Le autorità sovietiche odiavano le persone non ordinarie, soprattutto se non lavoravano per gli interessi del Partito Comunista. Porfìrij Ivanóv (1898-1983) era una di queste persone. Lui semplicemente propagava la sua versione di uno stile di vita sano e, per dimostrare la sua efficienza, non indossava mai abiti pesanti, pur vantando una salute eccezionale.
La gente accorreva per vedere Porfirij Ivanov, considerandolo un leader spirituale, ma le autorità dell’Urss guardavano con diffidenza il “Maestro”. Per interrompere le sue attività, venne spedito più volte in carcere o in reparti psichiatrici. Ancora oggi ci sono persone che dicono che Ivanov era un malato di mente, mentre alcuni lo considerano un genio. Forse era entrambe le cose.
I primi anni di vita di Ivanov sono noti in gran parte dai suoi racconti. Nacque nel 1898 in un villaggio nella regione di Lugansk, Orékhovka, che allora faceva parte dell’Impero russo (oggi si trova in Ucraina, e sotto il controllo dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Lugansk). Ciò che distingueva Porfirij era la sua eccezionale forza e altezza. A 15 anni iniziò a lavorare nelle miniere. “Lavoravamo instancabilmente: a volte 20 ore al giorno”, disse Porfirij nelle sue memorie, tutte scarsamente verificabili.
Porfirij fu arruolato nell’esercito imperiale russo, ma non prese parte alle azioni militari: la Rivoluzione scoppiò e pose fine alla guerra. Nello Stato sovietico, Ivanov condusse inizialmente una vita da furfante: giocava alle carte, beveva e faceva a botte. “Una volta ero un fuorilegge, ho derubato la natura, ucciso l’allegria, non consideravo nient’altro che la bella vita; ero disposto a tutto per farla. Ma poi mi sono allontanato da tutto questo e ho cominciato ad avvicinarmi e a fare amicizia con la natura…”, ha scritto Ivanov.
Nel 1930, Ivanov trascorse 11 mesi in prigione per truffa. Ma presto, la sua vita cambiò in modo irreversibile. Come scrisse lo stesso Ivanov, un inverno all’inizio degli anni Trenta, scoprì di avere un cancro. I medici dissero che non aveva speranze. Disperato, Porfirij iniziò a uscire al freddo invernale e a versarsi addosso dell’acqua fredda per “morire più velocemente”. Sorprendentemente, la cosa sembrò sortire l’effetto opposto: sentì crescere in sé forza, vigore ed energia. Ivanov passò ad abluzioni quotidiane di acqua fredda.
Lentamente, Ivanov fece a meno di tutti i vestiti: rimase solo in brache lunghe fino al ginocchio in qualsiasi momento dell’anno e camminò a piedi nudi anche in inverno. Smise di radersi la barba e di tagliarsi i capelli, abbandonò la moglie e due figli e andò a vagare per l’Ucraina e la Russia meridionale, propagando la sua nuova “Idea”, come la chiamava lui, dell’unità con la natura. I principi erano semplici: bagni freddi al mattino e prima di dormire, digiuno il sabato, respirazione profonda regolare all’aria aperta… Ma cosa rese Ivanov una celebrità clandestina?
Apparendo a quel modo, Ivanov non poteva certo trovare un lavoro nell’Unione Sovietica degli anni Trenta. Ma le persone erano attratte da lui, perché in tempi di incertezza, carestia e propaganda antireligiosa, offriva un approccio apparentemente sano e spirituale allo stile di vita. Tuttavia, per lo Stato, era solo un pazzo che correva mezzo nudo e diffondeva idee potenzialmente pericolose
Nel 1935, Ivanov fu arrestato e per la prima volta e ricoverato in un istituto psichiatrico di Rostov sul Don. Gli psichiatri gli diagnosticarono la schizofrenia, gli vietarono di lavorare e lo mandarono a vivere da dei suoi parenti nella regione di Rostov.
Ci sono poche informazioni affidabili su come andassero le cose a Ivanov alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Ma quando i nazisti conquistarono la regione di Rostov, Ivanov divenne loro noto, come una sorta di fenomeno locale. Ivanov raccontò poi che i nazisti avevano messo alla prova le sue capacità fino alla tortura: lo avevano portato in motocicletta al freddo estremo e lo avevano seppellito nella neve per ore. “Ma quando Ivanov emerse dalla neve, il suo corpo era tutto rosso ed emanava vapore”, hanno scritto i suoi biografi. Tuttavia, queste informazioni erano ancora una volta basate sui racconti non verificabili di Porfirij, detto anche dai suoi accoliti “Pàrshek”.
Sopravvivere alla guerra non cambiò Ivanov o le sue pratiche. Dopo il conflitto, continuò con i suoi insegnamenti. A quel punto, Ivanov si faceva chiamare “Uchitel” (“Maestro”). Altri soprannomi che poi si sarebbero diffusi furono “Pobeditel Prirody” (“Vincitore della Natura”) e “Bog zemlì” (“Dio della Terra”). Eduard Protopopov, un ingegnere, ha ricordato di aver incontrato Ivanov nel 1949 a Mosca, dove era arrivato per guarire e insegnare. “Il Maestro ha lavato i piedi di tutti con l’acqua fredda in una bacinella. Quindi ha adagiato su un divano i malati gravi e ha imposto le mani: una sulla testa e l’altra sulla punta dei piedi. Con altri si teneva per mano e parlava di vita e salute. Dopodiché, ha dato a tutti i suoi consigli: dare l’elemosina ai bisognosi, salutare tutte le persone, non sputare per terra, non bere, non fumare, digiunare e non bere acqua al sabato, lavarsi i piedi due volte al giorno con acqua fredda, per svegliarsi”. E il suo ultimo consiglio è stato di calpestare il terreno a piedi nudi, respirare aria fresca e chiedere la salute.
Predicando in questo modo, Ivanov alla fine attirò l’attenzione del Kgb e successivamente trascorse diverso tempo nelle istituzioni psichiatriche più dure dell’Urss. Nel 1951-1954, per propaganda anti-sovietica, fu sottoposto a cure psichiatriche obbligatorie in ospedali psichiatrici di tipo carcerario. Il cibo era generalmente povero e quei prigionieri che non ricevevano pacchi di cibo dai parenti, in genere morivano di fame. Negli anni Cinquanta non si faceva quasi uso di farmaci negli ospedali psichiatrici. I pazienti ricevevano grandi dosi di sonniferi in modo che dormissero costantemente, tranne durante i pasti. Solo la salute davvero eccezionale di Ivanov gli permise di sopravvivere a questa “detenzione”. Nel 1964 fu nuovamente arrestato per truffa, ma, giudicato malato di mente, trascorse nuovamente i successivi 4 anni in istituti psichiatrici.
A quel tempo, la fama di Ivanov era davvero considerevole. Viaggiava spesso dal suo villaggio nella regione di Rostov a Mosca per “curare” le persone. Uno dei suoi discepoli ha ricordato: “Il Maestro veniva spesso a Mosca su invito di alcune persone malate. Da tutta la città, la gente andava alla stazione ferroviaria per incontrare il Maestro. E non appena scendeva dal vagone, tutti si precipitavano a baciarlo. […] Quando entrai nella stanza, la gente era seduta ovunque, in attesa. Il Maestro uscì, statuario, con gli occhi azzurri e i capelli bianchi. Incrociava le mani sul petto e diceva affettuosamente: ‘Miei cari amici, sono venuto qui per mantenervi in salute’”.
Negli anni Settanta, Porfirij Ivanov divenne un “guru” locale a Verkhnij Kondruchij, un villaggio nella regione di Lugansk, Ucraina, dove si era stabilito e riceveva visitatori e discepoli. Dal novembre 1975 al marzo 1976 fu nuovamente ricoverato in un istituto psichiatrico, questa volta perché voleva partecipare al 25° Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica!
A 77-78 anni, Ivanov non era più molto in forze e all’ospedale psichiatrico lo “curarono” fino quasi al punto da ammazzarlo. Lo mandarono a casa della sua discepola e amica Valentina Sukharevskaja ormai in condizioni terminali. Ma quando uno psichiatra andò in visita tre giorni dopo per controllare se il vecchio piantagrane fosse già morto, Porfirij aprì lui stesso la porta, vestito con le solite brache.
Nel 1979 Ivanov fu di nuovo detenuto, ora confinato agli arresti domiciliari, dopo che un gran numero di suoi discepoli e seguaci si era riversato nella casa del suo villaggio per celebrare un anniversario dell’inizio dei suoi insegnamenti. Questi arresti domiciliari terminarono solo nel 1982, quando un articolo su Ivanov e il suo stile di vita sano apparve su “Ogonjók”, una delle riviste più popolari dell’Urss. Almeno alla fine Ivanov aveva ricevuto un pubblico riconoscimento. In totale, aveva trascorso oltre 12 anni tra carceri, reparti psichiatrici degli ospedali e manicomi.
Porfirij Ivanov morì nel 1983, all’età di 85 anni, ma per i suoi seguaci questo fu solo l’inizio di un’attività su larga scala. Incoraggiati dal “riconoscimento” ufficiale dell’insegnamento di Ivanov, i suoi seguaci organizzarono riunioni, conferenze e pubblicarono gli scritti di Ivanov. Nel 1992, circa 10.000 persone si sono radunate vicino all’ex casa di Ivanov per una celebrazione. E ci sono ancora migliaia di seguaci di Ivanov convinti dell’utilità del suo sistema, che però non ha alcuna dimostrazione scientifica.
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