Medici al lavoro (Foto: Itar Tass)
Autunno, inizia la nuova stagione per i medici del pronto soccorso. Gli anziani affollano l'ambulatorio. La gente rientra dalla dacia e finiscono le vacanze per i bambini. Alcuni addetti della stazione di pronto soccorso e assistenza medica hanno raccontato a Rbth cosa voglia dire fare questo mestiere.
Il policlinico su quattro ruote
“Vediamo spesso persone anziane che vivono sull'orlo della miseria e senza alcuna assistenza sanitaria. E se dal terapeuta è ancora possibile essere visitati, per uno specialista bisogna attendere due settimane. Per ottenere ad esempio una consulenza da un neurologo, bisogna aspettare. Mentre qui il dottore arriva in fretta”, racconta Elena Titova, medico di prima categoria impiegato al pronto soccorso da 15 anni. Inoltre il medico qui non ha il diritto di dare consulenze: dal momento che visita il paziente per la prima volta, non ne conosce la storia clinica. Ma a volte occorre violare queste regole “semplicemente perché è chiaro che, diversamente, il paziente si ritroverebbe senza alcun appoggio”.
Due anni fa il pronto soccorso di Mosca era diviso in rapido e urgente intervento. Ciò permetteva di distinguere le chiamate di emergenza dalle altre.
“I motivi gravi di prima urgenza sono infarti, ictus, perdita di conoscenza, avvelenamento. Tutto questo richiede intervento urgente. Aumento della pressione, febbre, sindromi influenzali, non rientrano nelle emergenze - spiega Titova - Al pronto soccorso per i casi urgenti, il tempo di permanenza è limitato a 30 minuti. Entro questo intervallo si deve fare la diagnosi e decidere se ricoverare il paziente oppure no. Mentre per gli altri casi tale limitazione non esiste”.
Al crepuscolo
“Noi vediamo tutto il rovescio della vita. È come al crepuscolo, e noi ci troviamo in questo crepuscolo ogni giorno”, confida l'assistente del pronto soccorso Dmitri Beljakov, impiegato da circa 12 anni nella stazione del quartiere dove vive. Dice di conoscere ogni casa qui. “Indicami qualsiasi abitazione e io ti dirò quanti bugigattoli ci sono, quanti alcolizzati, quante nonne vivono dimenticate dai parenti, o quante di loro, al contario, non vogliono vedere nessuno”.
Dmitri Beljakov si è iscritto agli studi per diventare paramedico quando aveva 32 anni. Prima di questo ha ottenuto il titolo di cuoco di specialità e ha finito l'Università russa di Economia Plechanov. In seguito gli è venuto l'inatteso desiderio di lavorare al pronto soccorso. “Ci sono andato con consapevolezza. Penso che il pronto soccorso sia salvare la vita alle persone, mentre il sistema stesso è qualcosa da incubo. Ci troviamo in una condizione a metà fra quella dei galeotti e dei servi della gleba, ci trattano come materiale da consumo”.
Beljakov ha fama di oppositore e di combattente contro la macchina burocratica incarnata nelle autorità guida del sistema del pronto soccorso moscovita. Alcuni anni fa, Beljakov ha creato un sindacato indipendente e ha fondato il sito “Fel'dsher.ru” (guardia medica). Questo inverno, per via del suo comportamento ostinato è stato licenziato.
La società del consumo
Sia Dmitri Beljakov che Elena Titova sottolineano che negli ultimi tempi i rapporti fra i pazienti e il personale del pronto soccorso sono cambiati. “A volte abusano del servizio. Prevale un atteggiamento consumistico nelle persone - fa notare Titova - Io vengo da una famiglia di medici. Ho sentito molte storie su come ai tempi la gente avesse rispetto per i dottori. Allora ne avevano stima. Mentre al giorno d'oggi questo non c'è più; ora la frase preferita è: avete fatto il giuramento di Ippocrate, noi paghiamo le tasse, voi ci siete obbligati”.
Secondo il parere del capo del sindacato, Beljakov, la cosa più importante che necessita cambiamento è il rapporto con i collaboratori. “I dirigenti del pronto soccorso e non solo, ma anche quelli dello stato devono rivolgersi a noi come a persone, non come materiale da consumo. Da noi non è il capo dello stato a governare il paese, ma funzionari di taglio medio”, aggiunge Beljakov.
Il sistema generalmente applicato al pronto soccorso è quello del lavoro giornaliero. Molto spesso dottori e assistenti lavorano per intere ventiquattro ore. Dopodiché hanno due giorni liberi. Poi ancora un'intera giornata di servizio. Così lavora la maggior parte dei collaboratori. Altri invece, quelli che lavorano al turno di 12 ore, hanno il giorno successivo libero. Come spiega Dmitri Beljakov, la gente è costretta a scegliere il lavoro giornaliero, perché molti di loro hanno sulle spalle prestiti e mutui.
“Ci sono stati casi sul lavoro di decesso dei collaboratori. Tutti giovani, dai 28 ai 53 anni - racconta Beljakov - Di recente è morto un dottore di 53 anni. I nervi hanno ceduto”.
Le persone vicine
Nonostante il lavoro pesante e le responsabilità elevate, le persone, una volta arrivate al pronto scoccorso, ci restano tutta la vita. Li attira la dipendenza adrenalinica, scherza Elena Titova. Secondo le sue parole, lei e i suoi colleghi non possono più vivere diversamente. “Possiamo imprecare contro il nostro lavoro, nondimeno siamo tutti qui. Quando soccorri la vita di un uomo provi un senso di soddisfazione che è pressoché incomparabile ad altro”.
Titova racconta di come una volta terminati gli studi alla facoltà di medicina, si sia trovata di fronte al classico interrogativo: da che cosa iniziare? E avesse deciso di servire al pronto soccorso.
“È una buona scuola di vita, il pronto soccorso. S'impara ad orientarsi in fretta in qualsiasi situazione. A prendere decisioni immediate. E poi si tratta di un collettivo di persone vicine. Quando si lavora in squadra, devi fidarti del tuo collega. Deve bastare una mezza parola per capirsi, non c'è tempo da perdere per le spiegazioni”. Ascoltare e capire l'altro è una capacità importantissima. Soprattutto quando si tratta della salute e della vita umana.
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