"Il nostro impegno contro le emissioni di gas serra"

Nel 2013 è stato promulgato un decreto dal Presidente della Federazione Russa volto a ridurre entro il 2020 i livelli di emissioni dei gas serra del 75% rispetto all’indicatore del 1990 (Foto: Slava Stepánov / GELIO)

Nel 2013 è stato promulgato un decreto dal Presidente della Federazione Russa volto a ridurre entro il 2020 i livelli di emissioni dei gas serra del 75% rispetto all’indicatore del 1990 (Foto: Slava Stepánov / GELIO)

Aleksandr Bedritsky, consigliere e portavoce del Presidente Putin sulle questioni del cambiamento climatico, ha spiegato il punto di vista della Federazione sull’accordo di Kyoto, e le possibili mosse per ridurre l'inquinamento globale

Nella capitale del Perù, a Lima, si è inaugurata il 1° dicembre la conferenza dell'Unfccc (Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) il cui obiettivo principale è la messa a punto di un nuovo accordo internazionale finalizzato alla lotta contro il riscaldamento globale. Quali sono le proposte di Mosca al riguardo? Lo abbiamo chiesto ad Aleksandr Bedritsky, consigliere e portavoce del Presidente Vladimir Putin sulle questioni del cambiamento climatico.

Qual è il punto di vista della Russia sul nuovo documento che dovrebbe sostituire il protocollo di Kyoto?

La Russia ritiene in primo luogo che l'accordo dovrebbe coinvolgere tutti i paesi membri della convenzione il cui obiettivo nodale dovrebbe essere quello di azioni mirate alla riduzione delle emissioni dei gas serra nell’atmosfera.

E in secondo luogo da azioni di adeguamento dei paesi al cambiamento climatico. Inoltre, riteniamo che la convenzione dovrebbe avere un carattere giuridico vincolante e che gli obblighi assunti dai paesi per la riduzione delle emissioni dei gas serra dovrebbero essere una parte imprescindibile dell’accordo.

Tali obblighi potrebbero essere ripartiti a seconda dell’entità dei paesi. Per i paesi avanzati si tratta di termini quantitativi, mentre i paesi in via di sviluppo dovrebbero attuare azioni, senza valenze quantitative, ma finalizzate allo sviluppo di un’economia basata su tecnologie che favoriscano la riduzione delle emissioni dei gas serra. Siamo convinti che degli accordi privi di vincoli sul piano giuridico non possano produrre risultati efficaci.

 
Per difendere il Bajkal

Esistono degli approcci diversi?

La posizione della Russia è più vicina a quella dell’Unione Europea dove si ritiene che l’accordo debba essere vincolante sul piano giuridico. Gli Stati Uniti sono invece dell’avviso che un accordo per essere giuridicamente vincolante debba consistere di una serie di principi, ma che gli obblighi concreti di un paese debbano essere avanzati come proposta politica e solo in un secondo tempo inclusi in un documento che verrà sottoposto ai partecipanti alla conferenza.

Allo stesso modo i paesi in via di sviluppo non ardono dal desiderio di sottomettersi a degli obblighi giuridici, ritenendo che un simile approccio possa essere adottato solo per gli stati avanzati poiché, a loro avviso, sono proprio questi stati a essere responsabili dell’aumento delle emissioni de gas serra. Vale a dire che una serie di paesi non vogliono che i loro obblighi vengano codificati sulla falsa riga del Protocollo di Kyoto come vincoli internazionali e ritengono che debbano essere ratificati a livello nazionale.

Di fatto sembrano posizioni contrapposte. Ma è possibile trovare un compresso?

Alla Conferenza del 2009 a Copenaghen non esistevano contraddizioni così forti, ma gli errori di carattere procedurale e l’esclusione dei capi di Stato dalla discussione sul documento hanno fatto sì che l’accordo non venisse raggiunto. Oggi, malgrado le divergenze, continuo a ritenere che si riuscirà a trovare un accordo, arrivando a formulare un unico documento giuridico internazionale. Un altro discorso è che i contenuti possano differenziarsi dall’ideale agognato.

Ma l’ideale sarebbe un nuovo protocollo della convenzione Onu sul clima che fissi dei vincoli a livello internazionale. Tuttavia, è probabile che si tratterà solo della definizione di una serie di principi con vincoli nazionali di attuazione non costrittivi. Secondo la Russia questa variante non modificherebbe alcunché. Sono già state avanzate da parte nostra delle richieste politiche per la riduzione delle emissioni da qui al 2030. E lo scorso anno è stato promulgato un decreto dal Presidente della Federazione Russa volto a ridurre entro il 2020 i livelli di emissioni dei gas serra del 75% rispetto all’indicatore del 1990; indicatore che sarà vincolante per i futuri scenari di sviluppo economico.

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Se la previsione dell’Ipcc (Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico) sull’aumento del livello degli oceani dovesse avverarsi e nei prossimi decenni isole e territori di tutto il mondo dovessero finire sommersi dalle acque, la Russia sarebbe pronta ad aiutare i paesi colpiti, offrendo, per esempio, una parte del suo territorio?

Secondo il rapporto del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico il livello degli oceani dovrebbe aumentare di 60 cm entro la fine del XXI secolo. Senza dubbio ciò costituisce una minaccia per i piccoli stati insulari e per quelli che dispongono di vasti territori costieri. Anche una certa porzione del nostro territorio potrebbe essere coperta dall’acqua.

Ma d’altro canto, le migrazioni non dipendono solo dal cambiamento climatico. Per esempio, le migrazioni dall’Africa verso l’Europa non dipendono dal clima, ma da fattori quali la povertà, la carenza di prodotti alimentari, la mancanza di fonti idriche e di risorse energetiche; insomma da un’intera serie di cause.

A un certo punto anche i fattori climatici incideranno sul fenomeno delle migrazioni, benché non si debba rilevare che la temperatura all’equatore non aumenterà. Al contrario, la temperatura salirà alle medie latitudini, Russia inclusa. Nel nostro paese aumenta più rapidamente rispetto alla media terrestre. Perciò tutto dipende da quanto le medie latitudini potranno essere attrattive, Russia compresa, per chi non avrà la possibilità di vivere in condizioni normali nella propria patria.

Un altro punto importante della previsione riguarda il calo della produzione agricola in molti paesi del Sud del mondo a causa della siccità in aumento e della degradazione del suolo. Potenzialmente la Russia potrebbe rifornire di prodotti agricoli i paesi che versano in particolari difficoltà. Siete pronti a un simile scenario?

Il problema è che gli esperti non parlano di effetti univocamente negativi o univocamente positivi prodotti dall’aumento delle temperature sull’agricoltura. Per la Russia, secondo i nostri esperti, sarebbe ipotizzabile, in presenza di certe condizioni, anche un aumento della produzione agricola e una trasformazione delle strutture agrarie, dato che il territorio di confine a Nord potrebbe innalzarsi.

Ma se non adotteremo delle misure per preservare la qualità del suolo nei terreni attualmente produttivi, per effetto dell’aumento delle temperature e delle modifiche nella distribuzione dell’acqua la produzione agricola potrebbe calare. Inoltre, le nostre regioni meridionali a causa delle modifiche nelle precipitazioni atmosferiche potrebbero essere a rischio desertificazione, un fenomeno visibile già da ora. Dobbiamo innanzitutto prepararci a una simile eventualità.

Gli scienziati russi sono giunti alla conclusione preliminare secondo cui i bug di Jamal che hanno fatto saltare internet potrebbero essersi formati a causa della degradazione del permafrost prodotta dall’aumento delle temperature. Nell’Artico russo vivono alcune delle più grandi colonie di leoni marini dell’intera popolazione artica mondiale, operano importantissime imprese e sono presenti grandi città. Se è davvero così, dovremo attenderci nei prossimi anni un’ondata di catastrofi tecnogene ed ambientali nel Nord della Russia ? 

L’aumento della temperatura del permafrost è un problema molto serio poiché questa zona occupa circa il 60% della superficie del territorio russo. Il cambiamento della temperatura del suolo modifica la qualità intrinseca del suolo. Ciò mette a repentaglio la solidità di impianti ingegneristici quali ponti, strade, edifici, ecc. Dobbiamo monitorare la tenuta del permafrost e modificare le norme edilizie, potenziando le strutture e rafforzandone la durata.

Per quale ragione il Presidente ha deciso di designare un consulente per le questioni climatiche?

La decisione del Presidente di assegnare questo incarico è dettato dal fatto che la Russia ha mostrato di aver ottenuto dei risultati nella riduzione dell’impatto sul clima. L’incarico serve a dimostrare anche sul piano politico che per il paese questo è un problema importante.

In Europa si cambia nome persino ai dicasteri governativi. Così in Danimarca esiste attualmente un Ministero delle risorse energetiche e del clima. Tutto ciò non fa che sottolineare quanto incida sul vettore politico di molti paesi il problema globale del cambiamento climatico.

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