e dei funzionari dello Stato”.

Moscoviti che desiderano emigrare dall’Urss si informano sulle regole per l’ottenimento dei documenti presso il consolato dello Stato di Israele

Nella storia dell’Urss furono privati della cittadinanza sovietica non soltanto decine di dissidenti, che non accettavano la politica dello Stato, ma anche molti scrittori, filosofi, registi e artisti che diffondevano idee che andavano contro la linea ideologica del partito comunista. Il più delle volte si punivano persone che già si trovavano all’estero, alle quali si toglieva così la possibilità di tornare in patria e, quindi, di ricongiungersi con le loro famiglie. 

Immigrati in Israele provenienti dalla Russia in fila all’aeroporto di Tel Aviv

Il 15 agosto del 1990 Mikhail Gorbachev firmò il decreto “Sull’abrogazione dei decreti del Presidium del Soviet Supremo dell’Urss sulla revoca della cittadinanza dell’Urss relativamente ad alcune persone residenti all’estero”. Con questo documento la cittadinanza venne restituita a tutti coloro che ne erano stati privati per motivi politici nel periodo 1966-1988.


LEGGI ANCHE: Un cittadino sovietico poteva emigrare all’estero? 

Cari lettori, 

a causa delle attuali circostanze, c’è il rischio che il nostro sito internet e i nostri account sui social network vengano limitati o bloccati. Perciò, se volete continuare a seguirci, vi invitiamo a: 

  • Iscrivervi al nostro canale Telegram
  • Iscrivervi alla nostra newsletter settimanale inserendo la vostra mail qui
  • Andare sul nostro sito internet e attivare le notifiche push quando il sistema lo richiede
  • Attivare un servizio VPN sul computer e/o telefonino per aver accesso al nostro sito se risultasse bloccato nel vostro Paese

Per utilizzare i materiali di Russia Beyond è obbligatorio indicare il link al pezzo originale

Questo sito utilizza cookie. Clicca qui per saperne di più

Accetta cookie