Che delle squadre navali fossero state inviate nel Mediterraneo orientale da Severomorsk, Baltijsk, Sebastopoli e Vladivostok era noto già prima di Capodanno 2013. Le agenzie di stampa del Paese, riferendosi a una fonte non precisata del Comando generale delle Forze armate russe, avevano comunicato che le squadre sarebbero dovute convergere verso un punto di incontro per "svolgere esercitazioni militari congiunte" davanti alle coste della Siria.
Inoltre, per le navi da guerra (l'incrociatore missilistico Moskva, le grandi unità antinavali Marshal Shaposhnikov e Severomorsk, le navi guardacoste Yaroslav Mudryj e Smetlivyj, le sei grandi navi da sbarco Kaliningrad, Novocherkassk, Aleksandr Shabalin, Saratov, Nikolai Filchenkov e Azov, e le navi di supporto), per le petroliere e i rimorchiatori erano stati previsti diversi attracchi al punto di rifornimento tecnico della Marina militare nel porto di Tartus, per fare riposare gli equipaggi e per ripristinare le riserve di acqua, carburante e olio.
Non si escludeva che in caso di necessità le nostre navi potessero contribuire a sfollare i cittadini russi che desideravano lasciare la loro seconda patria, ormai non più sicura. Lo avevano dichiarato pubblicamente i rappresentanti del Ministero degli Esteri russo.
In seguito, però, (lo ha reso noto la stessa fonte non precisata del Comando generale), si è capito che il comando riunito delle flotte della Marina russa non intende solo eseguire manovre congiunte in mare per mettere a punto la gestione di una squadra così numerosa (16 unità navali), cosa che il nostro Comando generale della Marina non faceva da molto tempo.
A fine gennaio 2013 verranno simulati degli eventi di guerra, con lo sbarco sulla costa siriana di alcuni reparti della fanteria di marina russa, di truppe di sbarco e di assalto del 108° reggimento dei Cosacchi del Kuban, appartenenti alla divisione dei paracadutisti di sbarco e di assalto (scalatori) di Novorossijsk e di mezzi militari. Successivamente verrà messo a punto il processo inverso, l'imbarco di truppe e attrezzature sulle grandi navi da sbarco. Il fuoco di copertura dal mare sarà assicurato da un gruppo di navi già citate: l'incrociatore Moskva, l'unità antinavale Severomorsk, le guardacoste Smetlivyj e Yaroslav Mudryj.
Ovviamente, è assai improbabile che le navi sparino proiettili veri sulle coste siriane; impiegheranno dei colpi a salve. Il loro vero obiettivo non è dare sfoggio dell'accresciuta potenza della Marina militare russa o contrapporla alle altre potenze navali (per esempio, gli americani in quest'area hanno una sola flotta, la Sesta, ma in compenso la sua capacità militare è pressappoco pari a quella delle nostre quattro flotte messe insieme: una o due portaerei, 40 navi da guerra, 175 aerei e 21mila soldati); lo scopo è prepararsi alla possibile evacuazione dei cittadini russi.
Ma, a quanto pare, l'evacuazione per il momento non è prevista. L'esercito siriano sta respingendo con successo gli attacchi di un'opposizione eterogenea e variegata. La costa siriana da Capo Ibn Hani, vicino a Latakia, fino a Jableh, Baniyas e Tartus è libera dai ribelli, e grazie a un accordo con le legittime autorità di Damasco è possibile sbarcare le truppe, come si dice in marina, su una costa non attrezzata.
Solitamente lo sbarco si svolge così: le grandi navi da sbarco si avvicinano alla riva fino a una distanza di 100-150 metri; si aprono i portelli di prua e vengono calate le rampe lungo cui scivolano in acqua ("sull'acqua", come dicono i militari) i mezzi corazzati da sbarco. Questi navigano proprio come motoscafi, lenti ma costanti, verso riva, riversando una pioggia di colpi dalle mitragliatrici di grosso calibro contro il "nemico" in agguato tra gli scogli. Poi, quando le ruote dei mezzi corazzati toccano terra, saltano a terra i soldati della fanteria di marina e, allungandosi in fila, si lanciano all'attacco, coperti dal fuoco del mezzo corazzato e dell'artiglieria delle navi.
In verità, per il momento, mentre l'autore scrive queste righe, lo sbarco di truppe sulla costa siriana non attrezzata non è ancora previsto. Una delle grandi navi da sbarco delle flotte riunite, la Kaliningrad, che fa parte della flotta del Baltico, ha attraversato i Dardanelli, il Mar di Marmara e il Bosforo raggiungendo il porto russo di Novorossijsk per imbarcare truppe di paracadutisti e mezzi militari: proprio i Btr-80, a bordo dei quali soldati e ufficiali effettueranno lo sbarco.
Un'altra grande nave da sbarco, la Aleksandr Shabalin, sta seguendo lo stesso percorso dal Mar Mediterraneo verso lo stesso porto, con lo stesso obiettivo. Tra una settimana circa le navi dovranno fare ritorno nel Mar Mediterraneo ed entrare nel porto siriano di Tartus, dove sono già state. Quando avranno concluso la loro "missione di navetta" rientreranno alla base di Baltijsk.
Nel frattempo, da Novorossijsk, dopo aver imbarcato le truppe di paracadutisti e i mezzi corazzati da sbarco, è tornata nel Mar Mediterraneo la grande nave da sbarco della flotta del Mar Nero, Azov.
Fonti del Comando generale delle Forze armate russe affermano che la sua destinazione è il porto di Tartus. Durante il suo viaggio, venerdì 25 gennaio 2013 la nave dovrà incontrarsi nel Mar Egeo con le altre navi delle flotte riunite per effettuare alcune manovre congiunte. Nel punto di rifornimento tecnico della Marina militare a Tartus è già entrata la nave da sbarco Saratov. Durante il suo viaggio si era guastato uno dei generatori diesel che producono l'energia elettrica per la nave, che dovrà essere riparata nel porto.
In ogni caso, i marinai russi sono una presenza reale nel Mar Mediterraneo, sia nel settore orientale che in quello centrale, e persino nella zona del Corno d'Africa, nel Golfo di Aden e nel Mar Rosso. E benché abbiano scopi diversi nelle diverse zone, questo è un segno che i tempi sono cambiati.
La Marina militare russa comincia a rinascere, non se ne sta più ancorata nei suoi porti, ma solca gli oceani di tutto il mondo. Non certo per intimorire qualcuno, ma affinché il suo personale possa perfezionare le proprie competenze nautiche e militari, possa far sentire la propria presenza, come dicono i marinai; per mostrare la bandiera con la croce di Sant'Andrea; e, non è escluso, per dimostrare di essere pronti a partecipare a questa o quella operazione internazionale che dovesse essere approvata dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu. O anche per difendere la vita e la salute dei cittadini russi. D'ora in poi molti dovranno tenerlo presente.
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