Quando è che la Russia è diventata indipendente?

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Nella storia c’è stato un solo episodio in cui il Paese è rimasto a lungo sotto il controllo di una potenza straniera

Pur subendo gravi sconfitte e perdendo guerre, la Russia ha sempre mantenuto la sua indipendenza. Solo l’invasione tataro-mongola è stata un’amara eccezione per i russi.

Alla fine del 1922, la parola “Russia” scomparve poi dalla mappa politica dell’Europa. Questa volta però fu per un atto completamente volontario: il Paese divenne il nucleo fondante dell’Unione Sovietica, creata ufficialmente il 30 dicembre 1922.

La Russia che il mondo conosce oggi è emersa il 12 giugno 1990. La data viene celebrata ogni anno da milioni di russi come “Giorno della Russia” (in russo: “День России”; “Den Rossii”).

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Il giogo mongolo

A metà del XIII secolo, i mongoli marciarono con il fuoco e la spada attraverso il territorio della Russia, che a quel tempo era in uno stato di frammentazione feudale. Uno per uno, la maggior parte dei principati russi furono conquistati dai discendenti di Gengis Khan.

Per più di due secoli, la Russia cadde in una dipendenza politica ed economica dai mongoli. Nonostante il fatto che i conquistatori non mantenessero guarnigioni permanenti nelle città russe, qualsiasi disobbedienza alla volontà dei khan o rifiuto di pagare i tributi veniva immediatamente seguita da brutali misure punitive. I sovrani mongoli decidevano poi quali principi russi potessero governare, e anche chi avrebbe vissuto e chi sarebbe stato ucciso.

Durante il periodo del cosiddetto giogo tataro-mongolo (in russo: “татаро-монгольское иго”; “tàtaro-mongolskoe igo”) i più potenti dei principati russi combatterono tra loro per occupare una posizione dominante in Russia. Esprimendo una sottomissione esteriore agli stranieri, aumentarono la loro influenza e ampliarono il più possibile i territori. Era un comportamento comune tra i principi russi in quel momento sconfiggere i loro rivali chiedendo aiuto alle truppe mongole.

Alla fine del XIV secolo, il principato di Mosca, divenuto di fatto il centro dell’unificazione delle terre russe, era ormai così forte da poter sfidare apertamente i mongoli. Nel 1380, il principe di Mosca Demetrio di Russia (Dmitrij Ivanovich) sconfisse le truppe del temnik (capo militare) Mamaj nella battaglia sul campo di Kulikovo. Tuttavia, ai russi ci volle un altro secolo per la completa liberazione.

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Nel 1472, nella Battaglia di Aleksin, Ivan III il Grande sconfisse l’esercito di Khan Akhmat, e in seguito il principato di Mosca si rifiutò di rendergli omaggio e pagargli tributi. Otto anni dopo, Akhmat tentò di ripristinare la sua influenza. Entrambe le truppe si schierarono lungo le rive del fiume Ugra, ma il khan non osò attraversare il fiume e poi fece ritirare i suoi soldati. Il cosiddetto “Grande fronteggiamento sul fiume Ugra” (in russo: “Стояние на реке Угре”; “Stojànie na reké Ugré”) completò finalmente l’acquisizione da parte dello Stato russo dell’indipendenza politica dai mongoli.

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Il crollo dell’Urss

La parola “Russia” scomparve dalla mappa politica del mondo il 30 dicembre 1922 con la formazione dell’Urss. La Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (Rsfsr) era la più grande ed economicamente sviluppata tra le repubbliche sovietiche.

All’inizio degli anni Novanta, l’Unione Sovietica non era più lo Stato di dieci anni prima. Le riforme profondissime e non sempre ponderate avviate dal segretario generale del Comitato centrale del Pcus Mikhail Gorbachev a metà degli anni Ottanta (la cosiddetta “Perestrojka”) portarono non solo alla democratizzazione della società sovietica, all’emergere del parlamentarismo e della libertà di parola, ma anche a una crisi profondissima in campo politico ed economico.

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Una delle conseguenze più importanti della “Perestrojka” fu la rapida crescita dei sentimenti separatisti nelle repubbliche dell’Unione Sovietica. Poiché il governo centrale, indebolito, non era più in grado di resistere alle aspirazioni locali all’indipendenza, una per una le repubbliche adottarono dichiarazioni di sovranità. Secondo la costituzione del 1977, anche prima erano formalmente considerate “sovrane”, ma ora si trattava di una vera e propria proclamazione della supremazia delle leggi locali su quelle di tutta l’Unione.

Conosciuta come la “sfilata delle sovranità” (in russo: “Парад суверенитетов”, Paràd suverenitétov”), anche la repubblica più importante, la Rsfsr, prese parte a questo processo. L’élite politica locale non si pose direttamente l’obiettivo del crollo dell’Urss, ma era convinta di poter gestire meglio le riforme e la redistribuzione delle risorse a livello nazionale, rispetto al governo centrale sovietico.

La Rsfsr fu solo la sesta repubblica (dopo Estonia, Lituania, Lettonia, Azerbaigian e Georgia) a dichiarare la propria sovranità statale. La dichiarazione adottata il 12 giugno 1990 dal Congresso dei deputati del popolo della Rsfsr proclamava la creazione di uno “Stato di diritto democratico all’interno della rinnovata Urss”.

La Russia sovrana avrebbe dovuto diventare uno dei pilastri dell’Unione Sovietica riformata, ma questo non è mai accaduto. Il governo centrale, guidato da Mikhail Gorbachev e la leadership della Rsfsr, guidata da Boris Eltsin, entrarono immediatamente in un feroce scontro politico tra di loro. Inoltre, dopo la Rsfsr, tutte le restanti repubbliche proclamarono la sovranità, perdendo così rapidamente tutti i legami economici con Mosca.

Il 26 dicembre 1991 l’Unione Sovietica cessò ufficialmente di esistere. La Federazione Russa (come iniziò a essere chiamata la Rsfsr) fu riconosciuta dalla comunità internazionale come lo Stato successore dell’Urss.


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