La rieducazione in carcere passa dal disegno

Vignetta di Natalya Mikhaylenko

Vignetta di Natalya Mikhaylenko

Recuperare i condannati attraverso un foglio bianco: la pittrice Viktorija Lomasko insegna la sua arte ai giovanissimi in riformatorio

Viktorija Lomasko ha ritratto i partecipanti di noti processi legati al mondo dell'arte: quello alle Pussy Riot e quello agli organizzatori della mostra "L'arte proibita" ("Zapretnoe iskusstvo"). Durante le manifestazioni politiche del 2012 ha tenuto la "Cronaca della resistenza", un resoconto grafico delle proteste nella capitale, e ha disegnato dei bozzetti della provincia russa. Inoltre, l'artista insegna disegno ai bambini delle carceri minorili e sta scrivendo un libro sul suo metodo, per quanti decideranno di seguire il suo esempio. A Bolshoj Gorod Viktorija Lomasko ha raccontato che cosa disegnano i detenuti adolescenti, e perché un artista dovrebbe entrare nelle carceri.

Foto: Viktorija Lomasko

Come è iniziato il lavoro con i bambini dei riformatori?
Una volta nel riformatorio di Mozhajsk i bambini mi hanno fatto la stessa domanda: che cosa ci facevo lì? Perché insegnavo?. Dicevano che probabilmente per le mie lezioni prendevo un bello stipendio. Cercavano un mistero da svelare. Ho iniziato per la curiosità di sapere com'era la vita in un riformatorio, volevo fare dei bozzetti di genere. Poi ho cominciato a interessarmi alle lezioni con i piccoli detenuti: come avrei potuto organizzare delle lezioni di disegno qui, in condizioni così particolari? È iniziato il contatto diretto con gli allievi: sapevo già che c'erano questi ragazzi, conoscevo i loro nomi e i loro interessi, sapevo che mi stavano aspettando. Ma non mi sono trasformata del tutto in un'operatrice sociale, sono rimasta un'artista. Un artista sperimenta, cerca un tema su cui non abbia ancora lavorato nessuno, degli aspetti inesplorati della realtà. Quando avrò finito di elaborare il programma delle lezioni di disegno nei riformatori, il progetto sarà concluso. Per me è importante fissare in un libro i risultati del mio lavoro, perché questo materiale possa tornare utile ad altri volontari disposti a insegnare nelle carceri minorili.

Che cosa disegnano i piccoli detenuti?
La vita in un istituto di correzione assomiglia al film "Ricomincio da capo": c'è una serie di rigidi orari da rispettare. Qualcuno dei ragazzi, naturalmente, cerca di riflettere, ma tutti sono completamente avulsi dalla vita normale e sono come intontiti. Non hanno voglia di pensare, di analizzare. Le lezioni di disegno possono risvegliarli, rianimarli un po', perché si tratta di un lavoro intellettuale molto intenso. Se si chiede a un adolescente in riformatorio di disegnare un soggetto a suo piacere, quasi sempre disegnerà temi legati al carcere. Avevo un allievo, Andrej, che disegnava degli splendidi "francobolli" (disegni particolareggiati che contengono simboli della vita in prigione, realizzati su fazzoletti o su dei semplici pezzi di stoffa). Per gli altri allievi Andrej era un autorevole "artista di prigione". All'inizio il ragazzo aveva preso in odio le mie lezioni, perché quello che gli facevo fare era diverso da ciò a cui era abituato, e non gli riusciva bene. Andrej mi accusava di costringerlo a disegnare senz'anima. E anche gli altri ragazzi mi accusavano: perché li tormentavo con tutte quelle forme e contro-forme? Per "disegnare con l'anima" si intendeva un filo spinato avvinghiato intorno a un cuore o a una rosa, il sole dietro le sbarre, o un ingenuo ricopiare le icone. Ma quando il Centro per il sostegno alla riforma delle carceri ha pubblicato un calendario con i disegni fatti dagli allievi alle lezioni di disegno, e tra questi vi erano i disegni di Andrej, il ragazzo ha cambiato atteggiamento nei confronti delle nostre lezioni. Di solito i miei allievi si lamentano, dicono di non sapere che cosa disegnare: tutte le cose di quando erano liberi le hanno dimenticate, e nel riformatorio non c'è niente di interessante. Io ho tenuto loro una lezione su "Come rendere interessante ciò che è noioso, spiacevole o spaventoso", sul disegno di reportage, sugli album disegnati durante l'assedio di Leningrado, durante la guerra, nei campi di concentramento. Dopo questi racconti, di solito i ragazzi cominciano a guardarsi intorno con più attenzione. 

Le lezioni e Dima Bilan.
Uno dei miei compiti preferiti l'ho trovato in un libriccino sull'artista ebrea Friedl Dicker-Brandeis, prigioniera in un campo di concentramento, che aveva fatto disegnare i bambini che si trovavano con lei. Il loro compito era questo: pensare a una metafora buffa, a una frase, e disegnarla in quattro e quattr'otto. Questo procedimento aiuta a cominciare il disegno e a non aver timore del foglio bianco. Friedl Dicker-Brandeis morì in una camera a gas, e così pure molti dei bambini. Ma i sopravvissuti al campo di concentramento ricordavano queste lezioni come l'unica cosa che li aveva aiutati a sopravvivere.

Ho provato ad assegnare un compito simile alle bambine del riformatorio di Novyj Oskol. Mi inventavo una frase, ad esempio: "Un vecchietto è cascato sul parquet". Le ragazze ridevano e disegnavano: com'è fatto il vecchietto, perché è caduto. Poi hanno inventato anche loro un tema: "Dima Bilan è diventato un portinaio".

La lezione è stata molto divertente, tutta la classe risuonava delle risate delle ragazze. Poi, sentendo le risate, sono arrivate le educatrici e hanno voluto inventare anche loro degli esercizi. I loro titoli erano: "Siete uscite dal riformatorio e siete diventate delle brave mamme", "Siete uscite dal riformatorio e avete trovato un bel lavoro", "Siete uscite dal riformatorio e avete trovato un bravo marito". Subito l'atmosfera è diventata formale, ed è scomparsa l'allegria. 

Che cosa sognano i ragazzi del riformatorio?
A lezione di solito non si domanda ai ragazzi perché sono finiti in riformatorio. Recentemente però sono cambiati i cartellini sulle divise, e oltre al nome dei ragazzi ora viene indicato anche il reato per cui sono detenuti, l'articolo del codice violato. A lezione ci sono sempre ragazzini con i reati più diversi. Uno dei miei primi allievi, Oleg, uno skinhead, era stato condannato per un omicidio commesso in gruppo.

Una piccola cittadina, la mafia del Caucaso, gli scontri tra bande di adolescenti. Oleg aveva assistito all'omicidio di un suo amico per mano di adolescenti di origine caucasica. Gli autori del delitto erano rimasti impuniti, e allora Oleg aveva deciso di vendicarlo: aveva creato un gruppo di skinhead che dava l'assalto ai mercati dei caucasici. Si considerava un patriota: se il governo non aveva intenzione di prendere provvedimenti, lo avrebbe fatto lui stesso. 

In seguito abbiamo organizzato delle mostre con i disegni degli allievi, tra cui c'era un disegno in cui Oleg aveva raffigurato il suo delitto, in una delle migliori scuole di Mosca. Ascoltando i discorsi dei ragazzi più grandi, che erano venuti a visitare la mostra, ho capito che molti condividevano il punto di vista di Oleg. Erano scioccati dal fatto che degli adolescenti come loro fossero in prigione, ma molti di loro condividevano le idee nazionaliste. È chiaro che bisogna parlare di questi temi con i ragazzi delle scuole. Ma che cosa possiamo dire loro? 

Il futuro dei giovani detenuti.
Veniamo in riformatorio una volta al mese. Ogni sei mesi la composizione della classe di disegno si rinnova completamente: qualcuno viene rimesso in libertà, qualcuno viene trasferito nel carcere per adulti. Quindi ciascun partecipante riesce a seguire al massimo sei lezioni. In tre anni credo di avere incontrato tra i miei allievi almeno cinque ragazzi che sarebbero potuti diventare degli artisti se le lezioni di disegno fossero continuate. Un tempo, i ragazzi potevano restare negli istituti di correzione fino all'età di 20 anni, e in caso di buona condotta anche fino a 21. Ora invece sanno che li attende il carcere, e vi si preparano. Vedono il riformatorio come una tappa temporanea, dove studiare non è indispensabile.  Bisogna imparare le regole del carcere, il gergo, farsi dei tatuaggi.

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