La tennista Maria Kirilenko assediata dai fan (Foto: Reuters)
La tennista russa Maria Kirilenko, 12ma nella classifica della Wta, ha raccontato, in un’intervista all’agenzia R-Sport, come sia riuscita a occupare la posizione più alta di tutta la sua carriera e perché solo adesso e non prima.
In questa stagione è riuscita a battere diverse tenniste di alto livello. Che cos’è cambiato in lei come giocatrice di tennis, rispetto alle stagioni passate, che le ha permesso di arrivare dove è adesso?
Sono cambiate molte cose. Gli anni di allenamento hanno dato i loro frutti e i progressi maturati nelle stagioni passate si sono andati ovviamente sommando. Poi credo che ogni atleta abbia il suo momento, in cui riesce a emergere e a dimostrare quanto vale. Il mio momento è arrivato adesso. Sento che sono cambiata come tennista, che ho iniziato a pensare in modo diverso sul campo e a percepire ogni cosa in modo diverso. Ora, quando gioco a tennis, provo piacere. Anche se perdo, mantengo la calma. So che una partita è composta da tre set. In sostanza, è cambiato il mio atteggiamento.
Nel 2002, ha vinto gli US Open nella categoria juniores. Poi, quando è passata al tennis professionistico, gli specialisti hanno iniziato a riporre grandi speranze in lei. Non ha mai avuto momenti di crisi, in cui niente andava per il verso giusto, e in cui avrebbe voluto mollare tutto?
No, mai. Ho vinto gli US Open all’età di 15 anni. Guardi le foto di quel periodo: era piccola, magra, e non spiccavo né per una forza speciale, né per colpi o servizi forti. Persino adesso non posso dire di essere molto forte. Per questo, in generale, il passaggio da junior a professionista non è stato facile. Era difficile giocare con donne adulte. Poi, poco a poco, anno dopo anno, ho acquisito esperienza. E se si guarda il modo in cui la mia carriera è avanzata, si nota come sia migliorata di anno in anno. Non ci sono stati dei salti enormi, ma in ogni stagione ho totalizzato delle buone vittorie, contro giocatrici forti. Sì, Maria Sharapova ha vinto un Grande Slam a 17 anni, ma lei, a livello di sviluppo fisico, è sempre stata superiore a me. Sin da bambina era a un livello superiore al mio.
Ha cercato per un po’ di trovare l’allenatore perfetto, ma alla fine ha lasciato perdere e ha continuato ad allenarsi con suo padre.
Sì, ho iniziato a giocare con mio padre, e poi nel corso della mia carriera, abbiamo provato a mettere sotto contratto altri allenatori. Ogni allenatore mi ha insegnato qualcosa e ha contribuito a migliorare il mio gioco. Ma alla fine sono arrivata alla conclusione che, a livello psicologico, mi sentivo molto più tranquilla con mio padre. Lui sa come prepararmi per le partite, sceglie le parole giuste. Inoltre, con lui non si creano situazioni di stress come a volte avviene con altri allenatori. Alla fine sono degli estranei e tu non sei loro figlio. E poi mio padre gioca a tennis, e molto meglio di molti allenatori con cui mi sono allenata. In generale, apprezzo molto la sintonia che caratterizza il nostro rapporto.
Il suo progresso nella classifica individuale è coinciso con il momento in cui ha smesso di giocare in doppio. Le due cose sono legate?
Sin da bambina, giocavo in doppio ogni anno, e me la cavavo piuttosto bene con qualsiasi partner. L’anno scorso, in particolare, ho raggiunto importanti risultati in coppia con Nadia Petrova. Abbiamo vinto medaglie olimpiche e il titolo ai Campionati di Istanbul. In generale, ho la sensazione di aver già raggiunto tutti gli obiettivi che mi ero prefissata. Beh, non ho vinto il Grande Slam. Ma quello che volevo davvero vincere era una medaglia olimpica e il torneo finale. Se non fosse per le sorelle Williams, mi sarei già portata a casa l’oro olimpico. Ora già non provo più soddisfazione quando gioco in coppia. Inoltre, riuscire a combinare le due categorie di gioco è difficile, soprattutto se nel singolo riesci ad avanzare bene nei tornei.
Ha menzionato le sorelle Williams. Che cos’ha Serena da permetterle ogni volta, come per magia, di avere la meglio sulle sue rivali, che quasi la temono?
Non direi che la temono. Semplicemente è difficile giocare contro di lei. Soprattutto per alcune giocatrici, contro le quali lei si prepara in maniera speciale. Diventa semplicemente un’altra giocatrice quando si prepara contro qualcuno in concreto.
A giudicare dalle foto che pubblica su Twitter, quest’anno è andata spesso a Washington per vedere le partite di hockey. Tuttavia, i Capitals, dove gioca il suo ragazzo Aleksandr Ovechkin, sono già stati eliminati dalla Coppa Stanley. È riuscita, durante i tornei europei, a seguire le partite trasmesse per Tv o il regime sportivo è più importante?
Di notte, ovviamente, non potevo guardare le partite. Ma sì che seguivo i vari eventi e facevo il tifo per loro, pur trovandomi qui. Ci sono stati dei match che sono iniziati prima e che quindi sono riuscita a vedere anche da qui. Diciamo che un paio di partite le ho viste.
È rimasta molto male quando i Washington Capitals hanno perso o da un lato è contenta perché ora Aleksandr potrà venire a fare il tifo per lei ai tornei in Europa?
So che per loro, per la squadra, era molto importante la Coppa Stanley. Volevano davvero vincerla. Anche solo guardando le partite si vedeva come ce la stessero mettendo tutta, in una lotta tesissima. Desideravo davvero che vincessero. La Coppa Stanley è il campionato di hockey più prestigioso. È un vero peccato. So come ci sia rimasto male Alexander, e mi dispiace. Ma d’altra parte, ha ancora molti anni davanti; è ancora molto giovane. E sono sicura che anche il suo momento arriverà. Non ho dubbi che prima o poi vinceranno la Coppa.
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