Evelina Christillin è attualmente direttrice del Teatro Stabile di Torino (Fonte: Ufficio Stampa)
Evelina Christillin è un’esperta dell’organizzazione dei Giochi Olimpici. Sono sei le edizioni olimpiche che l’hanno vista protagonista, Nagano 1998, Sidney 2000, Salt Lake City 2002, Atene 2004, Vancouver 2010 e, naturalmente, quella invernale di Torino 2006 della quale è stata vicepresidente del comitato organizzatore. A lei, che oggi è direttrice del Teatro Stabile di Torino, chiediamo come si vive l’avvicinamento alla kermesse sportiva.
Qual è il suo ricordo degli ultimi mesi di preparazione a Torino 2006?
"Sono stati i mesi più concitati, ma avendo completato i test event due anni prima dell’evento tutto ciò che dovevamo correggere dal punto di vista tecnico l’avevamo già fatto e siamo riusciti a concentrarsi su quei particolari che meritavano attenzione focalizzandoci sui cosiddetti “piani B”. Per esempio, cosa avremmo fatto se a causa del maltempo fossimo stati costretti a spostare la sede della cerimonia inaugurale o se fosse stato necessario ricorrere all’innevamento artificiale. Particolari ai quali anche l’organizzazione di Sochi, nonostante il loro budget sia molto più cospicuo di quanto fosse il nostro che era di 5 miliardi di euro suddivisi a metà tra pubblico e privato, dovrà prestare cura".
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Cosa resta a una città dopo l’organizzazione di una Olimpiade?
"A Torino, una città che pagava il declino dell’industria manifatturiera, meccanica e metalmeccanica molto evidente e che per dimensioni e notorietà non è certo una metropoli, l’organizzazione dell’Olimpiade invernale è stato un veicolo di grande promozione. Intanto, dopo quell’evento, moltissima gente sa collocarla esattamente nella cartina italiana, mentre prima si sapeva solo che a Torino c’erano la Fiat e la Juventus. Poi è rimasta la crescita infrastrutturale e dei trasporti che ha permesso di affrontare in modo più strutturato il futuro come città turistica, congressuale, di sport e di cultura. Un’eredità ancora tangibile a otto anni dall’evento. Inoltre c’è stato il vantaggio immateriale della crescita nei cittadini di un orgoglioso senso d’appartenenza".
Pensa che accadrà lo stesso a Sochi?
"Dell’organizzazione della XXII Olimpiade invernale di Sochi conosco quello che scrivono i giornali. La collocazione geografica fa venire in mente quella di Vancouver e Granada che hanno organizzato Olimpiadi invernali e Campionati mondiali, ma che per la loro vicinanza al mare possono risentire di sbalzi climatici più complicati da gestire. Di certo, come accadde per Torino, il primo vantaggio è quello di far parlare della città che è già una località turistica sul mar Nero. Di sicuro, però, il presidente Vladimir Putin, che è un ottimo sciatore con il quale ho avuto occasione di percorrere alcune piste in Austria ai Mondiali di Sankt Anton del 2001, ci tiene a far fare alla Russia una bella figura".
Quali consigli può dare all'organizzazione russa?
"A pochi mesi dall’inaugurazione dell’Olimpiade quasi tutto è già stato fatto seguendo le rigidissime regole del Cio con l’aiuto di quei globetrotter dell’organizzazione olimpica che passano da un’edizione all’altra dei Giochi. Il consiglio che mi sento di dare è di motivare molto bene i volontari che sono uno degli elementi fondamentali della buona riuscita di un’Olimpiade. È importante anche il coinvolgimento della popolazione locale sia negli eventi sportivi sia in quelli culturali e popolari che accompagnano ogni edizione. Infine visto che da da sempre gli eventi sportivi sono un facile bersaglio di contestazioni o azioni dimostrative visto che l’attenzione mediatica sull’evento è altissima, è importante garantire in maniera adamantina la sicurezza".
Quali, invece, gli errori da non fare?
"Non dare agli atleti, ai dirigenti, al pubblico e a chi segue l’Olimpiade in qualsiasi forma l’idea di essere controllati e di non essere liberi. Occorre garantire la sicurezza restando, per quanto si può, invisibili".
Lei andrà a Sochi?
"Io e mio marito abbiamo ricevuto l’invito per la cerimonia d’inaugurazione di Sochi 2014 e ho già segnato sulla mia agenda quel fatidico 7 febbraio".
L'articolo è stato pubblicato sulla versione cartacea di Russia Oggi del 28 novembre 2013
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