I bambini ai tempi dell'Urss venivano educati a essere dei perfetti comunisti (Foto: Tatiana Korablinova)
Si dice che l’infanzia sia uno dei periodi migliori della nostra vita. Un momento senza preoccupazioni né problemi, quando non si ha una famiglia da sfamare e ci si può dedicare a giocare con gli amici, mangiare, dormire e godersi la gioventù. Cosa non daremmo per tornare a quegli anni spensierati!
La mia infanzia, trascorsa durante l’era sovietica? Dura sì, ma infelice assolutamente no. Anzi, sono convinta che fosse più gratificante di quella dei bambini di oggi.
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Ciò probabilmente era dovuto ai tempi in cui vivevamo, più che al regime politico dell’epoca. Non avevamo alcuna preoccupazione, né paura. Trascorrevamo l’intera giornata fuori casa a giocare, andando in bicicletta, pattinando o semplicemente passeggiando. Non esistevano telefonini né custodi, e ci era permesso andare ovunque desiderassimo senza doverlo dire ai nostri genitori.
Il partito comunista addestrava i propri membri sin da giovanissimi. Già dalla prima elementare ai bambini veniva conferito il titolo di “oktyabrenok”, che significa “Figlio dell’Ottobre Rosso”. Ci veniva consegnata una piccola spilla a forma di stella sulla quale era raffigurata l’immagine di Lenin da bambino, e alla quale non davamo molta importanza.
Il passo successivo, però, ovvero la nomina a “Pioniere” – un ulteriore step verso il riconoscimento a pieno titolo di comunista – era considerato molto significativo. Alla fine della terza elementare si era valutati per diventare pionieri. I ragazzi più grandi e gli insegnanti passavano in rassegna i voti, la condotta, i successi e via dicendo. Essere accettati come Pioniere era un evento solenne ed emozionante. Gli altri Pionieri ci legavano al collo una sorta di bandana rossa, e da quel momento eravamo considerati dei giovani responsabili membri del Partito comunista.
Ci veniva insegnato a prenderci cura e proteggere la natura. Una delle nostre attività preferite era quella di fingerci “infermieri” e curare gli alberi! Armati di valigette della Croce Rossa fornite di bende, forbici, cotone e disinfettante, partivamo in missione per “curare gli alberi”. E quando trovavamo dei rami rotti, dei tronchi piegati o dei cespugli spezzati applicavamo il disinfettante e praticavamo delle fasciature. Era un gioco che ci faceva sentire bene e sviluppava in noi un senso di attenzione e amorevolezza.
Al tempo stesso, però, eravamo anche esposti a numerosi rischi, e ci dedicavamo ad attività pericolose. Immaginate dei ragazzini di dieci anni che saltano sui tetti di lamiera dei garage, dalle superfici scivolose e taglienti. Se avevamo sete staccavamo un pezzo di ghiaccio da quegli stessi tetti e lo succhiavamo come fosse un gelato. Sporcizia e batteri non ci interessavano. E quando alla fine ci ammalavamo, le nostre mamme mettevano in atto dei rimedi decisamente curiosi.
Per curare il mal di gola, mia madre mi faceva fare dei gargarismi con il cherosene; e funzionava! In caso di deficienza da vitamina D, la cura consigliata prevedeva di scavare un buco nella sabbia calda, infilarvi il giovane paziente e ricoprirlo della stessa sabbia. E se una scheggia di legno si era conficcata in un dito, la soluzione migliore era immergerlo tre volte nell’acqua bollente. La sola idea ancora oggi mi fa sorridere, e mi porta alla mente dei ricordi felici.
Il retaggio più prezioso dell’epoca sovietica è rappresentato dalla diffusione dell’istruzione gratuita. Per i cittadini sovietici il socialismo si tradusse nell’enorme opportunità di studiare, imparare e conoscere. Avevamo un sistema educativo ottimo e, per le attività extracurricolari, avevamo a disposizione una rete ben articolata di strutture, mentre il governo promuoveva al massimo lo sviluppo delle competenze sportive.
Ricordo con particolare affetto il campo annuale dei Pionieri, che frequentavamo prima come studenti e poi come capi, e che si rivelava un’esperienza immancabilmente fantastica. Innanzitutto, il più delle volte, si teneva lontano dalla città e dal rumore, nel cuore di una foresta, in Siberia, dove l’aria era fresca e il paesaggio affascinante.
L’ideologia sovietica dava molto peso alla disciplina. Immagino che sotto il dominio sovietico fosse necessario tenere la società in ordine. Il nostro tempo al campeggio era organizzato in base a un programma di tipo militare: ci svegliavamo alle sette, facevamo ginnastica e poi colazione tutti insieme, prima di dedicarci a delle attività manuali, alla musica o alla danza. Le nostre giornate trascorrevano così. Il momento che preferivo era la sera, quando con la chitarra ci sedevamo accanto al falò per cantare o fare giochi di gruppo.
Ho dei ricordi bellissimi della mia infanzia e di quei tempi scanditi da regole, disciplina e preparazione al duro lavoro. Ci veniva insegnato a superare le difficoltà e ad accettare le persone non in base al loro reddito o al ceto sociale, ma per il loro buon cuore e la loro indole.
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