Parata militare sulla Piazza Rossa
Georgij Petrusov/МАММ/МDF/russiainphoto.ruPraticamente fin dal momento della sua fondazione l’Unione Sovietica si preparò a una nuova guerra mondiale che, secondo i dirigenti del Paese, era inevitabile. Si riteneva che il conflitto con l’Occidente capitalistico sarebbe stato cruento e senza compromessi.
Secondo la dottrina militare sovietica di quel periodo, l’Armata Rossa doveva fermare il nemico già nel corso dei primi combattimenti nelle zone di confine, passare alla controffensiva su tutto il fronte e, infine, ottenere la vittoria definitiva, garantendo con ciò la possibilità di “lavoro pacifico della grande famiglia multinazionale dei popoli”.
Esercitazioni militari dell’Armata Rossa
Aleksandr Ustinov/russiainphoto.ru“Ad ogni aggressione da parte del nemico, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche risponderà con tutta la potenza demolitrice delle sue Forze armate…”, si leggeva nel Regolamento di servizio dell’Armata Rossa del 1939. “Se il nemico ci imporrà una guerra, l’Armata Rossa degli operai e dei contadini attaccherà come nessun altro esercito ha mai attaccato. Condurremo una guerra offensiva, portando le ostilità sul territorio del nemico. Per l’Armata Rossa sarà una guerra di sterminio, finalizzata alla totale disfatta del nemico”.
Per il Paese, sopravvissuto alla devastante Guerra civile e all’intervento militare da parte di potenze estere, modernizzare le sue Forze armate era un compito di estrema importanza, ma di enorme difficoltà. La riforma e il riarmo dell’esercito diventarono possibili soltanto dopo l’inizio del processo di industrializzazione, avviato dall’Urss nel 1929.
Le truppe sovietiche svolgono un’esercitazione militare
Archivio di Andrej Malygin/russiainphoto.ruA causa dei problemi economici, nell’Armata Rossa per molti anni fu applicato il principio delle milizie territoriali: le persone soggette all’obbligo del servizio militare seguivano un breve corso di addestramento nella località dove abitavano, mentre i militari di carriera (in prevalenza, comandanti di vario grado) erano pochi. Nella seconda metà degli anni Trenta fu creato l’esercito regolare, definitivamente sancito dalla Legge sull’obbligo del servizio militare, approvata nel 1939.
Quando scoppiò la Seconda guerra mondiale, il 1º settembre 1939, l’Armata Rossa contava 1,9 milioni di uomini, entro l’inizio dell’aggressione nazista contro l’Urss, il 22 giugno 1941, gli effettivi erano stati portati a 5 milioni di persone. Venivano rapidamente create nuove unità e raggruppamenti. In particolare, il numero di divisioni aumentò da 98 a 303. Questa rapida crescita comportò dei seri problemi organizzativi, provocando una carenza di comandanti, accompagnata dal peggioramento delle loro qualità professionali.
La parata militare sulla Piazza Rossa
Emmanuil Evzirikhin/МАММ/МDf/russiainphoto.ruUn colpo assai doloroso fu inflitto all’Armata Rossa anche dalle purghe staliniane del 1937-1938 che, in varia misura, investirono decine di migliaia di persone. Entro la primavera del 1939 erano ancora vivi soltanto due dei primi cinque Marescialli dell’Unione Sovietica.
Le conseguenze del “Grande terrore” si fecero sentire con forza durante la Guerra d’inverno contro la Finlandia (1939-1940) che si rivelò difficilissima per le truppe sovietiche. Dopo questa guerra nelle Forze armate si fecero molte nuove nomine, i comandanti precedentemente arrestati, fra cui anche Konstantin Rokossovskij, diventato in seguito Maresciallo dell’Unione Sovietica, furono liberati e reintegrati nell’esercito.
Parata militare sulla Piazza Rossa, in occasione del XX anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, nel novembre 1937
Museo Statale della Storia russaNegli anni precedenti alla guerra si produssero in massa gli armamenti per l’Armata Rossa. Nel periodo compreso tra il 1939 e 1941, il numero di carri armati crebbe da 10 a 25 mila (compresi i modelli da addestramento), quello degli aerei da combattimento da 5 a 14 mila, i pezzi d’artiglieria sono passarono da 34 a 91 mila. “La blindatura è robusta, e i nostri carri armati sono veloci” si cantava nella canzone “Marcia dei carristi sovietici”, composta per il film “I trattoristi” del 1939.
Tra le nuove armi che le truppe ricevettero in dotazione c’erano il fucile semiautomatico Tokarev (SVT-40), la pistola mitragliatrice Shpagin (PPŠ), un cannone da 76 mm per l’artiglieria divisionale, un obice da 122 mm, un cannone antiaereo da 85 mm, il carro armato medio T-34, il carro pesante KV-2, aerei da caccia Yak-1 e MiG-3 e il bombardiere Pe-2.
Carri armati sovietici durante il trasporto ferroviario verso il fronte
Arkadij Shajkhet/russiainphoto.ruLEGGI ANCHE: Con quale fucile mitragliatore i sovietici vinsero la Seconda guerra mondiale?
Tuttavia, entro l’estate 1941 la percentuale dei moderni armamenti nell’esercito era ancora molto bassa e per di più, non di rado, scarseggiavano anche armi di generazioni precedenti. “Durante la marcia guardavo con amarezza i nostri vecchi T-26, BT-5 e i pochi esemplari del BT-7, in quanto capivo che non sarebbero stati in grado di resistere a lunghi combattimenti. Per non dire che anche di questi carri armati ne avevamo soltanto un terzo di quello che avremmo dovuto avere in dotazione”, ha ricordato Konstantin Rokossovskij, che nei primi giorni dell’operazione “Barbarossa”, lanciata dai tedeschi, comandava il 9° Corpo meccanizzato.
Quando iniziò il conflitto, l’aeronautica dell’Urss, alla quale si destinava fino al 40% di tutte le risorse comprese nel budget militare, già disponeva di moderni aerei da caccia MiG-3 e LaGG-3 che, dal punto di vista delle loro caratteristiche, erano allo stesso livello degli aerei della Luftwaffe. Tuttavia la produzione di questi modelli era appena cominciata, pertanto la schiacciante parte degli aerei da combattimento, nel 1941, era di tipo obsoleto.
Ispezione tecnica a un aereo militare sovietico
Evgenij Khaldej/МАММ/МDF/russiainphoto.ruUn grande ruolo per il rafforzamento della capacità difensiva la ebbe l’esperienza acquisita alla fine degli anni Trenta nel corso dei conflitti con Giappone e Finlandia, dopo i quali il comando militare decise una serie di misure. In particolare, dopo la Guerra d’Inverno, in Urss, fu moltiplicata la produzione di mortai e di armi automatiche, la cui importanza in precedenza era sottovalutata.
L’Armata Rossa, con i suoi milioni di uomini armati, doveva affrontare l’avversario al confine, in postazioni preparate in anticipo. Nel 1928, in Bielorussia, Ucraina, nella regione di Pskov e in Carelia, fu avviata la costruzione di cosiddetti “distretti” fortificati che in seguito furono soprannominati la “Linea Stalin”.
Una porzione fortificata della cosiddetta “Linea Stalin”, una discontinua linea di fortificazioni sovietiche che si stendeva alle spalle della vecchia frontiera con la Polonia del 1939, da Odessa fino al confine con la Finlandia, davanti a Leningrado
BundesarchivOgni distretto era formato da una rete di opere fortificate situate nei punti dove si prevedeva che fosse possibile l’avanzata del nemico. I militari, dislocati in questi appostamenti, avevano in dotazione mitragliatrici, cannoni anticarro e speciali cannoni da caponiera.
Questa “Linea Stalin” aveva la lunghezza di 1.835 km, il doppio della Linea Maginot francese, rispetto alla quale, però, aveva un numero molto più basso di opere fortificate. La distanza fra i singoli distretti escludeva in pratica ogni possibilità di coordinamento.
Dopo l’annessione all’Urss delle regioni occidentali dell’Ucraina e della Bielorussia nel 1939, e degli Stati baltici nel 1940, la frontiera dell’Urss fu spostata di centinaia di chilometri verso Ovest. La costruzione di “Linea Stalin” fu interrotta e si procedette alla conservazione delle opere fortificate.
Soldati tedeschi all’esterno di un bunker sulla Linea Stalin, distrutto con cariche esplosive, luglio 1941
Mondadori/Getty ImagesFu avviata la costruzione di nuove opere fortificate lungo la nuova frontiera, ma quando iniziò l’invasione ne erano state edificate non più del 20%, pertanto non potevano in alcun modo impedire l’avanzata dei nazisti.
Invece le “vecchie” opere fortificate ben presto tornarono utili. I militari sovietici che difendettero i distretti creati in precedenza lungo la “Linea Stalin”, con la loro resistenza, anche quando durò pochi giorni, dettero agli altri la possibilità di ritirarsi e di non finire accerchiati.
I soldati del distretto di Sebezh, nella regione di Pskov, resistettero per ben dieci giorni. La resistenza si spense soltanto quando i tedeschi aggirarono i sovietici. Il distretto della Carelia fu uno dei principali capisaldi della difesa di Leningrado, fino alla rottura dell’assedio nel 1944. Proprio in Carelia si arenò l’avanzata delle truppe finlandesi.
Un T-26, un carro armato leggero sovietico da supporto alla fanteria, prende fuoco dopo essere stato colpito
Foto d’archivioMalgrado l’intensità dei preparativi (nessuno in Urss dubitava che uno scontro con la Germania nazista fosse inevitabile), molti problemi restavano irrisolti.
L’Armata Rossa sulla carta sembrava forte, avendo superato la Germania per il numero di carri armati e di aerei da combattimento. Tuttavia molte unità dell’esercito non avevano questi mezzi in quantità sufficienti. Scarseggiavano anche i mezzi di trasporto e questo limitava fortemente la capacità di manovra.
Parecchie unità militari entrarono in guerra senza aver ricevuto il debito addestramento. C’era pure una carenza di sottufficiali, perché le scuole militari non erano semplicemente in grado di soddisfare le esigenze di un esercito che cresceva rapidamente. Infine, vanno segnalati i problemi, catastrofici, che riguardavano i radiocollegamenti, l’organizzazione, il comando e il controllo.
Un ХТ-130, carro lanciafiamme sovietico, distrutto, e un T-34, 1941
Foto d'archivioI dirigenti dell’Urss erano consapevoli di questi problemi e cercavano di rinviare, di almeno un anno, l’inizio del conflitto. Le guardie di confine e le unità dislocate lungo la frontiera ricevettero l’ordine di “non cedere alle provocazioni”.
Già in febbraio 1941, parlando con il vice Commissario del popolo per la difesa Kirill Mereckov, Stalin aveva osservato: “Evitare la guerra fino al 1943 certamente non ci sarà possibile. Saremo coinvolti contro la nostra volontà. Non è escluso però che fino al 1942 potremo restarne fuori”.
Proprio il 1942 era l’anno in cui si voleva portare a termine le attività di riorganizzazione e di riarmo dell’esercito, dell’aeronautica e della marina dell’Urss. Il Paese, che nel 1941 stava ancora portando avanti le riforme, aveva bisogno di più tempo, ma non lo ebbe.
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