La velista russa Ekaterina Skudina in azione (Foto: Ap)
La vela per me è uno sport intellettuale, qualcosa a metà strada tra gli sport tradizionali e gli scacchi, dove bisogna pensare. È importante sapere analizzare le informazioni, rispondere in fretta ai fattori che cambiano e prendere decisioni. Anche se, prima di ogni cosa, la vela è tutta la mia vita”, dichiara Ekaterina Skudina.
Ai Giochi olimpici di Londra 2012 questa vita stava per finire, perché il sogno di Ekaterina di vincere una medaglia olimpica è andato in frantumi e non contro gli scogli della costa, ma nello scontro con l’ingiustizia arbitrale. Alla fine l’equipaggio russo ha ceduto il bronzo nella semifinale contro la Finlandia.
Ekaterina Skudina aveva rincorso per vent’anni il podio olimpico, cambiando imbarcazioni e bacini d’acqua. “Optimist”, “Laser radial”, “Europa”, “Snipe”, “470”, “Yingling” e infine “Elliott 6”: Katja ha provato tutte queste classi di imbarcazioni. Ha conquistato i Mondiali e gli Europei, vincendo prestigiose regate: quella di “Eurolimp”, di “Kiel” (Kieler Woche, ndr) e di “Hyères”. Alle Olimpiadi di Atene del 2004 è arrivata ottava, a Pechino ha occupato il quarto, quinto e senso posto. A Londra la medaglia nel match race femminile era a un passo. I dirigenti sportivi della Federazione riponevano le loro speranza nella Skudina. Lei stessa agognava di realizzare quel sogno, si era preparata a fondo, non perdeva un ritrovo: per una settimana a casa, tre settimane all’estero.
Soltanto chi è arrivato al quarto posto può capire cosa significhi tutto ciò. Così dicono gli atleti che per motivi diversi sono arrivati a un soffio dal podio. Nel caso della velista russa la faccenda non è diventata un clamoroso scandalo arbitrale; in fondo la Russia non si è ancora imposta molto nella vela. Dopo queste prove però Ekaterina Skudina è diventata forse più forte?
Questo risultato è una delusione perché il suo sogno olimpico non si è avverato o è comunque una soddisfazione visto che dopo 16 anni l’equipaggio russo si è piazzato così in alto in classifica?
Non speravamo in un piazzamento in cima, ma in una medaglia, anche l’oro. E siamo arrivati così vicini al risultato, ci mancava un soffio per la vittoria in semifinale. La delusione quindi è maggiore della soddisfazione. L’unica cosa che mi consola è l’aver creato una squadra e un sistema che hanno portato un risultato. In effetti abbiamo fatto una buona gara. Quello a cui ho dedicato la vita funziona e spero che anche più avanti porterà i suoi frutti.
Ha vinto così tanti titoli eppure con le Olimpiadi qualcosa non va…
Forse è una lezione da cui trarre qualche conclusione. Questo ciclo olimpico mi ha donato molte capacità sia come atleta sia come manager. Mi torneranno utili nella vita, quindi non mi lamento proprio e non cambierei questa inestimabile esperienza per nulla al mondo. La mia strada non è stata semplice, ho dovuto tracciare un sentierino praticamente nel deserto. È un’esperienza che forse aiuterà i giovani sportivi che raggiungeranno le vette olimpiche. Se sono stata capace di dare il mio modesto contributo per diffondere lo sport della vela in Russia credo che la mia vita si possa dire realizzata.
La nostra chiacchierata non si era conclusa su una nota molto positiva. Allora Katja ne era certa: Londra sarebbe stata la terza e ultima Olimpiade, bisognava tornare a terra. Ma l’acqua non l’ha lasciata andare molto lontano. “Non strappatemi l’anima come una vela”, con triste ironia aveva detto la Skudina ai giornalisti, spiegando per l’ennesima volta, con la memoria ancora fresca, la complicata situazione olimpica. Tuttavia già alla fine di ottobre 2012 il vento spirava di nuovo tra le sue vele e la sportiva aveva partecipato alla gara della prima fase in Corea. Sulla quarta Olimpiade, Katja non dice come prima niente di preciso, ma i Mondiali che si svolgeranno quest’estate sempre in Corea sono già segnati in rosso nel suo calendario.
“Fatica, controllo, tensione: queste sono le parole che accompagnano un velista per tutta la sua carriera. Dopo i Giochi di Londra volevo soltanto tirare il fiato, rimettermi in sesto, riflettere e soppesare tutto. Non mi ci è voluto molto tempo. Ho capito che le match race sono un tipo di competizione molto interessante e, soprattutto, sono il mio tipo di programma. La decisione di continuare la carriera non è arrivata facilmente, ma se l’ho presa e mi sono proiettata sul Campionato del mondo, ora bisogna progettare una certa preparazione e lavorare con l’equipaggio”.
Ekaterina Skudina non ha tradito il suo sogno olimpico, ha soltanto cambiato il sogno. Sua madre, nonché la sua tifosa più accanita, ha confessato a Russia Oggi che è tutta una questione di carattere: “Sono stata a qualche sua gara, ero nella nave di scorta. Sei talmente vicino che puoi vedere le emozioni, la tensione, gli sforzi. Appena Katja mi disse che si era iscritta al club ero contraria. Era una ragazzina e lì c’era il mare, le onde, il freddo. Ma suo padre le diede l’ok. E Katja si dimostrò più forte di quanto credessi. È un carattere agguerrito. Katja è una lottatrice, una ragazza forte, perseverante. Riuscirà a sopportare tutto”.
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