Il “Kashchenko”: storia del più celebre ospedale psichiatrico di Mosca

Ludmila Pakhomova/TASS
Anche se dal 1994 è di nuovo chiamato “Alekseev”, tutti usano il vecchio nome degli anni sovietici. Fondato a fine Ottocento, è sempre stato caratterizzato da un approccio umano nei confronti dei malati, e qui furono vietate fin dall’inizio le camicie di forza e le sbarre alle finestre

Con la crescita di Mosca, l’Ospedale Preobrazhenskaja (la prima clinica psichiatrica cittadina) non bastava più per curare tutti i pazienti. Questo fatto destava molta preoccupazione tra gli psichiatri, che chiesero aiuto a Nikolaj Alekseev, “gorodskój golová”, “podestà” (o “sindaco”), della città. Nel 1889 il primo cittadino organizzò una raccolta fondi per risolvere questo problema. All’inizio, Alekseev voleva solo espandere l’Ospedale Preobrazhenskaja, ma poi decise che Mosca aveva bisogno di una seconda clinica con 300 nuovi posti letto.

Nikolaj Alekseev (1852-1893), imprenditore e benefattore, fu primo cittadino di Mosca dal 1885 al 1893 

Una commissione di psichiatri e funzionari cittadini, guidata proprio da Alekseev, decise di costruire la nuova clinica sul territorio dell’ex tenuta Beketov. A metà del XIX secolo, il mercante Kanatchikov aveva acquistato queste terre e le aveva chiamate “Kanátchikova dacha” (“dacia di Kanatchikov”), nome che poi rimase attaccato all’ospedale stesso a livello popolare. Il famoso psichiatra Viktor Butske (1845-1904) progettò la futura clinica: doveva essere un complesso di padiglioni a due piani distanti tra loro ma uniti con passaggi caldi per i medici. Questo complesso aveva una forma a “U” ed era diviso in due metà: maschile e femminile. I dipartimenti erano situati ai lati dell’edificio amministrativo centrale. Il progetto lasciò molto spazio libero sul territorio, poiché Butske capì che il complesso sarebbe stato molto probabilmente ampliato in seguito.

Lo psichiatra Viktor Butske, che progettò l’ospedale psichiatrico oggi intitolato ad “Alekseev” e fu primario della struttura dall’inaugurazione al 1903

La costruzione iniziò nel 1890. La prima metà del complesso in mattoni rossi e bianchi entrò in funzione nel 1894 e, due anni dopo, fu inaugurata la seconda. Negli anni successivi, la clinica venne ampliata con reparti extra (ad esempio, quello per persone con malattie croniche). È notevole che praticamente tutti i soldi per l’edificio siano stati donati da ricchi moscoviti chiamati a raccolta da Nikolaj Alekseev. Il sindaco, ironia della sorte, fu ucciso con un colpo di pistola il 9 marzo 1893 proprio da una persona con disturbi mentali. Il nuovo ospedale venne intitolato in sua memoria.

L’edificio amministrativo dell’Ospedale psichiatrico “Alekseev”

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Quando l’ospedale fu aperto, Viktor Butske ne divenne il primario. Lo psichiatra era un sostenitore del sistema “senza restrizioni”. Ecco perché le camicie di forza non vennero usate nell’ospedale Alekseev: i medici avvolgevano i pazienti aggressivi in lenzuola bagnate per calmarli. Butske capì che l’atmosfera contava. Ogni dipartimento aveva il suo giardino. Tutti i reparti erano ben arredati, tranne quelli per gli agitati che potevano essere violenti. Si assicurò sempre che tutto il personale rispettasse i malati e fosse gentile con loro. All’inizio, l’ospedale utilizzava alcune stanze di isolamento e aveva sbarre alle finestre nei reparti dei pazienti violenti, ma anche queste misure erano già scomparse completamente nel 1903.

Una stanza nel reparto femminile dell’Ospedale psichiatrico Alekseev

Man mano che il numero dei pazienti cresceva, Butske decise di far vivere e lavorare alcuni dei malati fuori dalla clinica e organizzò un sistema di patronato. Nel 1900 iniziò a trasferire alcuni pazienti in famiglie che vivevano nei villaggi vicino a Mosca (ad esempio Troparjovo e Beljaevo, che ora fanno parte della metropoli). Naturalmente, il personale ospedaliero continuava a supervisionare tali pazienti. Butske era convinto che il patronato sarebbe andato bene: mentre lavorava all’ospedale Preobrazhenskaja, un suo amico fu dichiarato affetto da un disturbo mentale incurabile. Il dottore lo mise in una famiglia di contadini e questo lo aiutò molto a combattere la malattia.

La sala da biliardo nel reparto dei malati cronici

Alla fine del 1903 Butske (che, gravemente malato, sarebbe morto pochi mesi dopo) fu sostituito alla guida dell’ospedale da un altro straordinario psichiatra: Pjotr Káshchenko (1859-1920). Il nuovo primario continuò a sviluppare le idee del sistema “senza restrizioni”. I pazienti furono anche autorizzati a ricevere visitatori. Uno dei medici ricordò che Lev Tolstoj (1828-1910) una volta era stato lì a trovare qualcuno. Kashchenko fece del suo meglio per togliere lo stigma ai pazienti con disturbi mentali e per farli socializzare. Aveva già una certa esperienza nell’applicazione della terapia del lavoro e, nel 1905, fu costruito un nuovo edificio nel complesso ospedaliero per laboratori e spettacoli.

Il laboratorio di cucito nel reparto femminile

Quando scoppiò la Rivoluzione russa del 1905, Kashchenko organizzò brigate mediche per aiutare i rivoluzionari feriti. A quel tempo, era troppo rispettato per essere punito per le sue opinioni politiche. L’amministrazione sovietica in seguito onorò il medico per le sue gesta: nel 1922, due anni dopo la sua morte, i bolscevichi ribattezzarono l’ospedale “Alekseev” in onore di “Kashchenko”, anche se nel 1907 era partito per San Pietroburgo. Sfortunatamente, durante il periodo sovietico, la gente aveva paura degli ospedali psichiatrici (usati spesso come mezzo di repressione politica), e così il nome del grande medico ricevette associazioni negative.

Durante la Seconda guerra mondiale, l’ospedale “Kashchenko” curò anche soldati con lesioni craniocerebrali. A causa della carenza di farmaci, venivano spesso trattati con la terapia dell’elettroshock, un metodo al centro di controversie scientifiche, sebbene la sua efficacia sia dimostrata.

Pjotr Kashchenko (1859-1920), il grande psichiatra di cui l’ospedale portò il nome dal 1922 al 1994

In epoca sovietica, nell’ospedale psichiatrico furono ricoverati alcuni personaggi famosi. Joseph Brodsky (1940-1996), ad esempio, vi trascorse un po’ di tempo tra il 1963-1964 per sottoporsi a una visita psichiatrica. Il poeta non aveva un lavoro ufficiale ed era stato accusato di “parassitismo sociale”. Brodsky insistette sul fatto che scrivere poesie fosse un vero lavoro, ma il tribunale non fu d’accordo. Gli amici del poeta speravano che l’esame l’appello lo salvasse dalla pena, ma così non fu: nel marzo del 1964 Brodsky fu condannato ai lavori forzati nella zona di Arcangelo (990 km a nord-est di Mosca) e, in seguito, dovette emigrare. Nell’Ospedale Kashchenko, Brodsky scrisse una poesia oscura e senza speranza intitolata “Novyj god na Kanatchikovoj Dache” (“Capodanno a Kanatchikova Dacha”).

Joseph Brodsky nella regione di Arkhangelsk nel 1965

Anche il famoso bardo e cantante sovietico Vladimir Vysotskij (1938-1980) trascorse del tempo all’Ospedale psichiatrico Kashchenko per curare il suo alcolismo. Ha descritto la vita dei pazienti in una canzone umoristica intitolata “Lettera alla redazione del programma televisivo ‘Ovvio-Incredibile’ dal manicomio ‘Kanatchikova Dacha’”. C’è un dettaglio interessante: Vysotskij canta che il capo medico di nome Margulis ha vietato di guardare la tv in ospedale. Si tratta di un personaggio immaginario. Il vero primario all’epoca era Valentin Morkovkin, che in seguito si lamentò di aver fatto molto per la psichiatria sovietica (aveva pubblicato molti lavori scientifici e diretto quell’ospedale dal 1964 al 1987), ma di essere diventato noto solo come medico che aveva cercato di aiutare Vysotskij.

Il cantante e attore Vladimir Vysotskij

Nel 1994, l’ospedale è stato ribattezzato “Ospedale clinico psichiatrico Alekseeev”. Al giorno d’oggi, ha numerosi dipartimenti, cliniche e persino una stazione radio chiamata “Zazerkalje” (“Attraverso lo specchio”) e gestisce corsi di educazione psichiatrica. I principi della libertà e del rispetto sono ancora rispettati. E anche se il nome dell’ospedale è tornato a essere “Alekseev”, la gente lo chiama ancora comunemente “Kashchenko” come in epoca sovietica.


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