Progetto Ikhtiandr: così venne sperimentata la prima casa subacquea in Urss

M.Turovskij/TASS
I primi esperimenti sulla vita sott’acqua in Unione Sovietica, sulla spinta di quelli di Jacques-Yves Cousteau in Occidente, furono condotti in Crimea da un gruppo di sommozzatori dilettanti di Donetsk

“Le prime 24 ore sott’acqua. Vicino si vedeva uno scoglio, ricoperto da una sorta di giunga sottomarina. Là sotto la vita brulica. Il granchio Mitka si era annidato in una nicchia. A volte emergeva dal suo nascondiglio, strisciava flemmaticamente sulla roccia e masticava qualcosa. Poi è scesa la notte. In un oblò o nell’altro brillavano dei lampi che altro non erano altro che scariche elettriche di semplici microrganismi”, così scriveva nell’agosto 1966 l’acquanauta dilettante Aleksandr Khaes, che visse nella prima casa sottomarina dell’Urss.

Gli anni Sessanta in Unione Sovietica sono stati segnati dalla sete di esplorare non solo lo Spazio, ma anche le profondità sottomarine. I pionieri di questa attività sono stati i sommozzatori di Donetsk, il cui entusiasmo fu alimentato dalle informazioni sugli esperimenti di successo dell’esploratore francese Jacques-Yves Cousteau (1910-1997). Nel 1962 Cousteau calò a dieci metri di profondità, sul fondale di fronte a Marsiglia, la prima casa subacquea al mondo, la “Précontinent I” (o “Conshelf I”), soprannominata anche “Diogène” perché per la forma rimandava alla celebre botte del filosofo greco. Nel 1963, con il progetto “Précontinent II”, costruì un vero e proprio villaggio scientifico sul fondale del Mar Rosso, e infine nel 1965 una casa subacquea fu calata nel mare di Saint-Jean-Cap-Ferrat, non lontano da Nizza (“Précontinent III”). 

Un mucchio di rottami metallici e l’entusiasmo per l’acciaio inossidabile

Se in Occidente la creazione e i test delle case subacquee erano affidati a professionisti, in Urss i primi tentativi furono fatti da dilettanti: i membri del club subacqueo “Ikhtiandr”, che prendeva il nome dal protagonista del romanzo dello scrittore fantasy sovietico Aleksandr Beljaev “L’uomo anfibio”, pubblicato nel 1928, da cui nel 1962 era stato tratto un omonimo film.

La casa subacquea iniziò a essere assemblata nell’autunno del 1965. Le lastre di ferro – le future pareti – furono fornite dall’Istituto di meccanica mineraria e cibernetica tecnica di Donetsk. Un vecchio compressore, che serviva per riempire le bombole dei subacquei con aria compressa, venne trovato rotto all’aeroporto e riparato. I sommozzatori disponevano solo di una centrale elettrica dismessa, ma anche questa risultò utile. 

Ikhtiandr-66

La prima casa subacquea dell’Urss aveva la forma di un piccolo hangar con il tetto ad arco, la superficie era di 6 metri quadrati e poteva ospitare due persone. All’interno c’erano due cuccette una sopra l’altra, un tavolo con telefono, apparecchiature di controllo e mediche, un bagno. Quattro oblò offrivano una visione d’insieme. La ventilazione forzata venne progettata in modo che gli acquanauti potessero anche fumare all’interno. L’elettricità, l’acqua dolce e l’aria dovevano essere pompate dalla costa tramite tubi e cavi, mentre il cibo – una razione giornaliera di 5.000 kcal – doveva essere consegnato ai residenti da altri sommozzatori. 

Il 5 agosto 1966, la casa fu portata a Capo Tarkhankut, in Crimea. I fondali locali erano all’epoca ben esplorati: qui sono state rinvenute antiche anfore e oggetti domestici sciti. I sommozzatori allestirono un campo di tende per un centinaio di persone sul promontorio. Ingegneri e soccorritori erano in servizio sulla riva per garantire l’esperimento. I medici avrebbero condotto ricerche sulla respirazione, la circolazione, il metabolismo e le reazioni mentali dei subacquei. I cineoperatori erano lì per riprendere il momento storico. Gli acquanauti erano tre. 

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“Con precisione chirurgica”

Un primo tentativo di calare la casa a 11 metri di profondità venne fatto il 19 agosto, utilizzando cinque blocchi di cemento da una tonnellata e mezza, ma i piani furono vanificati da una tempesta di tre giorni che disperse i blocchi nella baia. Il 23 agosto fu effettuato il secondo tentativo, che ebbe successo. La casa fu trainata fino al sito di immersione con due ore di faticoso lavoro di remi, visto che il motore della barca si era guastato. 

Ikhtiandr-66

Il primo abitante della casa fu Aleksandr Khaes, presidente del club dei sommozzatori e chirurgo, che fu accompagnato fino all’ingresso della casa subacquea dalla collega Zhora Tunin. Khaes trascorse le prime 24 ore da solo.

“Per tutta la notte la casa ha oscillato. Diverse volte mi sono svegliato in preda al terrore: perdevo il senso dell’orientamento, a volte mi sembrava che i cavi stessero per strapparsi, di dover correre verso l’uscita, ma dov’è, da che parte? E poi dove avrei cercato la roccia sotto la quale si trovava l’attrezzatura subacquea di emergenza? Ogni volta chiamavo la base con ansia, ma la voce sicura ripeteva invariabilmente: ‘Sasha, va tutto bene…’. Ora tutti i dubbi erano alle spalle. L’esperimento, il nostro esperimento, era stato un successo…”, così si legge in un articolo pubblicato nel 1976 dalla rivista “Vokrug Sveta” (ossia: “Intorno al mondo”), che riproduceva un estratto del diario di Aleksandr Khaes. 

Alle 7.30 del mattino del 24 agosto, Khaes venne visitato dai medici per un controllo e alle 8.30 scese un “cameriere” con la colazione, che lo portò anche a fare un’immersione subacquea. La sera lo raggiunse Dmitrij Galaktionov, un ingegnere di Mosca. Il 26 agosto il pioniere fu sostituito da Jurij Sovetov, un minatore di Donetsk.  

Prima di riemergere, Khaes fu sottoposto a desaturazione, cioè a una procedura per rimuovere l’azoto dal corpo inalando una miscela di ossigeno ed elio e poi ossigeno puro. Durante la risalita, a sette metri di profondità, Hayes si fermò per la prima volta per 20 minuti. A tre metri dalla superficie, un altro stop. Le pause sono previste per la decompressione, ovvero l’eliminazione graduale dell’azoto in eccesso dal corpo. In 60 minuti, dopo tre giorni di vita subacquea, il primo acquanauta sovietico tornò in superficie vivo e in perfetta salute.

Il giorno successivo, il 27 agosto, si scatenò una tempesta. Alle 8 del mattino i medici riuscirono a scendere e a controllare gli indicatori di salute di Galaktionov e Sovetov, ma alle 14 si decise di interrompere l’intero esperimento.

Al ritorno a Donetsk, il team del progetto Ikhtiandr ricevette una tardiva lettera dalla Federazione sovietica degli sport subacquei che vietava l’esperimento. Ma visto che ormai era stato condotto, qualche mese dopo la stessa Federazione conferì ai subacquei un diploma d’onore. 

I successivi sviluppi dell’Ikhtiandr 

L’“Ikhtiandr-66” dette inizio a una serie di esperimenti dei sommozzatori di Donetsk con case subacquee. Il 28 agosto 1967, sempre in Crimea, nella baia Láspinskaja, vicino a Sebastopoli, a 12 metri di profondità venne calata la “Ikhtiandr-67”, una casa di quattro stanze progettata per cinque persone, con cucina, camera da letto, bagno e laboratorio. Gli acquanauti – e ora pure le acquanaute – vissero a turno sott’acqua per un totale di 14 giorni. Testarono le reazioni dei loro corpi in condizioni innaturali e portarono con sé anche cavie: topi da laboratorio, un coniglio e un gatto. E fu messo a dura prova anche il loro sistema nervoso: per due volte ci furono infiltrazioni d’acqua nella casa, che nel secondo caso fu inondata a metà!

Ikhtiandr-67

L’ultima casa Ikhtiandr fu calata in mare nel 1968, sempre nella baia Laspinskaja. Lo scopo dell’esperimento era la ricerca geologica: non lontano dalla casa sul fondo era attivo un impianto di perforazione, manovrato dagli stessi acquanauti. Il progetto venne annullato dopo 4 giorni a causa di una tempesta. Fu l’ultimo esperimento di questo gruppo di sommozzatori amatoriali sovietici. 

Nel 1970, a Capo Tarkhankut è apparsa una targa che commemora la prima casa sottomarina con la scritta “Guarda avanti e non guardare indietro”. E nel 2006, quarant’anni dopo l’esperimento, sono apparse tre placche a scacchi bianchi e neri che simboleggiano la forma del secondo Ikhtiandr. 


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