Parenti e amici del giovane ucciso si sono riuniti nella piazza della Cattedrale di Pugachev, nella regione di Saratov, per vendicare la morte del ragazzo (Foto: Ria Novosti)
In questi giorni la città di Pugachev, nella regione di Saratov, è stata colpita da un'ondata di manifestazioni spontanee. Questo piccolo centro regionale di circa 50mila abitanti sta facendo parlare di sé in tutta la Russia: i cittadini, non soddisfatti della politica nazionale e sociale attuata dalle autorità locali, hanno bloccato per ben due volte la strada statale che collega Volgograd e Saratov a Samara.
La città, così chiamata in onore del ribelle cosacco Yemelyan Pugachev, è scesa in strada per la prima volta nella notte del 7 luglio 2013, quando un centinaio di cittadini locali, in assetto battagliero, si è diretto verso il quartiere dove, da quasi dieci anni, vive la diaspora cecena. Secondo quanto comunicato dall'ufficio stampa del Ministero degli Interni della regione di Saratov, la folla, che gridava slogan anticeceni, era composta perlopiù da parenti e amici di Ruslan Marzhanov, il paracadutista ventenne in congedo, ucciso la notte prima.
Secondo quanto comunicato dal responsabile del Dipartimento investigativo interdistrettuale della città di Pugachev, Pavel Kos, il 6 luglio 2013 nei pressi di un bar della città, il “Zolotaya bochka”, sarebbe scoppiata una lite tra il giovane paracadutista e il sedicenne di origine cecena Ali Nazirov, arrivato di recente in città per fare visita ai parenti. Durante la colluttazione l'adolescente di origine caucasica avrebbe ripetutamente colpito l'avversario con un bisturi. Ruslan Marzhanov, originario di Pugachev, è morto nonostante la corsa all'ospedale. Il colpevole che ha cercato di scappare è stato subito fermato e arrestato dalla polizia. L'incidente rischia ora di tramutarsi in uno scontro di carattere etnico.
Non è la prima volta che la città di Pugachev viene scossa da una tragedia simile. Già nel 2010, in uno scenario analogo, la città era stata testimone di un altro brutale omicidio. Sempre nei pressi del “Zolotaya bochka”, nel corso di una lite un certo Beslan Mudaev, un ventiquattrenne di origine cecena, aveva accoltellato, cinque volte, il ventottenne Nikolai Veshnyakov, morto poco dopo per le ferite riportate.
Gli abitanti del posto sostengono che la diaspora cecena sia costituita all’incirca da una dozzina di famiglie e che i loro rappresentanti dimostrino un comportamento piuttosto aggressivo nei confronti del resto della popolazione. Secondo i dati ufficiali, il distretto di Pugachev ospiterebbe circa 80 persone di nazionalità cecena, sparse su tutto il territorio. Va precisato che, a partire dai primi anni Novanta, i migranti provenienti dalla regione travagliata delle repubbliche del Caucaso settentrionale si dirigevano principalmente in direzione delle grandi città russe; negli ultimi anni, invece, hanno iniziato a stabilirsi nei centri regionali e nei grandi villaggi. In tutti questi anni non era mai sorto un conflitto aperto con gli immigrati del Caucaso, residenti nella regione di Saratov: in primo luogo perché questa zona è storicamente la patria di molti popoli, con culture diverse, e tra queste l'Islam è particolarmente diffuso rispetto alle radici tatare, bashkire e in parte kazake della popolazione locale.
Il conflitto nella città di Pugachev ha, a quanto pare, raggiunto il culmine l’8 luglio 2013. In città sono iniziate a circolare attivamente voci sulla presunta liberazione condizionale di Nazirov. Tra gli abitanti del posto circola anche la voce secondo la quale nell'omicidio del giovane paracadutista potrebbe essere coinvolto, presumibilmente, anche il fratello maggiore del giovane ceceno arrestato. Infiammate da questo "passaparola", circa 600 persone hanno invaso le vie del centro città chiedendo l'espulsione di tutti i cittadini originari della Cecenia. Stanislav Sidorov, responsabile del distretto amministrativo, è intervenuto promettendo ai manifestanti la conduzione di indagini al fine di verificare il rispetto, da parte dei rappresentanti della diaspora cecena, delle leggi sull'immigrazione. La promessa non è però servita a placare gli animi dei partecipanti alla manifestazione. I disordini avrebbero già spinto decine di giovani ceceni a lasciare la città. Secondo quanto dichiarato dal vicegovernatore della regione di Saratov, Denis Fadeev, lo avrebbero fatto su ordine degli anziani della diaspora.
La protesta degli abitanti di Pugachev è continuata: al termine della giornata lavorativa, la gente ha invaso la strada statale che collega Saratov a Volgograd e Samara. Solo dopo 40 minuti, grazie all'intervento di Sergei Arenin, responsabile dell'ufficio del Ministero degli Interni della regione di Saratov, la folla si è calmata. Arenin ha invitato i manifestanti a riunirsi presso la Casa della Cultura, dove nel frattempo era arrivato anche Valery Radaev, governatore della regione di Saratov. Radaev ha parlato quasi fino a mezzanotte con i cittadini infuriati e ha promesso loro che le forze dell'ordine avrebbero analizzato e risolto tutti i dettagli del conflitto.
La mattinata del 9 luglio 2013 è trascorsa in tutta tranquillità: fino a metà giornata, per le strade di Pugachev si sono visti girare solo drappelli di polizia e pochi passanti. Ma le proteste non si sono fermate.
La seconda ondata di proteste è arrivata intorno alle 16. A quell'ora, il capo dell'amministrazione distrettuale, Stanislav Sidorov, si era riunito con il rappresentante della Duma della regione di Saratov, Vladimir Kapkaev, per discutere della situazione. I due funzionari hanno parlato per circa un’ora e mezza a porte chiuse. Secondo il servizio stampa dell'amministrazione comunale, i due avevano ricevuto la notizia di una nuova imminente manifestazione. Verso le 17.50 nella piazza della cattedrale di Pugachev, a bordo di due grandi corriere, sono arrivati diversi agenti di polizia, armati di manganelli di gomma, che si sono subito disposti lungo il suo perimetro. Nel giro di un'ora la piazza è stata invasa da almeno trecento cittadini di Pugachev che hanno nuovamente innalzato cori e slogan contro le persone di origine cecena, chiedendo la loro espulsione.
I manifestanti sono rimasti nella piazza per circa un'ora, dopodiché la folla, che non accennava a diminuire, si è diretta verso l'edificio dell'amministrazione e ha iniziato a chiamare a gran voce le autorità. Stanchi di attendere, i manifestanti hanno continuato la loro marcia in direzione della ormai familiare strada statale che porta a Samara. La polizia ha formato uno "scudo umano" per bloccare il loro passaggio, ma gli ormai infuriati abitanti di Pugachev, alcuni dei quali sotto l'influenza dell'alcool, hanno sfondato con la forza il cordone umano e si sono riversati sulla strada principale. Gli agenti di polizia hanno cercato per altre due volte di contenere la folla ma solo al terzo tentativo ci sono riusciti. I cittadini di Pugachev hanno rivolto alle forze dell'ordine un ultimatum, chiedendo di poter parlare con un rappresentante dell'amministrazione cittadina o regionale nel giro di cinque minuti. In caso contrario avrebbero continuato l'assalto.
Il vicegovernatore della regione, Denis Fadeev, si è recato sul luogo per parlare con i manifestanti, ma non è riuscito subito a rivolgersi a loro, perché proprio in quel momento è scoppiato un forte acquazzone. Solo verso le 22, Fadeev è riuscito a convincere le donne e i bambini a ritornare in città a bordo di alcuni autobus, e a invitare il resto dei manifestanti, rimasti a protestare sulla strada statale, a dirigersi verso la Casa della Cultura per negoziare.
Le trattative sono durate quasi tutta la notte. Ma gli animi dei manifestanti non si sono ancora calmati. La gente afferma di non fidarsi delle autorità locali mentre i rappresentanti del governo regionale promettono di ricorrere alle forze di polizia per troncare qualsiasi tentativo di violazione della legge. È filtrata una notizia secondo cui nella città potrebbero presto arrivare anche alcuni provocatori, rappresentanti del Partito Nazional-Bolscevico, che è stato ufficialmente bandito in quanto di matrice estremista. Le forze dell'ordine restano in stato di allerta.
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