Vladimir Legojda, a destra, presidente dell’Ufficio stampa del Sinodo del Patriarcato di Mosca (Foto: Andrei Stenin / Ria Novosti)
Le divergenze politiche relative alla “questione ucraina” hanno spesso ripercussioni anche sulla Chiesa. Il presidente dell’Ufficio stampa del Sinodo del Patriarcato di Mosca, Vladimir Legojda, racconta in un’intervista l’influenza esercitata dalla politica sulla situazione della Chiesa ortodossa ucraina.
Alla luce dei recenti avvenimenti risulta davvero unita la Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca e quanto appaiono forti in essa le tendenze verso una scissione dalla Chiesa ortodossa russa per la formazione di una chiesa autocefala?
Comincerò col precisare che l’unità della Chiesa è innanzi tutto insita nell’unità dei suoi figli fedeli in Cristo, nella fedeltà al Vangelo e nella devozione alla Chiesa, ai suoi dogmi e alle norme di vita degli uomini di chiesa. La violazione di tale unità arreca sempre ferite al corpo della Chiesa, come è già avvenuto in Ucraina agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso. Allora, a vantaggio delle ambizioni personali e degli interessi politici, era stata sacrificata anche la fedeltà a Cristo e alla chiesa stessa, e di conseguenza, un’autentica assistenza pastorale e spirituale alle persone. Queste ferite non si sono ancora rimarginate. E coloro che oggi, approfittando della crisi in corso, cercano di nuovo di lacerare l’unità della Chiesa, non agiscono da cristiani. Sono certo che se simili persone esistono in Ucraina, in seno alla nostra Chiesa, non rappresentano che un’assoluta minoranza.
Se parliamo di differenze tra i figli della Chiesa ortodossa ucraina, tali differenze possono di certo esserci, e si vuole citare a tale proposito ancora una volta il messaggio di febbraio del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa: “La Chiesa ortodossa ucraina ha di conseguenza sempre esortato e continua a esortare alla pace e alla preghiera, senza identificarsi (come una serie di altre organizzazioni religiose) con una parte o l’atra dell’opposizione politica. I suoi figli e fedeli risiedono in tutte le regioni dell’Ucraina. Si tratta della più vasta comunità religiosa del paese e vive la vita del suo popolo, standogli accanto nei momenti di difficoltà e dolore. In ciò consiste il carattere unico del suo apostolato sociale poiché vivono in Ucraina persone appartenenti a differenti comunità etniche, linguistiche e culturali e che possiedono differenti opinioni politiche. Alcuni caldeggiano una piena integrazione nelle strutture politiche, create dai governi occidentali. Altri, al contrario, aspirano a potenziare i rapporti storici con i popoli della Russia e a tutelare le proprie tradizioni culturali.
Tendenze sociali contrapposte, che cercano, alternativamente, di avere il sopravvento le une sulle altre, e che polarizzano la società ucraina. La Chiesa, trovandosi al di sopra di tali contrasti, non può identificarsi con nessuna delle posizioni sopramenzionate. Al contrario, la Chiesa ortodossa canonica, che mira a tutelare l’unità dell’intera comunità ortodossa, appare l’unica forza in grado, in nome della salvaguardia della pace civile, di riconciliare e unire le persone portatrici di convinzioni politiche diametralmente opposte.
Quali sono gli umori del clero e dei laici nella Chiesa ortodossa ucraina dopo le vicende seguite alla vittoria dell’Euromaidan a Kiev e all’annessione della Crimea alla Russia?
Noi oggi preghiamo affinché lo stato d’animo della congregazione di fedeli non sia condizionato dalla violenza e dalle minacce rivolte contro i nostri santuari, di cui, periodicamente, purtroppo, veniamo a conoscenza. Talvolta si dice che i dati relativi all’esistenza di una situazione scarsamente sicura siano esagerati. Ma, per esempio, la recente perquisizione di cui è stato oggetto a Odessa padre Oleg Mokrjak, da parte dell’Sbu, suscita sgomento. Che altro sarebbe, se non una forma di intimidazione? Si è davvero certi che in queste circostanze i preti che, per consuetudine, hanno famiglia e figli, possano esprimere liberamente il proprio punto di vista sulla Russia, senza temere per il futuro dei propri cari, e senza tener conto di ciò che “raccomandano” le forze di propaganda?
In internet è stato diffuso l’appello del metropolita Sofronij di Cherkassk e Kanev alla portavoce del Consiglio della Federazione Russa Valentina Matvienko e al ministro della Cultura Vladimir Medinskij, in cui critica duramente Vladimir Putin e la politica dell’attuale leadership russa. Lei è a conoscenza del testo di questo appello e può commentarlo per noi?
Purtroppo, ne sono a conoscenza. Ahimé, un simile tono, da qualunque motivo fosse dettato, non può che produre un’effetto deprimente sulla comunità pastorale della chiesa russa, sia in russia che in Ucaina. La gente si aspetta di sentire da un arcipastore parole d’amore che servano a rafforzare la fede, soprattutto in questi tempi difficili in cui tutti soffriamo. È triste che oltre a ciò si debbano udire parole di ostilità.
Subito dopo la vittoria dell’Euromaidan a Kiev, a febbraio, il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina ha istituito una commissione per il dialogo della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca con la Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Kiev e la Chiesa ortodossa autocefala ucraina. A suo avviso, dall’attività di questa commissione potrà scaturire qualche risultato concreto? E che cosa sta a testimoniare il fatto della sua comparsa?
Noi guardiamo con favore a qualunque passo possa essere compiuto nell’ambito della tradizione della Chiesa, che in ultima analisi potrebbe ricondurre, dopo la scissione, i nostri fratelli a tornare in seno alla Chiesa canonica, e riportarli all’ovile. Confidiamo che il lavoro di questa commissione dia dei frutti positivi. Ma al contempo è importante ricordare che quello del superamento della divisione della Chiesa in Ucraina è un problema che non risale solo a ieri. E che non esiste alcuna soluzione alternativa al di fuori dell’ambito canonico, come del resto è stato ancora una volta ribadito unanimemente dai capi e dai rappresentanti di tutte le chiese ortodosse locali nell’incontro avvenuto ai primi di marzo a Istanbul. Voglio ricordare ancora una volta che nel messaggio, approvato al termine della conferenza dai primati della chiesa, si dice: “Pregheremo ardentemente affinché nella crisi, che ancora prosegue in Ucraina, si possa riprendere un dialogo di pace e si possa trovare una riconciliazione attraverso la preghiera. Condanniamo le minacce di confisca violenta di monasteri e chiese e preghiamo per il ritorno dei nostri fratelli che si trovano oggi al di fuori della comunità ecclesiale in seno alla Santa Chiesa”.
Le forze politiche estremiste in Ucraina dichiarano spesso che il paese ha bisogno di una “Chiesa locale unita”. A suo avviso, esiste la probabilità che simili dichiarazioni prima o poi possano concretizzarsi?
Come ha ribadito più volte il nostro santissimo Patriarca, gli ucraini hanno una loro Chiesa ortodossa locale: la Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca. Ed è tanto russa e ucraina che moldava. La chiesa esiste al di là dei confini e delle ostilità politiche. Gli estremisti in Ucraina vogliono “creare” non una Chiesa unica, ma un partito religioso, che possa legittimare le loro azioni ed essere spiritualmente indulgente con le loro fantasie politiche. La creazione di una simile Chiesa, oltre che un tradimento di Cristo, non può essere definita altrimenti che come una profanazione della pietà cristiana ucraina.
Qui la versione originale dell'intervista
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