Sulla strada, la Russia che vive ai margini

Secono i sociologi, i senzatetto in Russia oggi sono tra un milione e mezzo e i tre milioni di abitanti (Foto: Alexei Kudenko / Ria Novosti)

Secono i sociologi, i senzatetto in Russia oggi sono tra un milione e mezzo e i tre milioni di abitanti (Foto: Alexei Kudenko / Ria Novosti)

Il numero dei senzatetto nel Paese non accenna a diminuire: le testimonianze di chi non ha più una casa e di chi invece si impegna per dare loro una possibilità di riscatto

Negli anni Novanta la Russia è diventata terra di senzatetto di massa: all’epoca, drastici cambiamenti nel Paese portarono centinaia di migliaia di russi sulla strada, senza casa. Oggi, benché la situazione economica sia migliorata, i sociologi calcolano che i senzatetto siano tra un milione e mezzo e i tre milioni di abitanti. Gli esperti fanno notare che un ritorno a un’esistenza normale per queste persone è possibile, purché queste non siano rimaste a vivere in strada per un periodo troppo lungo.

Yuri ha iniziato a vivere in strada oltre quindici anni fa. Oggi ha 45 anni e ha trascorso la sua prima notte all’addiaccio quando ne aveva 29. Per un certo periodo aveva vissuto nell’appartamento di Mosca dei suoi genitori, e si guadagnava da vivere come commesso in un grande magazzino. Dopo la morte dei suoi, però, la sorella ha venduto l’appartamento e lo ha cacciato. “Avevo affidato la vendita dell’appartamento dei miei genitori a mia sorella, ma ho ricevuto soltanto una cifra esigua - racconta Yuri -. Ho sollevato uno scandalo, ho litigato con lei, l’ho minacciata, ma alla fine l’ho mandata al diavolo. Mi sono detto che ce l’avrei fatta, anche se non avevo molti soldi. Ho preso in affitto un piccolo appartamento e ho traslocato lì da solo”.

Striptease per i senzatetto

In ogni caso, la morte dei genitori, la lite con la sorella e la sua nuova situazione sono stati una brutta botta per lui e lo hanno messo proprio a terra. Poi sono arrivati altri guai: l’alcolismo, i debiti, i litigi con gli amici. La situazione è degenerata al punto che non ha avuto più i soldi per l’affitto e per la prima volta in vita sua ha dormito nell’ingresso del palazzo. Questo accadeva alla fine degli anni Novanta.

Oggi Yuri dorme nella stazione ferroviaria Kurskij, e trascorre le sue giornate chiedendo l’elemosina sul sagrato delle chiese. Dice che per vivere ha bisogno di mettere insieme dai 50 agli 800 rubli al giorno (da poco più di un euro a 20 euro circa, ndr). Le sue conoscenze ormai sono soltanto nel giro degli altri senzatetto, che si riuniscono di frequente, comperano in condivisione cibo e alcolici e cercano un posto dove trascorrere la notte. Yuri si è abituato a vivere in strada, e dice che gli sembra impossibile riuscire un giorno a tornare alla vita civile normale.

“Vivere in strada ovviamente non è una passeggiata. Spesso ci cacciano dalle stazioni ferroviarie e dobbiamo dormire su cumuli di spazzatura. Dobbiamo restare sempre vigili perché girano bande di non russi che ci derubano. Prego tutti i giorni e credo che Dio mi proteggerà. In ogni caso, non ho nessun posto dove andare, quindi mi affido a quello che Dio vuole per me”, dice.

Svetlana è una donna sulla cinquantina, indossa una giacca logora di poliestere e vecchie scarpe. Dice di essere arrivata a Mosca dall’Ucraina perché le avevano promesso un posto di lavoro. “Sono di Voznesensk, in Ucraina – spiega -. Lì lavoravo in un caseificio, ma il salario era molto basso. Allora mi sono messa alla ricerca di un altro posto di lavoro e tramite amici ho trovato qualcosa a Mosca. Dicevano che c’era bisogno di una sarta e io cucio come una professionista. Ho pensato: ‘Perché no? In fondo, è sempre meglio che morire di fame qui, e così sono partita”.

Ma quando è arrivata a Mosca le cose per Svetlana sono precipitate: il lavoro non si è materializzato e lei si è ritrovata insieme agli zingari, che l’hanno sequestrata e costretta a chiedere l’elemosina nella metropolitana. Per fortuna è riuscita a scappare, ma anche dopo tutto ciò non ha voluto fare ritorno in Ucraina. “A Voznesensk ho ancora un figlio, ma beve molto. Mio marito è morto - spiega Svetlana -. Lì c’è la miseria assoluta, mentre qui a Mosca pur essendo una senzatetto riesco in ogni caso a procurarmi da mangiare e a vestirmi. Se resto sul sagrato di una chiesa tutto il giorno 500 rubli riesco a metterli insieme (poco più di dieci euro circa) e in genere mi possono bastare per comprare un po’ di pane, latte e un liquore”.

Una notte con i senzatetto di Mosca

Ormai Svetlana dorme quasi sempre in uno dei cortili di Mosca insieme ad altre due persone senzatetto. Va d’accordo con tutti i poveri e gli sbandati locali. Anzi, dice che soltanto loro la capiscono veramente: “Siamo come una grande famiglia, e ci aiutiamo l’un l’altro a sopravvivere”. Svetlana dice che sarebbe disposta ad accettare qualsiasi posto di lavoro, purché la paghino. Il suo vero problema è che non ha documenti, perché le sono stati confiscati quando elemosinava per gli zingari. In ogni caso, erano documenti ucraini. L’unico modo che avrebbe per tornare a una vita normale sarebbe rientrare in Ucraina, ma lei non lo prende proprio in considerazione. In teoria, non fa neanche progetti sul futuro: per lei esiste soltanto il presente, il qui e ora, anche se pensa al freddo in arrivo. Sopravvivere all’inverno è la sua preoccupazione principale.

A seconda delle fonti risultano vivere in strada a Mosca tra le diecimila e le cinquantamila persone: purtroppo, il loro numero non è in calo. Secondo Elena Kovalenko, project manager presso l’Istituto di economia urbanistica, i problemi principali che emergono dal tentativo di porre rimedio al fenomeno dei senzatetto nascono perlopiù dalle inefficaci politiche sociali del governo, ma anche dalla mentalità stessa dei barboni.

“Non si diventa senzatetto per una svolta improvvisa. In genere, si tratta di un fenomeno graduale, di un accumularsi di problemi che limitano sempre più le capacità dell’individuo di far fronte a varie difficoltà. Diciamo che una persona potrebbe vivere per molto tempo senza avere un indirizzo e continuare a non ritenersi un senzatetto. Poi, per circostanze sfortunate o a causa di un incidente si ammala, per colpa della malattia perde il lavoro e ciò significa che deve andare ad abitare in una casa in affitto. Questo in genere è l’iter di chi vive in questa situazione, anche se i percorsi cambiano molto, sono soggettivi. E, in ogni caso,  gli altri li chiamano senzatetto - dice Kovalenko -. I servizi pubblici non prevedono misure di prevenzione e tutela, mentre l’assistenza sociale per chi è già diventato un senzatetto è spesso ostacolata da pastoie burocratiche, da un basso livello di cooperazione tra i vari servizi, da uno sviluppo inadeguato e insufficiente della rete delle agenzie specializzate e così via. Le opzioni a disposizione dei servizi sociali sono concepite per persone più o meno adattate a livello sociale, e spesso chi finisce a dormire in strada non le conosce o ha un’idea distorta di questi servizi sociali e quindi non vi fa ricorso”.

Valentina Surkova è sicura, invece, che sia possibile fare qualcosa per aiutare queste persone e che la cosa più importante sia volerlo fare. A Mosca investe tutte le sue forze e le sue energie, oltre alla sua pensione, per aiutare i senzatetto: si reca nelle stazioni e distribuisce buoni pasto, invitando i senzatetto a mangiare a casa sua.

“Qualsiasi persona può fare ritorno a una vita normale se riusciamo ad aiutarla nei primi quattro giorni da quando è finita in strada – dice -. Io vado di proposito nelle stazioni ferroviarie alla ricerca di queste persone. È facile riconoscerle tra coloro che sono senzatetto da tempo, perché hanno uno sguardo perso. Io le aiuto a rimettere in ordine i loro documenti e compro loro i biglietti per andare a stare a casa dai loro parenti. I barboni della stazione ferroviaria di Kazan mi hanno soprannominato Mamma Valentina”. Secondo Surkova, tutti possono mettere a disposizione del prossimo ciò che non utilizzano: il superfluo di qualcuno può essere il necessario per un altro, dal cibo alle vecchie attrezzature da ufficio.

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