Gli scienziati dell’Istituto di Fisica e Tecnologia di Mosca (Mfti) sono riusciti a individuare il meccanismo fisiopatologico del cancro alle ovaie (Foto: PhotoXpress)
Gli scienziati dell’Istituto di Fisica e Tecnologia di Mosca (Mfti) sono riusciti a individuare il meccanismo fisiopatologico del cancro alle ovaie: in pratica, il processo tumorale inizia a svilupparsi a partire dalle cellule staminali dell’epitelio di quest’organo. I ricercatori sperano che la loro scoperta, effettuata grazie a sperimentazioni su cavie, permetterà di determinare una volta per tutte l’origine di questa forma tumorale negli esseri umani e di utilizzare queste informazioni per curarla.
Grigori Enikolopov, neurobiologo russo-americano e professore presso il famoso laboratorio di Cold Spring Harbor, negli Stati Uniti, uno degli autori della scoperta, ha rivelato i dettagli di questa ricerca nel corso di un’intervista a Gazeta.ru. È proprio Enikolopov ad aver creato il laboratorio presso l’Mfti.
Che cosa può dirci delle vostre
ricerche?
Il
risultato più importante delle nostre ricerche è la scoperta di una piccola serie
di cellule staminali all’interno delle ovaie. Si tratta di cellule staminali tissulari
specifiche. Si distinguono dalle cellule staminali embrionali che possono dare origine
a ogni tipo di cellula dell’organismo per il fatto che di solito possono formare
soltanto alcuni tipi di cellule necessarie a mantenere l’attività di questo o
quell’organo o tessuto. Quindi, in primo
luogo abbiamo scoperto che le cellule di questo tipo servono a riparare i danni
prodotti dal distacco dell’ovulo. L’ovulo infatti è una cellula alquanto grande
e quando si stacca provoca nel tessuto ovarico una lesione che deve essere
riparata. In secondo
luogo, si è scoperto che le cellule di questo tipo sono particolarmente
vulnerabili alla trasformazione maligna e generano tumori. Questi ultimi,
trapiantati in un altro organismo (per i nostri esperimenti noi abbiamo usato
cavie), generano a loro volta nuovi tumori. Gli scienziati da tempo sospettavano
che le ovaie ospitassero un certo tipo di cellule che danno origine a tumori, e
noi siamo riusciti a individuarle.
Quale metodo
avete utilizzato?
Per il nostro progetto abbiamo fatto uso di tecniche
alquanto complesse di selezione genetica animale come pure di diagnostica per
immagini delle cellule staminali e della loro discendenza. Per utilizzare tutto
ciò era necessario possedere attrezzature molto avanzate e conoscere bene i procedimenti
citogenetici di selezione animale.
Qual è l’utilità pratica dei risultati ottenuti ?
Nel nostro lavoro, come ho detto,
abbiamo utilizzato topi, come sempre si fa quando si effettuano ricerche
sulle varie patologie umane. Naturalmente, però, speriamo che le conoscenze
acquisite a partire dalle nostre esperienze saranno utili per trovare una cura
ai tumori che colpiscono l’uomo. Prima di tutto, avendo individuato le
caratteristiche principali (i marcatori) di questo piccolo gruppo di cellule
staminali, speriamo di poter identificare tramite i marcatori un’identica
popolazione di queste cellule nei tessuti umani. D’altra parte, adesso che
sappiamo quello che dobbiamo tenere d’occhio, potremo comprendere se le cellule
di questo tipo possono, in seguito a qualche alterazione, dare origine al
cancro delle ovaie negli esseri umani. Inoltre potremo utilizzare queste
cellule per sperimentare farmaci che riescano a impedire la loro proliferazione
incontrollata e la metamorfosi in cellule maligne. Infine, cellule simili
potrebbero essere all’origine di altre forme tumorali, come quelle del collo
dell’utero o quelle dell’esofago, che si sospetta nascano da gruppi di cellule
molto piccoli e molto particolari».
Che cosa ci può dire del team internazionale di
scienziati che ha lavorato a questo progetto?
Collaboriamo da vari anni con Aleksandr Nikitin, della
Cornell University. Aleksandr è il responsabile del nostro progetto e l’autore
principale della ricerca. È l’unico esperto al mondo nella trasformazione
maligna delle cellule. Per noi la cosa
più importante è comprendere i meccanismi che inducono le cellule staminali (sia
quelle che abbiamo scoperto sia altre) a “decidere” quello che vogliono fare:
restare in fase di riposo, iniziare a dividersi, spostarsi in un’altra parte
del tessuto, trasformarsi in un altro tipo di cellule e così via. Ma la cosa
più importante in assoluto è capire perché queste cellule sono così vulnerabili
alla trasformazione maligna e imparare se è possibile sfruttare queste
conoscenze per fermare il tumore o mettere a punto farmaci efficaci.
Per leggere l'intervista in versione originale cliccare qui
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