La Russia in prima fila contro l’ebola

Un’équipe di specialisti, formata da epidemiologi e virologi russi, è attualmente al lavoro in Guinea in un laboratorio di virologia mobile (Foto: PhotoXPress)

Un’équipe di specialisti, formata da epidemiologi e virologi russi, è attualmente al lavoro in Guinea in un laboratorio di virologia mobile (Foto: PhotoXPress)

Gli scienziati russi stanno collaudando un vaccino sperimentale contro il virus, che presto potrebbe essere testato sugli esseri umani. Secondo gli esperti, il tasso di mortalità potrebbe essere ridotto del cinque-dieci per cento

Il vaccino russo contro l’ebola è in fase di sperimentazione. E molto presto sarà pronto per essere testato sugli esseri umani. Lo ha reso noto nel corso di un’intervista a RBTH il direttore dell’agenzia Rospotrebnadzor, Anna Popova. “Abbiamo ottimi motivi per credere che molto presto il vaccino potrà essere utilizzato per prevenire il propagarsi del virus dell’ebola”, ha dichiarato Anna Popova, senza tuttavia indicare una data precisa. Un’équipe speciale formata da epidemiologi e virologi russi è attualmente al lavoro in Guinea in un laboratorio di virologia mobile realizzato a partire da un camion Kamaz. Gli scienziati russi stanno lavorando all’ospedale di Donka, situato nella capitale della Guinea Conakry, e sono in contatto diretto con l’Organizzazione mondiale della sanità e “Medici senza frontiere”.

Le informazioni più recenti

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, al 18 settembre il virus dell’ebola aveva contagiato 5.347 persone, provocando il decesso di 2.618 di loro. Il tasso di mortalità medio pertanto si colloca intorno al 60 per cento, a livelli inferiori rispetto alle epidemie precedenti che avevano provocato il decesso di ben il 90 per cento dei contagiati.

Questa epidemia di ebola può essere considerata la più grave da quando nel 1976 è stato scoperto il virus. Oltre che in Guinea, in Sierra Leone e in Liberia, casi di contagio da ebola sono stati segnalati in Nigeria e in Senegal.

Secondo uno studio dell’università di Oxford, il virus dell’ebola è in grado di diffondersi nei 15 paesi dell'Africa equatoriale, zona nella quale vivono circa 22 milioni di persone. Altra potenziale minaccia è quella di un’eventuale mutazione del virus, che renderebbe possibile il contagio tramite micro-particelle che si diffondono nell’aria e non soltanto con il contatto diretto. Questa ipotesi è stata formulata dal dottor Michael Osterholm, del Centro di ricerche sulle malattie infettive dell’Università del Minnesota.

Come abbassare il tasso di mortalità?

Mikhail Shchelkanov, ricercatore dell’Istituto di ricerca virologica Ivanov ha dichiarato nel corso di un’intervista rilasciata a RBTH che un vaccino, seppure sperimentale, potrebbe essere sicuramente utile nella lotta contro il virus, ma che è di gran lunga più importante per il momento mettere a punto una terapia adeguata. Mikhail Shchelkanov ha fatto parte del primo gruppo di virologi russi che si è recato in Guinea all’inizio del mese di agosto per prendere parte alla lotta all’epidemia. “Se a un paziente si offre una terapia adeguata ai sintomi dei quali soffre, si migliorano le sue chance di sopravvivenza del 10 per cento. Se a ciò si aggiunge una procedura di sterilizzazione adeguata, le sue possibilità aumentano di un altro 10 per cento. Se a ciò si aggiunge un sistema di assistenza respiratoria, le sue chance di sopravvivenza aumentano del 20 per cento. Con una terapia emostatica si ottiene un ulteriore miglioramento del 10 per cento. E se a tutti questi fattori aggiungiamo ancora un antisiero, possiamo ottenere un miglioramento aggiuntivo dal 25 al 30 per cento delle possibilità di sopravvivenza”, ha spiegato Shchelkanov.

Secondo l’esperto, le febbri emorragiche – categoria alla quale appartiene il virus dell’ebola – sono pericolose a causa della rapidità di diffusione, ma anche perché le epidemie in genere scoppiano in zone difficilmente accessibili: tali zone per lo più sono sprovviste di strutture ospedaliere e le persone contagiate non riescono con facilità a ottenere assistenza medica. Invece, con le opportune terapie, il tasso di mortalità potrebbe essere ridotto al 5-10 per cento dei contagiati.

“La febbre emorragica Congo-Crimea, per esempio, era ben nota in epoca sovietica: in assenza di norme sanitarie rigide, nei villaggi più remoti dell’Asia centrale sovietica il tasso di mortalità dei contagiati poteva raggiungere il 50 per cento”, ha detto Shchelkanov.

“Come qualsiasi altro virus, anche quello dell’ebola potrebbe essere utilizzato come arma batteriologica - ha aggiunto -. L’ebola, la salmonella, l’influenza sono malattie che potrebbero essere utilizzate a questi fini. Se alcune persone competenti dovessero trovarsi tra le mani un agente patogeno, sarebbero sempre in grado di perseguire i loro scopi”.

Debellare la malattia subito

Il problema principale dell’Africa Occidentale è dovuto al fatto che l’epidemia non è stata contenuta nel dicembre 2013, quando sono scoppiati i primi casi di febbre emorragica dovuta al virus dell’ebola. Ormai, afferma il dottor Shchelkanov “non se ne può fermare la diffusione se non dispiegando i soldati in un dato posto e isolando i vari villaggi tra di loro”. Ma neanche così si può debellare l’epidemia. Secondo Shchelkanov i tremila militari che il presidente americano Barack Obama ha inviato in Africa Occidentale la settimana scorsa non potranno fare altro che rafforzare il cordone sanitario.

Sono due le ragioni fondamentali per le quali è particolarmente difficile arrestare questa epidemia. Il primo è che l’epidemia è endemica e nasce da focolai sempre presenti. Controllare il processo di diffusione del virus nei focolai originari nella foresta tropicale in Guinea, Sierra Leone e Liberia oggi è pressoché impossibile. Sarebbe infatti indispensabile raccogliere dati e informazioni tramite una stazione epidemiologica, per la creazione della quale sono in corso trattative da parte della Russia con le autorità della Guinea. In secondo luogo, l’Africa occidentale rientra nell’elenco delle aree più povere del pianeta, tanto che è praticamente priva di strutture sanitarie o di specialisti epidemiologi preparati.

L’assenza di condizioni sanitarie adeguate è per di più aggravata dalle gravi mancanze amministrative di numerosi stati dell’Africa Occidentale, ma anche dagli alti livelli di diffusione della corruzione che impediscono la realizzazione di misure anti-epidemiologiche indispensabili: è sufficiente pagare cinquanta centesimi di dollaro e qualsiasi contagiato può uscire dalla zona messa in isolamento dal cordone sanitario.

È altresì importante tener conto delle tradizioni e delle usanze locali. In particolare, i funerali si svolgono alla presenza di tutta la popolazione del villaggio del defunto, e nel corso della cerimonia tutti i presenti ne abbracciano il corpo. Tutto ciò, naturalmente, non contribuisce a fermare in tempi rapidi il diffondersi di un’epidemia.

La natura del virus

I focolai naturale della febbre emorragica dell’Ebola si trovano tra le colline del nord della Guinea, in una zona ricoperta di foreste. I chirotteri (pipistrelli che mangiano per lo più frutta e semi) costituiscono la riserva naturale del virus. In genere, i chirotteri vivono e si nascondono in alto nella foresta tropicale, e non sono colpiti dal virus a livello clinico, essendone semplicemente portatori tramite le loro deiezioni e la saliva. Da loro il virus passa ai primati e li contagia. Le grandi scimmie sedentarie e lente sono infatti tra i primi animali a essere colpiti dal virus. I pipistrelli infetti sono contagiosi per l’uomo. Un pipistrello bruciato tuttavia non è pericoloso, nella misura in cui soltanto la resezione della carcassa può presentare rischi di contaminazione. L’unico modo efficace per lottare contro il virus consiste quindi nel creare un vaccino e procedere a una sorveglianza regolare e accurata dei focolai epidemici. 

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