Al galoppo fino a Rio

Intensa preparazione per la Nazionale russa di equitazione in vista di Rio 2016 (Foto: Lori/Legion Media)

Intensa preparazione per la Nazionale russa di equitazione in vista di Rio 2016 (Foto: Lori/Legion Media)

Alle Olimpiadi del 2016 i cavalli e i cavalieri russi non passeranno sicuramente inosservati

All’edizione dei Giochi Olimpici di Londra del 2012 la squadra russa di equitazione non si era certo distinta per i suoi risultati brillanti nel salto e nel cross country, e al dressage, la gara più spettacolare in programma, non era neppure stata ammessa.

La storia dello sport

I fantini russi hanno cominciato a gareggiare ai Giochi Olimpici dal 1952. Alle Olimpiadi di Roma, nel 1960, Sergei Filatov fu insignito della medaglia d’oro con il suo cavallo di nome Assenzio. Ivan Kizimov conquistò nel 1968 due ori olimpici da solo e nel 1972 al comando della squadra sovietica di dressage. Ai Giochi Olimpici di Mosca la squadra sovietica si aggiudicò 3 ori, 3 argenti e 2 bronzi

Inessa Poturaeva, stella dell’equitazione russa, più volte campionessa in patria e trionfatrice ai concorsi per la  coppa della Lega dell’Europa Centrale, nonché finalista della Coppa del mondo, è diventata da poco allenatrice capo della Nazionale russa di dressage e la sua intenzione è quella di trasformare la situazione degli sport equestri nazionali in previsione dei Giochi Olimpici di Rio de Janeiro del 2016.

Inessa, come mai i cavalli russi inciampano?
Il nostro Paese, fatta eccezione per l’edizione delle Olimpiadi del 1980, è ormai da quarant’anni che non vince una medaglia. Prima di allora abbiamo avuto dei cavalieri eccellenti, dei campioni con cui sulle piazze sportive mondiali abbiamo sempre vinto o ci siamo classificati ai primi posti. Ma con la dissoluzione dell’Unione Sovietica il nostro livello si è molto abbassato: i nostri atleti hanno cercato ingaggi all’estero ed è peggiorata la qualità dell’addestramento dei cavalli. Tuttavia, negli ultimi tre anni si sta delineando un netto progresso. L’impulso è stato dato dalla creazione di numerosi centri ippici e dal rientro di fantini dall’estero, che, pur non  gareggiando, si dedicano all’allenamento delle generazioni future.

Lei è l'allenatrice capo della squadra di dressage. Ha già trovato il nocciolo del metodo di allenamento?
Quando ho cominciato ad allenare, il potenziale dei cavalli della squadra era molto basso così ho deciso di eliminare i vecchi cavalli per introdurne di nuovi. La mia è stata una decisione molto impopolare che ha suscitato molte polemiche. Mi chiedevano, per esempio, come facessi a valutare se un cavallo giovane fosse adatto a gareggiare alle competizioni internazionali anche se risultava inadeguato per gli standard mondiali. Ma devo dire che finora tutti i miei pronostici si sono avverati. I cavalli hanno già cominciato a dare dei risultati. Bisognava solo spezzare un circolo vizioso. Se volete una buona squadra dovete avere un buon cavallo.

Non si fa che parlare di cavalli; al cavaliere spetta dunque un ruolo secondario?
Cinquanta e 50: una metà dipende dall’uomo e l’altra metà dal cavallo.

Ma per i due atleti in questione è facile diventare una coppia davvero affiatata?
Ha ragione, un cavaliere e un cavallo presi singolarmente possono anche essere fantastici, ma se non riescono a stabilire tra loro un contatto, un’intesa reciproca, non saranno mai una coppia. E che felicità si prova quando un animale ti capisce e comincia a comunicare con te e tu solo sei in grado di capirlo! Ci sono dei cavalli così intelligenti a cui non si ha neppure bisogno di impartire un comando, basta pensarlo e loro sanno già cosa fare. Sa, le Olimpiadi si possono vincere solo con cavalli simili.

Tuttavia, oltre che occuparsi dell’addestramento olimpico, lei si consulta anche con i cavalieri non professionisti del progetto “Al galoppo fino a Rio de Janeiro”. Com'è nata questa idea?
Artisti russi e personaggi popolari sono stati coinvolti in numerosi progetti riguardanti gare di ballo, gare sul ghiaccio e numeri circensi. E ora è la volta degli show equestri. All’inizio ero nervosa, ma poi gli artisti hanno mostrato grande determinazione e capacità di lavoro. Mi sembra che il progetto sia riuscito. Creando questi show equestri volevamo far capire alla gente che l’equitazione è un sport bello, e che al di là del gravoso impegno che richiede, può dare molte soddisfazioni. A giudicare dalla nostra pagina Facebook, che ha ottenuto 15mila fan in una settimana, abbiamo visto giusto. Inoltre, ricevo telefonate da olandesi, americani e tedeschi che seguono il nostro progetto e ne sono entusiasti. Una scuola francese molto esclusiva ha anche invitato le nostre stelle a tenere un workshop.

Qual è l’atteggiamento degli spettatori verso lo sport equestre?
Mi sento sempre ripetere che l’equitazione non è uno sport popolare e che gli spettatori che lo seguono sono pochi, ma ho l’impressione che non sia così. Non viene pubblicizzato in modo adeguato. Di recente si è svolto il festival “Torre Spasskaya”. Tutta la Piazza Rossa era gremita di spettatori e nessuno se n’è andato prima della fine. Hanno voluto farsi fotografare con noi, ci hanno chiesto degli autografi e ci dicevano: “I vostri cavalli sembrano usciti dalle favole!”.

E le nostre aspettative per le Olimpiadi del 2016 sono anch’esse reali o si tratta solo di favole?
Sono una realtà. Le mie previsioni sulla diffusione degli sport equestri sono le più rosee. Per addestrare un cavallo occorrono 6-7 anni. Ci vuole del tempo, ma penso che a Rio faremo una figura più che decorosa.

Inessa, monterà anche lei in sella a Brasilia?
Il dressage  è uno stile di vita. Passo più ore in sella che non a piedi. Gli allenamenti richiedono moltissimo tempo. Sa, a classificarsi al secondo posto alla finale della Coppa del mondo è stata una cavallerizza di 71 anni. Quando ci saranno le Olimpiadi di Rio de Janeiro io avrò compiuto solo 52 anni. Voglia Iddio che possa partecipare anche ad altre competizioni olimpiche. Vorrebbe dire che sono in condizioni di salute eccellenti.

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