Se l'abito fa il monaco

All’epoca di Pietro I, a ciascun rango corrispondeva un’uniforme (Foto: Vladimir Astapkovich / RIA Novosti)

All’epoca di Pietro I, a ciascun rango corrispondeva un’uniforme (Foto: Vladimir Astapkovich / RIA Novosti)

L'importanza, nella storia russa, dell'uniforme come modo per simboleggiare il proprio status sociale

Nel racconto intitolato “Il cappotto”, il celebre scrittore russo Nikolai Gogol narra di un funzionario che viene privato del proprio posto all’interno della gerarchia sociale. La vicenda è incentrata sull’importanza del soprabito e dell’uniforme. In Russia questa non era considerata un semplice capo di abbigliamento, bensì un simbolo di devozione verso il proprio Paese e di appartenenza alla vita dell’impero. Una percezione che è diffusa ancora oggi. Nel 1722, con l’approvazione della Tavola dei ranghi (un registro di posizioni e gradi civili e militari), Pietro I impartì alla macchina burocratica russa un ordine improntato al modello europeo. A ciascun rango corrispondeva un’uniforme, e ciò permetteva di determinare con esattezza, a prima vista, il ruolo di ogni funzionario e la posizione da egli occupata all’interno della società. Gli abiti facevano il monaco, e questo era uno dei principali motivi che spingeva i giovani a desiderare un impiego, fosse anche nel settore civile. Persino i venditori di giornali indossavano una tenuta apposita, costituita da un lungo grembiule a doppio petto, un cappello a punta e una caratteristica sacca a tracolla.


Non solo i lavoratori, ma anche gli studenti indossavano uniformi approvate dallo zar (Foto: Wikipedia)

L’uniforme contribuì anche a rafforzare l’immagine del governo: durante il regno di Pietro I, la Russia iniziò infatti a “parlare la stessa lingua” dell’Europa, e questo perché una volta adottati degli abiti di foggia europea, i funzionari russi smisero di apparire agli occhi del resto del mondo come una sorta di slavi incivili. Lo stesso Pietro I indossava un’uniforme di fattura eccezionale, confezionata in Russia. Il diffondersi delle uniformi favorì infatti in tutto il Paese l’affermarsi dell’industria tessile e lo sviluppo del settore dell’abbigliamento. Con le sue imponenti ordinazioni di uniformi, il governo stesso accelerò il passaggio dalla produzione artigianale a quella industriale di tessuti e capi. L’impero russo era il Paese delle uniformi: tutti i lavoratori e tutti gli studenti, dal ginnasio agli uffici governativi, indossavano un’uniforme approvata dallo zar, la cui foggia, colore, dettagli, tessuto e proporzioni erano contenuti in tavole dettagliatamente descritte e pubblicate sui testi di diritto. Ogni zar approvava e modificava personalmente lo stile delle uniformi.

Uniforme femminile firmata
Anastasia Romantsova
(Foto: Ufficio Stampa)

Le donne erano escluse da questa moda: solo le impiegate del settore scolastico e sanitario erano tenute ad attenersi a delle tacite raccomandazioni che prediligevano la scelta di colori modesti e tagli castigati, praticamente privi di dettagli decorativi, e indossavano per lo più abiti di colore scuro, dal collo alto.

Mostrine, cappelli e stivali neri

Ogni istituto scolastico e ogni dipartimento governativo adottava una propria uniforme, della quale esistevano diverse versioni: formale, da tutti i giorni, invernale ed estiva. E se gli ufficiali di cavalleria pesante disponevano di cinque o sei diverse versioni, i soldati semplici dello stesso reggimento ne avevano solo tre. All’interno di ogni dipartimento governativo l’uniforme variava inoltre in base alla classe e al rango di chi la indossava: il modello e la posizione delle impunture erano diverse a seconda che si trattasse dell’uniforme formale di un funzionario di basso livello, di un amministratore universitario (quattordicesimo rango) o ancora di un docente accademico (sesto rango). Anche il copricapo cambiava a seconda della carica, e poteva assumere svariate fogge o avere rifiniture di pelliccia di diversi colori. Le uniformi potevano variare addirittura all’interno dello stesso dipartimento governativo e per posizioni identiche: i funzionari che prestavano servizio presso la “sede centrale” vestivano infatti in maniera diversa da coloro che lavoravano presso gli uffici decentrati: mentre i bottoni dei primi erano decorati con l’effige di un’aquila bicipite, su quelli dei loro colleghi di provincia era riprodotto lo stemma della provincia stessa, incorniciato da un cinto di alloro.

L’uniforme di Pietro il Grande
(Foto: Sergei Pyatakov / RIA Novosti)

I colori erano in generale tenui. Stando a una descrizione dello storico Y. Rivosh: “I giustacuore, le redingote, le marsina e i calzoni dell’uniforme erano di norma color verde bottiglia. Il blu scuro era riservato ai funzionari del ministero dell’Istruzione e dell’Accademia delle Arti. In estate si indossavano redingote, gilet e talvolta dei calzoni di lino decolorato o al naturale, o di un tessuto di cotone a trama fitta con goffratura diagonale - lo stesso con cui erano confezionati i berretti a punta”. Ai piedi si indossavano stivali neri, bassi, con stringhe. Gli stivali alti erano ammessi solo durante le missioni e se abbinati a giacche a doppiopetto, pastrani o redingote. Scrive Rivosh: “Gli stemmi distintivi basati su rango erano i medesimi per tutti i ministeri e i dipartimenti governativi, e venivano fissati ai galloni o alle spalline. Ogni capo d’abbigliamento formale, ad eccezione dei giustacuore e delle marsine, era dotato di galloni, sui quali era riprodotto l’emblema del ministero o del dipartimento governativo di appartenenza, che appariva anche, in piccolo, sul copricapo. L’alta uniforme dei funzionari era il giustacuore: una giacca a un unico petto e nove bottoni, e calzoni confezionati di lampasso spolinato (dal quarto rango in su). L’alta uniforme, sulla quale si appuntavano tutte le onorificenze, si indossava insieme alla spada, ai guanti bianchi e a un gilet bianco, che però rimaneva occultato”.

Una splendida tenuta

Per la sua pre-collezione autunno-inverno 2014–2015, la stilista Anastasia Romantsova si è ispirata alle uniformi della Russia, abbinando ai colletti inamidati dei soprabiti impreziositi da mostrine, galloni e altri elementi decorativi. L’alta uniforme dei senatori, confezionata con filo d’oro, costava quanto il salario mensile di un ministro. Il prestigio del soprabito era talmente grande da suscitare l’invidia di chi, come mercanti e fabbricanti, con il servizio governativo non avevano nulla a che fare. Tuttavia, devolvendo una cifra sostanziale (centinaia di migliaia, e persino di milioni di rubli) al fondo delle cause dell’Imperatrice Maria, che si occupava di orfanotrofi, ospizi per anziani, ospedali ed altri istituti, si acquisiva il diritto di indossare una splendida uniforme, la cui sontuosità era direttamente legata alla generosità del donatore.

L’uso pervasivo dell’uniforme cadde in disuso con il dissolversi della monarchia, e oggi sopravvive solo nella tenuta dei dipendenti di alcuni dipartimenti militari e uffici giudiziari. Tuttavia oggi i funzionari riconoscono sempre più spesso all’uniforme la capacità di disciplinare e unire. “I poliziotti indossano la stessa uniforme, e ciò li rende riconoscibili. Anche i funzionari dell’amministrazione statale dovrebbero essere riconoscibili e indossare delle tenute dignitose”, ha dichiarato in un’intervista Dmitry Malov, deputato dell’Assemblea del distretto di Troitsky, proponendo che tutti i funzionari della regione di Chelyabinsk indossino uniformi identiche, ma eleganti. Forse presto assisteremo al trionfale ritorno del Cappotto.

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