L'inizio della supremazia strategica dell'Urss

Le truppe sovietiche mostrano una maggiore forza nell'estate del 1943 (Foto: Photoshot)

Le truppe sovietiche mostrano una maggiore forza nell'estate del 1943 (Foto: Photoshot)

Riflessioni storiche a 70 anni dalla battaglia di Kursk

Non esiste una descrizione capace di rendere l'essenza della battaglia di Kursk meglio di come fece Boris Polevoj nel suo "Racconto sull'uomo autentico": "I tedeschi pensavano, raccogliendo tutte le loro forze come è loro abitudine, di pugnalare la schiena del nemico profondamente addormentato, prima dell'alba. Ma il nemico faceva solo finta di dormire: afferrò la mano che stringeva il pugnale rivolto contro di lui, e la mano scricchiolò nella morsa di quelle enormi dita d'acciaio, dita di eroe".

Dalla mattina in cui le truppe tedesche mossero all'attacco di Kursk sono passati 70 anni. Il tempo ha spazzato via tutta la stratificazione di ideologie, passioni e propaganda da quella grande battaglia.

Ed ecco che cosa è apparso chiaro: i tedeschi allora non erano certo meno forti rispetto al 22 giugno del 1941. Alla vigilia del 5 luglio 1943 in quella zona del fronte avevano concentrato ingenti forze e mezzi, quasi 50 divisioni. C'era un'enorme quantità di carri armati, artiglieria e mezzi di aviazione. 

Quasi un milione di soldati. Li guidavano i migliori generali tedeschi, Von Kluge e Von Manstein. Infine, – non si può non riconoscerlo agli alti comandi tedeschi, – il piano della battaglia era stato ben architettato. Colpire con i pugni corazzati delle divisioni carriste ai lati di una sporgenza nella linea del fronte è come colpire un uomo alla base del collo da entrambi i lati. E poi stringere le "dita" della fanteria motorizzata nei pressi di Kursk, spezzando così il collo all'Armata Rossa.

Con la quantità di forze e mezzi che il comando sovietico aveva concentrato nei pressi di Kursk, questa strategia aveva delle chance di successo: nei dintorni potevano trovarsi delle truppe del fronte Centrale e del fronte di Voronezh, ma richiudere un simile squarcio nelle fila dei soldati sarebbe stato estremamente difficoltoso.

Guarda l'infografica
sul 70mo anniversario
della battaglia di Kursk

Inoltre, per alcuni aspetti le truppe tedesche erano tecnicamente superiori alle nostre: ai 348 carri armati e mezzi corazzati di nuova concezione i nostri T-34 non potevano opporsi alla pari. D'altra parte, numericamente l'Armata Rossa era superiore alla Wehrmacht sotto ogni profilo; ma le stesse condizioni si erano verificate anche nel 1941. 

In sostanza, come è stato osservato chissà perché da pochissimi storici, nel luglio 1943 le posizioni di partenza ricalcavano quelle del giugno 1941.

L'esito dei combattimenti però fu completamente diverso. L'Armata Rossa era preparata al colpo; a differenza di quanto era avvenuto all'inizio della guerra, sebbene anche allora l'assalto nemico fosse stato previsto, l'esercito era preparato e truppe e mezzi erano stati concentrati...

Come mai? Vi sono diversi motivi.

Primo: i servizi segreti erano incomparabilmente più sviluppati. Invece di una moltitudine di comunicazioni ingarbugliate e contraddittorie su quando sarebbe iniziata l'attuazione del piano Barbarossa (che nel complesso rimaneva un'incognita per il comando supremo sovietico), questa volta il testo della direttiva con la descrizione dell'operazione Cittadella si trovava sulla scrivania di Stalin tre giorni prima che Hitler lo firmasse. A buon intenditor poche parole.

Secondo: una chiara comprensione degli obiettivi strategici del comando supremo. E precisamente: difesa in profondità, azione di logoramento del nemico e poi contrattacco. E ancora una volta è impressionante il contrasto con il 1941, quando, per loro stessa ammissione, i generali tedeschi non erano riusciti a comprendere la logica della disposizione delle truppe sovietiche lungo la frontiera: quella disposizione non era adatta né a difendersi né ad attaccare.  

Terzo: l'esperienza e la fiducia nelle proprie forze da parte delle truppe. La fiducia in sé c'era stata anche nel 1941, e si era spinta fino alla presunzione: "con poco spargimento di sangue e in territorio straniero".  In realtà, interi reggimenti erano caduti in preda al panico di fronte agli imperfetti carri armati tedeschi, che rispetto ai "Tigre" del 1943 erano delle scatolette di latta su fragili cingoli. Nel 1943 i russi non avevano più paura nemmeno dei Tigre: ne tenevano conto, sì, ma non ne erano spaventati, come dimostra la battaglia di Prokhorovka. 

Quarto: gli approvvigionamenti. È risaputo che nel 1941 erano stati organizzati male (i magazzini si trovavano quasi in vista del nemico) e realizzati peggio. O più precisamente, all'inizio non esistevano proprio. Perciò parecchie munizioni erano bruciate negli incendi, saltate in aria o cadute in mano del nemico: accadde persino a interi carri armati, rimasti senza carburante. Nelle memorie sulla battaglia di Kursk si leggono episodi come questo: "un proiettile nemico fece centro in una fossa dell'artiglieria, ma non importava, ne restavano altre due utilizzabili e continuammo a rispondere al fuoco". 

E infine, l'ultimo fattore, che, però, è forse il più importante: quello che Tolstoj chiamava lo "spirito di corpo". Come si è detto giustamente, nella battaglia di Kursk vi furono uomini in ritirata, ma non in fuga. I reparti sovietici venivano trasferiti su altre posizioni perché erano esaurite le forze e i mezzi per la difesa, oppure cadevano combattendo: la potenza dell'impeto nemico era enorme, molto maggiore di quella del 1941. Eppure i battaglioni continuavano a respingere gli attacchi del nemico, persino dopo aver perso le comunicazioni con il comando, completamente accerchiati, in una situazione disperata. La stessa cosa era accaduta due anni prima, ma a differenza dell'estate del 1941 questa volta la resistenza fu non solo disperata, ma anche efficace.

In conclusione

Ufficialmente si ritiene che la vittoria nella battaglia di Kursk segnò il passaggio dell'iniziativa strategica all'esercito sovietico. Fu proprio così. Gli stessi generali tedeschi ammisero che questa battaglia era stata l'ultimo tentativo di conservare l'iniziativa sul Fronte orientale: "Con il suo fallimento, che equivaleva a una disfatta, l'iniziativa passò definitivamente ai sovietici. Per questo l'operazione Cittadella rappresenta un punto di svolta decisivo nella guerra sul Fronte orientale".   

Ma la battaglia di Kursk ebbe anche un altro significato.

La ferita aperta dalla catastrofe del 1941 lasciò un segno assai profondo nello spirito dell'esercito e nell'anima del popolo. Due anni dopo quella ferita continuava a sanguinare, nonostante le vittorie nelle battaglie di Mosca e di Stalingrado. La battaglia di Kursk cauterizzò quella ferita con il suo fuoco crudele ma salvifico. Rimase solo una cicatrice, a ornamento della nostra storia.

Per leggere l'articolo in versione originale cliccare qui

Tutti i diritti riservati da Rossiyskaya Gazeta

Questo sito utilizza cookie. Clicca qui per saperne di più

Accetta cookie