Maria Sharapova durante la fase finale della cerimonia (Foto: Ria Novosti)
Lo show, visto da oltre tre miliardi di persone, dopo le polemiche, prima delle medaglie. La cerimonia inaugurale dei 22esimi Giochi olimpici invernali di Sochi ha mantenuto le promesse della vigilia. Spettacolo, storia, luci, colori, epica, coreografie. E 13 frammenti della storia russa che restano scolpiti nella memoria. Non c'è l'ex Beartle Paul McCartney che canta Hey Jude come all'opening night di Londra 2012, certo. Ma il mosaico di emozioni riesce a isolare gli spettatori dalle notizie che fioccano intorno a Sochi. Dai 70 mila addetti alla sicurezza, alle ansie americane per i dentifrici bomba sui voli verso la Federazione, al passeggero ucraino a bordo di un aereo turco che voleva cambiare la rotta del mezzo, da Istanbul al Mar Nero.
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Il sipario si alza con l'amore condensato in una bimba in abito bianco che tira i fili di un aquilone che cammina sul mondo, verso la Luna. E si chiude con la fiaccola olimpica consegnata alla 64enne Irina Rodnina, tre titoli olimpici nel pattinaggio di figura. Un mito della straordinaria tradizione dell'Unione Sovietica, così come Vladislav Tretyak, il più grande giocatore di hockey sul ghiaccio del ventesimo secolo. La prima tedofora è stata invece la fuoriclasse del tennis femminile Maria Sharapova, che commenta l'evento olimpico per una tv la statunitense, seguita dalla campionessa di salto con l'asta Elena Isinbayeva e dal lottatore Aleksandr Karelin, “l'orso siberiano”, sino all'ex campionessa di ginnastica ritmica Lina Kabaeva. Cinque assi pescati dall'enorme mazzo della grande tradizione sportiva russa.
In mezzo, tanti fotogrammi di ricercata solennità, sino alla dichiarazione di apertura dei Giochi del numero uno del Cremlino, Vladimir Putin. Tra cui, Cechov, Gagarin, Chagall, Ejzenstejn, introdotti da una bambina nel prologo dell'evento. Un viaggio nel passato con lo sguardo rivolto al domani: lo zar Pietro il Grande, lo scrittore Lev Tolstoj e il suo "Guerra e Pace", il Bolscevismo, le parate sulla Piazza Rossa. Sino alla nuova Mosca. Oppure, la bandiera olimpica introdotta allo stadio Fisht da tante glorie della Russia. Dalla prima donna nello spazio Valentina Tereshkova al regista Nikita Mikhalkkov.
Poi, la sfilata degli atleti. Che hanno aperto la cerimonia, stracciando il protocollo che prevede la sfilata al termine dell'evento. Sono oltre tremila, entrano dal centro dello stadio. Una polaroid da tenere a mente nel corso della manifestazione: stop alle polemiche che hanno reso blindata una piccola fetta della Russia, spazio alle gare, alle imprese. Sudore e fatica, successi e sconfitte. Sport, non politica. Con il presidente del Cio, Thomas Bach, che si affretta a depotenziare i Giochi dopo le polemiche sulla legge contro la propaganda omosessuale sui minori approvata dal Parlamento russo, poco ben vista dagli altri Paesi: “Non siamo un superparlamento, né un governo sovranazionale, ci occupiamo solo dei Giochi”.
Anche se non sono mancati momenti di protesta. Il messaggio, forte e chiaro, è arrivato dalla Germania (niente Angela Merkel in tribuna, come previsto): divise tedesche con alcuni dei colori della 'rainbow flag' adottata dai movimenti gay. Sugli spalti invece il premier Enrico Letta, che ha scelto di essere presente a Sochi, nonostante gli inviti da politica, attivisti e movimenti gay a disertare la cerimonia. Per gli azzurri, portabandiera è stato lo slittinista alla quinta Olimpiade Armin Zoeggeler. "È stata un'emozione particolare, diversa, unica", ha detto il campione di Bolzano. Infine, l'unica macchia che sa di storia. Uno dei cinque cerchi, simbolo dell'unione di tutti i continenti, ha fatto cilecca al momento di aprirsi, lasciando al mondo l'immagine di una rassegna mutilata. E in Rete già si dice che il cerchio non aperto, era proprio quello dell'America.
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