Zinetula Bilyaletdinov (Foto: Reuters)
Quando, nell'estate del 2011, i dirigenti della nazionale di hockey misero alla porta il capo allenatore Vyacheslav Bykov e il suo assistente Igor Zakharkin, non v’era dubbio su chi avrebbe assunto le redini della squadra in vista della prima Olimpiade invernale nella storia del Paese. L’allenatore Zinetula Bilyaletdinov era, in quel momento, al culmine della sua carriera. Aveva conquistato la vetta della Superliga russa con la Dinamo Mosca e gli Ak Bars Kazan e con questi ultimi aveva anche vinto, due volte di fila, la Coppa Gagarin. Nessun allenatore russo poteva vantare una lista così meritevole di traguardi. Bilyaletdinov, inoltre, aveva già una certa esperienza con la nazionale. Si era recato a Nagano e a Salt Lake City in qualità di assistente e tra il 2004 e il 2005 era riuscito anche a guidare da solo, per un breve periodo, la squadra.
È interessante notare come, in realtà, agli inizi, egli non fosse così desideroso di assumersi una simile responsabilità. Lasciò l’incarico pressoché tranquillo di allenatore della squadra del Kazan, dove in sette anni si era guadagnato quasi lo status di divinità olimpica, e accettò quello di allenatore della nazionale. Un incarico che ha causato a Zinetula più di un mal di testa, ma che gli ha anche dato grande popolarità. Tanto in epoca sovietica quanto in epoca odierna, il successo del Paese alle Olimpiadi invernali viene misurato, in larga misura, in base alla performance della nazionale di hockey. Se quest’ultima conquista l’oro, va tutto bene, in caso contrario, è stato un vero e proprio fiasco. Inutile dire che la pressione e le aspettative a Sochi saranno ancora maggiori.
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Gli inizi
Zinetula Bilyaletdinov è stato per 15 anni uno dei migliori difensori dell'Unione Sovietica. La sua lealtà alla Dinamo Mosca, tuttavia, non gli permise mai di vincere il campionato nazionale: nell'epoca dell'egemonia del CSKA ciò era praticamente impossibile. Zinetula vanta, pertanto, una carriera paradossale a livello di titoli conseguiti: campione olimpico nel 1984, pluricampione campione d’Europa e del mondo, e vincitore della Canada Cup nel 1981, non è mai riuscito a conquistare l’oro nel campionato dell'Urss.
L’allenatore sovietico-canadese
Zinetula Bilyaletdinov è stato il primo allenatore ad aver ricevuto un'offerta dalla Nhl, dove lavorò dal 1993 al 1997, prima come assistente nei Winnipeg Jets (diventati più tardi i Phoenix Coyotes), e poi nei Chicago Blackhawks. Di ritorno in Russia, nella sua nativa Dinamo, Bilyaletdinov veniva continuamente chiamato “l’allenatore sovietico con un'attitudine canadese”, guadagnandosi alla fine il soprannome americano di “Bill”. Mettendo in pratica il meglio delle scuole di hockey di entrambi i lati dell'Atlantico, Zinetula si distinse tra i colleghi. Già nel 2000, guidò la Dinamo alla conquista del titolo di campioni della Superliga russa, lo stesso per il quale aveva tanto lottato in qualità di giocatore di hockey, ma che non era mai riuscito a vincere.
Verso la nazionale
Quattro anni più tardi, dopo aver lavorato per un breve periodo in Svizzera con la squadra del Lugano e la nazionale russa, Bilyaletdinov accettò una proposta molto interessante. Gli Ak Bars di Kazan, che stavano acquisendo sempre più forza, volevano a tutti i costi diventare campioni di Russia in occasione del 1.000esimo anniversario della capitale del Tatarstan, che si celebrava nel 2005. Ironia della sorte, proprio nella stagione 2004/05, complice il lockout della NHL, diversi celebri giocatori della lega si trasferirono in Russia e vennero contrattati dalla squadra del Kazan. Tra essi si annoverano Nikolai Kabibullin, Vincent Lecavalier, Darius Kasparaitis, Dany Heatley, Vyacheslav Kozlov, Alexei Kovalev, Ilya Kovalchuk e Michael Nylander.
I dirigenti degli Ak Bars consideravano simbolico affidare la squadra più importante e amata del Tatarstan a Bilyaletdinov, considerate le sue origini tatare. Ma il loro progetto fallì miseramente già nel primo turno dei playoff, quando la squadra perse contro i Lokomotiv di Yaroslavl. Per inciso, il titolo di campione, alla fine, venne conquistato dalla Dinamo, ma senza Bilyaletdinov. Molti si aspettavano che, dopo la sconfitta, Zinetula avrebbe preso il primo volo e lasciato la città di Kazan, ma gli Ak Bars, con grande sorpresa, decisero di non silurare l’allenatore. E l’anno seguente, grazie a lui, celebrarono il titolo di campioni di Russia e posteriormente due Coppe Gagarin di fila. Bilyaletdinov divenne così l'allenatore più decorato nella storia della Russia, riguadagnandosi le redini della nazionale russa di hockey nel 2011.
Attacco o difesa?
Una volta alla nazionale, Bill puntò su una strategia di gioco difensiva (l'ex difensore dà particolare enfasi a questo aspetto del gioco) e vinse la Coppa del Mondo nel 2012, totalizzando dieci vittorie su dieci. La formazione russa era molto più forte rispetto alle squadre avversarie. Un anno dopo, tuttavia, senza Malkin e Datsyuk, la squadra subì una delle sconfitte più umilianti della storia. Nei quarti di finale della Coppa del Mondo, gli americani batterono la squadra di Bilyaletdinov con uno schiacciante 8 a 3. "Pensi che non mi vergogni? Non ho mai perso in questo modo", mi disse Bilyaletdinov dopo la sconfitta.
Nonostante tutto, Zinetula continua ancora oggi a usare una tattica, sotto molti aspetti, discutibile. Nella sua nazionale, due linee giocano con un accento sull’attacco, mentre il compito delle altre due è bloccare i giocatori rivali. Per questo motivo, nella formazione olimpica che giocherà a Sochi, non figurano grandi attaccanti, nemmeno per gli standard della Khl: segnano poche reti, ma in compenso sanno perfettamente come sfondare le linee avversarie. Questo stile di gioco suscita il malcontento di una parte dei tifosi. Ciononostante, nel caso la squadra riesca a vincere a Sochi, la scelta di Bilyaletdinov verrà sicuramente perdonata.
Nulla di intentato
Bilyaletdinov sa più di chiunque altro che cosa ci si aspetti da lui alle Olimpiadi di Sochi. Ciononostante, in un'intervista a RIA Novosti, alla domanda se questo torneo è il più importante della sua vita, l’allenatore ha risposto evasivamente: “Per me è importante. Ho partecipato a due Olimpiadi in qualità di giocatore, a una come assistente dell’allenatore, e adesso vi partecipo in qualità di capo allenatore. Per me si tratta chiaramente di una sfida. Un’opportunità per mettermi alla prova, dimostrare le mie capacità. Qualora non dovesse bastare?... Cercherò, in ogni caso, di fare il possibile”.
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