Volontari a Sochi (Foto: Mikhail Mokrushin / Ria Novosti)
In molti dicono che sono finiti qui a Sochi per caso, per volere del destino. La mia storia inizia in un modo simile. Le Olimpiadi per me sono sempre state qualcosa di grandioso e per due settimane all’anno, ogni due anni, d’estate come d’inverno, mi attaccavo al televisore per vederle. Allo stesso tempo i Giochi mi sembravano un evento irraggiungibile, perciò quando ho mandato la richiesta per fare il volontario a Sochi non mi aspettavo nulla di particolare. Poi, com’è - come non è, ho passato la prima fase di selezione, i test linguistici, i test sulle capacità intellettuali e poi tanti altri, infiniti test, sedute di formazione di gruppo o via internet, finchè non ho ricevuto la tanto attesa lettera in cui Sochi mi diceva “DA!” (SI!). Finalmente ho potuto fare le valigie e mettermi in marcia.
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Lo speciale su Sochi 2014 |
Quando mi sono seduta al mio posto in aereo pensavo che solo quando avrei visto le cime delle montagne avrei potuto credere davvero a quello che stava succedendo. Le Olimpiadi del resto sono uno di quei pochi eventi capaci di unire realmente i popoli di tutto il mondo. Ed io sarei stata parte di tutto questo. Roba da far invidia a sé stessa! Dal finestrino dell’aereo si vedono le cime innevate delle montagne, mentre sotto l’altra ala risplende l’acqua azzurra del mare. Davanti ai miei occhi ho la stessa immagine che c’è sulle cartoline ufficiali di Sochi-2014. Questo paesaggio accoglie tutti gli ospiti che atterrano nella città olimpica. Sole tiepido e soffice, facce accoglienti, il mosaico con i colori dei Giochi, un allegro via vai tutto intorno e subito ti senti dentro il cuore di quello che sta accadendo.
Il villaggio dei volontari, in riva al mare, ribolle di vita ed il movimento qui sembra che non si fermi neanche un minuto. Questa è una vera città, che si protende lungo la riva del Mar Nero ad est del Parco Olimpico, in direzione del confine con l’Abkhazia. Gruppi rumorosi di ragazzi nelle loro divise colorate sfrecciano davanti agli occhi. Sui balconi delle casette si vedono qua e là le bandiere di diversi paesi: Francia, Germania, Gran Bretagna. In quegli appartamenti risiedono i volontari stranieri. Tutto intorno si sente parlare in diverse lingue straniere. Nell’androne di ogni casa ci sono delle bacheche su cui campeggiano svariati annunci, incollati col nastro adesivo: chi cerca compagni per giochi di società, chi convoca i suoi volontari per una riunione, chi cerca qualcun altro che abbia interessi affini ai suoi, o chi, semplicemente appende le foto dei propri turni o del tempo libero per condividere con gli altri il suo umore.
Dalle fermate partono in continuazione gli autobus che trasportano la variopinta e rumorosa folla di volontari in vari punti del Parco Olimpico. C’è chi torna a casa dopo il turno di lavoro discutendo le ultime notizie e condividendo le proprie emozione con i propri amici nuovi di zecca e chi invece è in viaggio verso il proprio impianto, mentre qualcun altro fa la conoscenza con il Parco Olimpico ed il territorio limitrofo per la prima volta. Il primo compito di chi è appena arrivato, dopo la sistemazione, è ricevere l’accredito e la divisa. Tanta pazienza, un pizzico di calma e disponibilità, indifferenza verso code così lunghe da sembrare infinite, in linea con la tradizione del nostro paese, ed anche questo processo è alle spalle. Davanti a noi un nuovo giorno, nuove emozioni, nuove amicizie ed una nuova occasione per guardare il Parco Olimpico con occhi diversi e ammirare tutta la sua bellezza, senza correre dall’inizio di una coda alla fine di un’altra. Davanti a noi ci sono i Giochi Olimpici!
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